Ouija

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Il cinema horror contemporaneo sta passando un periodo creativo fortemente influenzato dal cinema di genere degli anni '70 e '80. Chiunque sia appassionato, non avrà fatto fatica a constatare che con sempre più insistenza, sul mercato si affacciano prodotti che si rifanno a vecchie pellicole, se non veri e propri remake.

In questo filone si inserisce prepotentemente Ouija, film diretto dall'esordiente Stiles White, che riporta al cinema la famosa tavoletta per comunicare con i morti, che già in passato abbiamo avuto modo di vedere sul grande schermo. Sebbene all'esordio dietro la macchina da presa, la gavetta di White nel genere si é consumata curando sceneggiature di film come Boogeyman - L'uomo Nero e The Possession, ma soprattutto effetti speciali di pellicole come Il Sesto Senso.

Per i più anziani fan del genere i rimandi vanno ovviamente alla trilogia di Spiritika di Kevin S. Tenney (anche se bisogna sottolineare che il terzo film é stato curato da Peter Svatek) e al più recente Long Time Dead di Marcus Adams.

Come già accaduto in passato, White con la sua pellicola cerca attraverso la tavoletta di trasmette allo spettatore la curiosità che può stimolare il contatto tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Un argomento affascinante, ma come abbiamo già visto in passato davvero difficile da realizzare e soprattutto gestire nei circa 90 minuti di durata della pellicola.

Dopo la buona prova effettuata negli Stati Uniti con un incasso pari a circa 50 milioni di dollari, il film di Stiles White sbarca anche in Italia. Abbiamo avuto la possibilità di vederlo in anteprima e vi raccontiamo le nostre impressioni all'interno di questa recensione.

Ouija


Attese..Disattese!



La storia inizia con due giovani bambine di nome Debbie e Laine, con la seconda che insegna alla prima come utilizzare la famosa tavoletta Ouija, lo strumento che permette di comunicare con i morti.

Diventate grandi, Debbie confessa a Laine di aver utilizzato la tavoletta ma di essersene sbarazzata bruciandola. Una volta in casa da sola Debbie troverà la tavoletta in camera da letto perfettamente intatta. Una decisione tragica la porterà a suicidarsi tramite impiccagione.

Trovata la tavoletta e ancora sconvolta dalla situazione Laine decide di utilizzare quello strumento, insieme ad un gruppo di amici, per provare a contattare l'amica. Quel gesto sarà ovviamente l'inizio della fine.

Dopo questa prima parte introduttiva in cui viene presentato il “movente” e vengono introdotti i protagonisti, la fase centrale del film alimenta un'attesa fatta di piccoli presagi e lunghe spiegazioni che sembrano portare ad una fase finale movimenta e, come prevedibile, ricca di morte.

Sebbene questa parte, decisamente più lenta e riflessiva riesca ad alimentare pathos e curiosità, purtroppo le attese che si costruisce lo spettatore vengono in larga parte deluse da alcune scelte di sceneggiatura che, nel momento in cui si manifesta lo spirito, vanno ad attingere a piene mani da i più classici luoghi comuni del genere. A poco serve il colpo ad effetto che prova a movimentare la fase finale del film, dato che a causa di un plot discretamente scontato, risulta quanto mai telefonato ed intuibile.



Sotto diversi punti di vista il film é un'occasione più che sprecata anche perché guardano l'aspetto puramente tecnico White dimostra di saper maneggiare in maniera intrigante la macchina da presa e soprattutto di avere a disposizione degli effetti speciali ben realizzati e di ottima qualità.

Parte del merito, probabilmente, é da dare alla produzione che vede coinvolte da una parte la Platinum Dunes di Michael Bay (realizzatrice dei remake di Non Aprite quella Porta e di Venerdì 13), e dall'altra la Blumhouse Productions capitata da quel Jason Blum che ha portato su schermo i due Insidius o Paranormal Activity, giusto per citarne un paio.

A non funzionare quindi é la già citata sceneggiatura che purtroppo si riduce a portare su schermo una summa di situazioni già viste e riviste in film del genere. Tra l'altro, a subire questa scelta sono anche gli attori che vanno a comporre il cast. Olivia Cooke, Ana Coto, Douglas Smith, Daren Kagasoff e Bianca A. Santos, pur mostrando buone doti recitative, impersonano ruoli piatti e che non riesco a creare empatia con lo spettatore. Unica menzione speciale spetta a Lin Shaye che dimostra ancora una volta come le sue doti da attrice riescano ad aderire perfettamente al genere.

In sostanza Oujia non é un brutto film, nel complesso infatti potrebbe anche far passare una piacevole serata agli amanti dell'horror. Purtroppo quella che poteva essere sulla carta una buona occasione per smuovere il genere, per i motivi sopra elencati, si é rivelata invece una grossa chance sprecata. Stiles White ha comunque dimostrato di saperci fare e siamo sicuri che in futuro ci proverà nuovamente.

Vi ricordiamo che il film uscirà nelle sale italiane il prossimo 8 gennaio 2015.



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