Race for Glory, recensione: Scamarcio riporta il rally nei cinema italiani
Il cinema italiano torna al mondo delle corse con un’ambiziosa co-produzione con il Regno Unito ambientata nel mondo del rally anni ‘80: alcune scelte di Race for Glory però lasciano perplessi.
Questo 2024 si apre per il cinema italiano all’insegna di segnali contrastanti. Nel mese di marzo vediamo l’arrivo in sala di ben due pellicole nostrane d’ambizione internazionale, con un cast che vede star di casa nostra relazionarsi con colleghi europei di livello. Inoltre entrambi i titoli in questione - Another End e Race for Glory - si muovono in generi che il cinema nostrano frequenta pochissimo. È un segnale più che incoraggiante: significa che anche in Italia c’è qualcuno a cui sta stretta la dicotomia cinema d’autore / commedia commerciale, che ha voglia di portare al pubblico qualcosa di diverso, ambizioso, cercando di arrivare in sala anche altrove.
Il problema è che, così come per Another End, con Race for Glory - Audi vs Lancia ci troviamo di fronte a un film abbastanza insoddisfacente, in cui elementi molto promettenti sono gestiti male e alcune debolezze sono ulteriormente sottolineate da scelte produttive discutibili.
Storia di un underdog italiano: Cesare Fiorio raccontato da Race for Glory
Era dal 2016 e da Veloce come il vento che in Italia qualcuno non tentava seriamente di fare un film sportivo sul mondo delle corse. Per giunta con una ricostruzione storica impegnativa. Race for Glory - Audi vs Lancia infatti è ambientato negli anni ‘80, più precisamente nel 1983. Siamo nel mondo dei rally sportivi, in un momento d’incredibile popolarità per questo genere di competizione automobilistiche. Il film racconta un campionato mondiale di rally sul filo del rasoio, infiammato dalla competizione tra Golia teutonico e Davide italiano: Audi vs Lancia.
Riccardo Scamarcio, interprete protagonista e produttore del film, è Cesare Fiorio, leggendario capo scuderia di casa Lancia. Ossessionato dalla vittoria, creativamente “italiano” nell’ottennerla, Cesare sa che parte da sfavorito. La Lancia infatti non ha una macchina che possa eguagliare la concorrenza della Audi e del suo team, capitanato dal formidabile Roland Gumpert (Daniel Brühl). I tedeschi hanno una vettura con quattro ruote motrici; potente, solida, affidabile, imbattibile.
Florio deve invece gestire una scuderia con meno fondi, meno sviluppo tecnologico e meno sostegno aziendale. L’avvocato Agnelli (interpretato dal nipote Lapo Elkann) è una presenza evanescenze, ambigua, di cui è difficile capire gli orientamenti.
Deciso a non farsi battere, Fiorio escogita una strategia pericolosa: crea una macchina leggerissima ma estremamente inaffidabile. Se vincerà tutti i rally su asfalto, potrà permettersi di perdere quelli sullo sterrato, dove l’Audi quattro rimane imprendibile. Sempre che l’unico pilota in grado di fare l’impresa, il campione Walter Röhrl (Volker Bruch), sia della partita.
Race for Glory ha un adattamento e un doppiaggio discutibili
Dei recenti e deludenti film ambientati nel mondo delle competizioni automobiliste approdati al cinema - Ferrari di Michael Mann e il pessimo Gran Turismo - Race for Glory somiglia molto di più al primo. Il regista Stefano Mordini gestisce la pellicola con un tono distaccato, compassato, quasi freddo, sia nel dietro le quinte sia durante le scene di gara. Niente inseguimenti adrenalinici e derapate, insomma. Mordini preferisce tenerci a pochi centimetri dal casco di Walter Röhrl, il cui sguardo racconta un pilota sempre più distaccato dal suo mondo sportivo, desideroso di una vita differente.
Anche Fiorio e la sua rivalità con Gumpert vengono raccontate con lo stesso controllo, senza trasporto emotivo. L’approccio di Race for Glory è così freddo, così controllato per molti fan del genere rischiano di trovare il film lento, noioso. Chi invece è poco pratico di rally rischia di rimanere confuso, perché il film dà per scontato che si conoscano tutte le peculiarità di questa disciplina (compreso il fatto che un pilota possa decidere di correre solo alcune tappe campionato mondiale). Difficile che qualcuno si appassioni al rally su sprone di una pellicola che dà per scontato che il rally sia universalmente famoso oggi come lo era allora.
Sono scelte di campo e d’approccio, che possono convincere o meno, funzionare o meno. Quello che invece oggettivamente stona e diventa un deficit grave per la pellicola è il processo di adattamento e doppiaggio in lingua italiana. Race for Glory - Audi vs Lancia è uscito prima nel Regno Unito, a gennaio 2024, in contemporanea nelle sale e in streaming. Il film è recitato per buona parte in inglese e doppiato in italiano per la versione nostrana.
Questo genera una serie di problemi non da poco. Il primo è che Scamarcio fatica a doppiarsi in maniera naturale e si percepisce nettamente lo scarto tra ciò che dice e il movimento delle labbra. Anche il missaggio sonoro del film è gravemente carente: si alternano continuamente dialoghi con la traccia originale che si alternano a una più pulita, dai livelli differenti, registrata in studio di doppiaggio. A livello audio Race for Glory - Audi vs Lancia è un patchwork che stona all’orecchio e distrae costantemente dalla storia. Non serve un orecchio tecnico per sentire i continui salti nella qualità sonora della traccia: le battute sembrano (e sono) registrate in posti diversi, con volumi differenti.
L’unica nota positiva è Daniel Brühl, ormai veterano di film automobilistici, che interagisce con Scamarcio: sarebbe stato bello vederli fronteggiarsi di più e, in buona sostanza, in un film migliore di questo.
Durata: 94'
Nazione: Italia
Voto
Redazione
Race for Glory: Audi vs. Lancia
Race for Glory - Audi vs Lancia è meglio di Gran Turismo, ma non è che ci volesse poi tanto. Mordini non è Mann ma fa scelte simili nell’approccio alla narrazione di un’epica sportiva molto rimaneggiata e romanzata rispetto all’originale storico, così come postulato anche dal film sui titoli di coda. Poteva essere una visione discreta, ma il doppiaggio e il missaggio sonoro italiano sono davvero mal gestiti e impediscono un’immersione anche minima nella storia.