Pet Sematary: Bloodlines, la recensione del prequel di Cimitero vivente
Pet Sematary: Bloodlines. La recensione del film che celebra l’orrore di Ludlow, la cittadina nata dal genio di Stephen King.
Non lo faccio mai. Mai. Raramente leggo le recensioni dei film, mai le leggo quando so che devo recensirlo io. Leggo sempre tutto dopo, se ne sento il bisogno, perché non voglio che il mio giudizio venga in alcun modo influenzato.
Stavolta però ho fatto un’eccezione: ho letto la recensione di Variety del prequel di Pet Sematary, il film del 2019 che adatta per la seconda volta l’omonimo romanzo di Stephen King.
Perché dev’essere chiaro: Pet Sematary: Bloodlines è un prequel di quel film . Non del romanzo. Non del precedente film di Mary Lambert - molto più fedele al lavoro di King e quindi da me molto più apprezzato.
Lindsey Anderson Beer debutta alla regia con Bloodlines, che scrive insieme a Jeff Buhler, già sceneggiatore dell’adattamento del 2019.
La recensione di Variety non fa sconti: sostiene che si tratti di un prequel inutile, non spaventoso, che sfrutta sempre e solo la stessa tecnica cinematografica per suscitare ansia nello spettatore. Non è tutto sbagliato, badate bene. Il problema è che Cimitero vivente: le origini non è un horror che vuol fare paura. È il prequel di una delle storie più amate dai fan del genere che vuole presentarci Jud Crandall - qui ottimamente interpretato da Jackson White (Ambulance) - e il suo primo incontro con quel terreno “maledetto” oltre la catasta di legna, dopo il cimitero degli animali di Ludlow.
Qui si tratta di esplorare la mitologia di qualcosa che tutti conoscono. Qui si tratta di linee di sangue.
La trama di Pet Sematary: Bloodlines
Ludlow, 1969. Jud Crandall è pronto a partire insieme alla fidanzata Norma (Natalie Alyn Lind, I Goldberg) verso il Michigan, per entrare nei Peace Corps, l’organizzazione governativa di volontariato all’estero creata da John Fitzgerald Kennedy poco dopo la sua elezione.
Jud saluta i genitori Danny (Henry Thomas, Doctor Sleep) e Kathy (Samantha Mathis, Billions) e sale in auto, diretto verso una nuova vita. Ma già pochi istanti dopo la partenza, mentre Norma grida la gioia di lasciare Ludlow, l’auto viene colpita e danneggiata. I due ragazzi vedono in seguito il cane dei Baterman, Hendricks.
A Ludlow tutti si conoscono. Sanno che Timmy (Jack Mulhern, The Society) è tornato dal Vietnam, dal padre Bill (David Duchovny, X-Files). Jud e Timmy sono amici fin dall’infanzia e Jud sa che Hendricks è il suo cane.
Una volta giunti dai Baterman, però, Timmy si comporta in modo strano. Anche Hendricks non sembra più lui; attacca Norma, mandandola in ospedale. Sarà solo l’inizio di un vortice di orrore che coinvolgerà Norma e Jud, il suo amico Manny (Forrest Goodluck, The Republico of Sarah) con la sorella Donna (Isabella LaBlanc, True Detective), ma anche il padre di Jud e alcuni storici amici di famiglia che condividono un segreto…
La recensione di Pet Sematary: Bloodlines e il parere di Stephen King
A Stephen King la trama di Bloodlines è piaciuta. Soprattutto, il Re ha apprezzato l’interpretazione di David Duchovny (che ha definito eccellente) e la cura riservata ai personaggi, la cui essenza è stata rispettata.
Io credo ci sia un motivo molto semplice per cui a King Cimitero vivente: Le origini sia piaciuto e alla critica americana no. Il film esplora la mitologia della storia creata dal Re. Ci racconta la nascita di Ludlow, torna indietro fino al 1674 spiegandoci perché la città si chiama in quel modo, ma soprattutto cosa nasconde.
Si parla di un male “antico”, di una bocca dell’inferno - termine caro ai fan di Buffy - che si nutre di sangue e si riscrive, scusate se è poco, la storia degli zombie, le loro origini e le loro caratteristiche. Almeno a Ludlow.
Ha inoltre il merito, in tempi di cancel culture, di arricchire quella mitologia: la presenza di tre personaggi nativi americani, Manny e Donna, e del Capo Mi’kmaq (Glen Gould, Un uomo tranquillo) non è un tentativo di dipingere una versione politicamente corretta di quel “cimitero indiano” di cui King parlava nel suo romanzo, bensì il completamento di quelle origini della storia grazie a uno dei discendenti dei fondatori di Ludlow.
A supporto dell'origine sconosciuta di quel potere che risveglia i morti, scoperto e isolato con avvertimenti per la prima volta dai nativi americani, proprio per l'antichità della sua esistenza.
La città è stata fondata da alcune famiglie, che ne tramandano il segreto e hanno giurato di proteggere il mondo - e Ludlow, naturalmente - da ciò che hanno isolato con la catasta di legna per impedire l’accesso al bosco.
In Pet Sematary: Bloodlines, vediamo qualcuno visitare quel terreno all’inizio del film. La critica lamenta la mancanza dell’aspetto emotivo di questo gesto, che però è già stato ampiamente evidenziato nel sequel del 2019 e nel romanzo. Non siamo degli sprovveduti, non abbiamo bisogno che ci venga spiegato l’amore di un padre per un figlio, o di un ragazzino per il suo cane.
In Cimitero vivente, Stephen King ci ha lasciato credere che nessuno, prima di Louis Creed, avesse mai seppellito una persona oltre la catasta. Bloodlines ci dice che non era vero, ci conferma che l’egoismo dell’uomo non si ferma nemmeno di fronte a un grande pericolo per la collettività, che il lutto peggiore vissuto da un essere umano fa perdere lucidità.
Nulla di nuovo, ma soprattutto nulla che abbia bisogno di approfondimenti o di spiegazioni per essere compreso dal pubblico.
Stephen King ha certamente apprezzato questo allargamento della mitologia, questo patto segreto fra famiglie che si tramanda di padre in figlio e di madre in figlia da secoli, che ha bisogno di essere custodito e onorato, che impedisce fisicamente ai discendenti dei fondatori di lasciare Ludlow.
L’ho molto apprezzato anch’io. E no, non penso che Pet Sematary: Bloodlines sia un film spaventoso, ma penso comunque che le sequenze horror, non certo in difetto, siano ben realizzate e soprattutto raggiungano il loro scopo: mostrare come funzioni la diffusione del Male a Ludlow, come i sentimenti degli uomini non mutino col passare dei decenni, come gli scrupoli morali scompaiano di fronte all’amore paterno.
In fondo, al centro di Cimitero vivente c’è sempre stato l’amore paterno. Riconoscerlo e sviluppare un intero prequel attorno a questo concetto, al concetto di sacrificio di chi sente - al contrario di altri - la responsabilità del benessere collettivo ed è pronto a giocarsi la vita per difenderlo significa rendere omaggio all’opera di King, a quei personaggi che egli stesso ha apprezzato, alla storia di una città che è entrata di diritto nell’immaginario collettivo.
Bloodlines non è un film che cercava di terrorizzare il pubblico o mancava di approfondire il legame fra padri e figli. Bloodlines è un attestato di stima a Cimitero vivente, quella storia e quei personaggi. Un omaggio al Re che tutti i suoi fan della prima ora riconosceranno sicuramente come tale.