Passages, che sorpresa! Il film erotico dell’estate è molto di più di una pellicola hot: la recensione
Presentato come il film sexy dell’estate in un panorama cinematografico che di sensuale ha davvero pochissimo, Passages è una piccola perla da non perdere. Sensuale sì, ottimamente recitato, capace di guardare dentro ai rapporti umani contemporanei.
Proprio in queste ore sui social impazza il video di una giovane moglie statunitense che spiega ai suoi follower su TikTok come lei e e suo marito abbiano affrontato le scene più esplicite di Oppenheimer di Christopher Nolan. Il film - che abbiamo già recensito - racconta come il protagonista titolare mise a punto la bomba nucleare e portò alla decisione di sganciarla sul Giappone. In quanto film biografico, si sofferma però anche sulla tormentata vita personale dello scienziato, diviso tra la moglie e l’amante. Si è molto parlato di una scena esplicita (almeno per il solitamente castissimo cinema del regista) che vede per protagonisti Chillian Murphy e Florence Pugh.
Cosa c’entra tutto questo con Passages? Tutto e niente. Ascoltando come l’influencer - che non lo dichiara apertamente, ma fa parte della Chiesa evangelica - si sia data un gran daffare per fare in modo che il marito ex dipendente dai porno (autodiagnosticato, ça va sans dire) si coprisse gli occhi e non vedesse nulla durante la fantomatica scena di sesso di Oppenheimer, la mente è corsa al film di Ira Sachs. Passages infatti è la perfetta rappresentazione plastica di cosa nascondono buone scene di sesso in ottimi film: il tentativo di raccontare e riflettere sui rapporti tra adulti, nella loro completezza.
Giova comunque metterlo in chiaro: non c’è nulla di male in film che trattano la loro componente erotica come uno stimolo ad attirare spettatori alla ricerca di facile godimento. C’è chi ha voglia di mazzate, c’è chi ha voglia di capriole tra le lenzuola. Inutile girarci intorno però: la continua mancanza d’intercorsi e gesti di affettività nel cinema contemporaneo di largo consumo (ma non solo) è posticcia tanto quanto certi trascorsi hollywoodiani in cui si tentava sempre di cacciare dentro, pretestuosamente, qualche intercorso per mostrare un bel paio di tette.
Con i suoi 92 minuti di normalità - europea e medio borghese - Passages non solo è un film stimolante e appagante, in cui tre bellissimi e talentuosi interpreti protagonisti non si sottraggono con i loro corpi allo sguardo della cinepresa. È un film potenzialmente, emotivamente devastante per chi è stato vittima di un Tomas, il protagonista della storia, e in generale un racconto che aiuta a mettere a fuoco tanto di ciò di cui si parla pochissimo, in TV, al cinema e nella vita. Passages affronta con razionalità le relazioni tra adulti che cercano stabilità, divisi tra impulsi e aspettative, in un momento storico in cui la monogamia e l’eteronormatività non sono l’unica soluzione possibile.
Continua a leggere la recensione di Passages di Ira Sachs:
- La trama di Passages
- Il trio delle meraviglie di Passages: belli, sexy, bravi
- Passages: una storia parzialmente autobiografica
La trama di Passages
Tomas (Franz Rogowski) è un regista tedesco che ha appena concluso le riprese del suo nuovo film. Come sempre in questa fase del suo lavoro è inquieto, insoddisfatto, tanto che finisce a letto con una maestra elementare che ha collaborato al film di nome Agathe (Adèle Exarchopoulos), nonostante lui sia da anni accasato con Martin (Ben Wishaw). Martin, tipografo di alto livello, pensa si tratti della solita crisi di Tomas, che da tempo ha costruito un solido rapporto con lui: casa, casetta in campagna, amici, impegni sociali. Tomas ha trovato positiva quella che sembra essere la sua prima esperienza eterosessuale e continua a vedere Agathe, fino a innamorarsi di lei.
La crisi del rapporto con Martin però non segna la fine della loro storia d’amore. In breve tempo Tomas, incline a rifuggire le decisioni irrevocabili e propenso a darsi ora all’ex ora alla nuova fiamma con eguale passione, instaura un triangolo da cui nessuno dei tre sembra in grado di sottrarsi senza il cuore infranto.
Passages: una storia parzialmente autobiografica
Lo sceneggiatore e regista Ira Sachs, più che un triangolo, sembra voler raccontare un elemento della famiglia contemporanea a molti estraneo, ostile, alieno: una famiglia poliamorosa, un rapporto aperto di reciproco scambio che supera i confini della monogamia.
Passages però non riesce mai a superare il livello di triangolo amoroso a causa della profonda immaturità di Tomas, che più o meno consapevolmente non fa che ferire Agathe e Martin, che di contro si dimostrano nelle loro azioni e reazioni personaggi adulti, capaci di soffrire ma anche di pensare criticamente e, dopo qualche bastonata, reagire in maniera costruttiva e positiva.
In mano ad altre persone questo film sarebbe stato una sequela di scenate, urla e litigi isterici. In Passages si soffre molto, si scopa parecchio, si piange sommessamente, ma si ottiene la catarsi dello spettatore in maniera positiva. Non vomitandogli addosso la sofferenza e nemmeno facendo leva sui più rumorosi e infantili metodi di reazione all’inaspettato.
Tomas al contrario fa di tutto per tirare fuori, come dire, reazioni mucciniane: tra i suoi peggiori tratti caratteriali per esempio c’è quello di sedurre l’ex di turno e, dopo il coito, scaricargli addosso una notizia tremenda, dal tradimento in su, per sgravarsi la coscienza. Il suo personaggio ricorda un po’ la protagonista di La persona peggiore del mondo (nomen omen), stavolta però vista dall’esterno. Sachs riesce anche a ritrarre una personalità tanto tossica facendo filtrare quanto il danno che infligge a chi ha intorno derivi più da immaturità e dalla paura da rimanere solo che da malizia premeditata.
L’aspetto più affascinante è come, malamente e senza esplicitarlo, Tomas tenti di tirare sotto lo stesso tetto, nello stesso nucleo familiare, sia Martin sia Agathe. Di relazioni allargate e aperte il regista ne sa parecchio: con il suo compagno vive dirimpetto a una coppia di colleghe e il quartetto cresce insieme un figlio. La maturità e l’esperienza personale di Sachs traspaiono in un film che, pur perdendo un po’ di mordente nella parte centrale, parlerà a chi un Tomas l’ha vissuto (spesso subito) e, si spera, a chi vedrà in Tomas alcuni dei propri comportamenti.
Il trio delle meraviglie di Passages: belli, sexy, bravi
Passages è un film autoriale di produzione modesta, ma condotto con grande attenzione, capace di ritrarre benissimo una realtà europea poliamorosa e multiculturale, in cui la divisione in classi è più sfumata, ma non del tutto assente.
È un film cosmopolita e che ritrae in maniera puntuale un certo contesto culturale simil borghese e artistoide, con molta fedeltà e senza esasperazione, con la familiarità di chi ci vive dentro, ma privo di snobismo. Gli interni con i muri scrostati ad arte di certi appartamenti, il guardaroba studiatamente tragico di Tomas (terribile e terribilmente iconico il crop top con cui si presenta ai genitori di Agathe, palesemente uscito da una sessione di sesso con Martin e carico di voglia di far polemica), i piccoli café e le cucine luminose raccontano, senza incensarlo ma senza fargli il verso, un mondo che Sachs conosce da vicino.
Scenografie, location e costumi sono il risultato di quel genere di lavoro fino e preciso che meriterebbe una menzione a premi importanti, se Oscar e affini si interessassero mai qualcosa al di fuori del dramma storico o del taglio fantastico/fantascientifico.
La colonna portante del film, ciò che lo fa davvero girare, sono i tre protagonisti. Se lo spettatore riesce persino a capire il punto di vista di Tomas è perché dietro c’è un immenso Franz Rogowski (Great Freedom, La donna dello scrittore, Victoria, Freaks Out, Disco Boy), star in corso di scoperta da parte del pubblico europeo. Noi italiani lo avevamo già visto in Freaks Out di Gabriele Mainetti. Chi ha avuto la fortuna di vederlo in Great Freedon sa che è davvero un attore eccezionale. La zeppola, l’aspetto non convenzionalmente bello e qualche difetto fisico gli donano un fascino particolare, corredo perfetto al suo carisma.
Adèle Exarchopoulos è stata consacrata nel 2014 da La vita di Adele, abbracciata dallo sguardo adorante del regista Abdellatif Kechiche. Da allora non ha mai smesso di lavorare in giro per l’Europa, è cresciuta molto professionalmente, ma i ruoli in cui continua a brillare di più sono quelli della working class girl che cozza addosso ai contesti borghesi e, dopo un po’, se ne allontana disillusa. **Agathe sembra la versione più grande di Adèle, ed è un grande complimento.
A chiudere questo trio delle meraviglie c’è il veterano Ben Whishaw, una carriera notevole alle spalle nonostante abbia appena superato da poco i 40 anni d’età. Di lui un collega statunitense ha detto: “avrebbe già vinto un Oscar se non fosse troppo carino per essere preso sul serio”. Forse l’Academy lo ha ignorato, ma i grandi registi dimostrano di amarlo: Joe Wright, le sorelle Wachowski ma soprattutto Jane Campion, che l’ha voluto come protagonista in Bright Star. Il grande pubblico lo ha amato come Q negli 007 di Daniel Craig e come voce dell’orsetto Paddington. Qui dimostra ancora una volta di saper emozionare e trasmettere enorme maturità emotiva, senza dare l’impressione di dare lezioni di vita.
Rating: V.M. 14
Durata: 92'
Nazione: Francia
Voto
Redazione
Passages
Sarebbe bastato un film sensuale e sentimentale ben fatto in questi tempi di grande carestia di buone pellicole di questo genere, ma Passages è molto di più: oltre a stuzzicarvi rischia di commuovervi e farvi un po' star male. Per quello che avete subito dai vostri ex o forse per quello che avete inflitto voi, realizzandolo attraverso un film che, come pochi, racconta l'amore negli anni '20.