Ralph Spacca Internet

Il 2018, a livello cinematografico, verrà sicuramente ricordato come l’anno delle antologie: che siano di un’epoca (gli anni ‘80 in Ready Player One) o di un universo fumettistico (Spiderman, un nuovo universo) le ‘summe’ passate sul grande schermo quest’anno hanno rappresentato, per i detrattori, l’ennesimo segnale della crisi di idee hollywoodiana, per i fan, invece, un affettuoso e rassicurante tuffo nel passato.

Che siate favorevoli o contrari, comunque, a chiudere l’ideale trittico della nostalgia ci pensa ora la Disney con Ralph Spacca Internet, secondo episodio delle avventure dello ‘spaccatutto’ Ralph, (un cattivo ‘non troppo cattivo’ di un arcade anni ‘80) insieme con la sua amica Vanellope (pilota di Sugar Rush, sorta di Super Mario Kart con tocchi di Candy Crush Saga).

Nel 2012 avevamo lasciato i due eroi alle prese con i loro ‘normali’ problemi da personaggi dei videogame (la difficile vita del ‘mostro di fine livello’, i ‘glitch’ che affliggono i cabinati e li portano allo spegnimento etc.); li ritroviamo oggi con problemi analoghi (Sugar Rush rischia la disconnessione per un problema tecnico) ma con una nuova, rivoluzionaria, risorsa: Internet.

Un modem è stato connesso alla sala giochi, il mondo non è più un luogo chiuso, e non importa se lo zelante poliziotto della stazione giochi mette tutti in guardia sulle potenzialità talvolta distruttive della rete: il web, per Ralph e Vanellope, è la terra promessa, il luogo dove trovare i pezzi di ricambio per Sugar Rush, ma soprattutto l’opportunità per mettere finalmente il naso ‘fuori’ dalla sala giochi e vedere cosa c’è oltre.

E qui comincia il divertimento, perché, se la ‘Game Central Station’ mostrata nel primo Ralph Spaccatutto era a dir poco straordinaria, qui la rappresentazione del World Wide Web in forma di metropoli rasenta la perfezione. Non manca davvero nulla: dai grandi brand della rete (possiamo solo immaginare il gran lavoro degli avvocati Disney con i vari titolari dei marchi) come Google, Imdb, Pinterest, YouTube, Twitter etc. alla ansiogena barra di ricerca, alle centinaia (forse migliaia) di citazioni che riprendono tic e manie del web: i meme, gli onnipresenti pop-up antropomorfi (ma ci sono anche i pop-up blocker…), i cuori inviati ai video preferiti, le shit-storm, i siti non sicuri etc.. Impossibile, davvero, elencare tutti i riferimenti  che compaiono nella pellicola diretta da Rich Moore e Phil Johnston: l’Internet mostrata in Wreck it Ralph 2 è quanto di più simile a quella del nostro immaginario, ma soprattutto è un universo alla cui esistenza non facciamo assolutamente fatica a credere.

Ed è proprio questa, più della trama stessa - divertente, ben scritta ma in fondo risaputa – la qualità maggiore del film: la creazione di un contesto credibile e avvolgente, forse un filino troppo ottimista (è pur sempre un film Disney…) ma percorso da momenti di pura genialità e dissacrante (auto)ironia. Due su tutti: l’universo Disney preso in giro come nemmeno la Dreamworks con Shrek era riuscita a fare, e il numero musicale (a metà tra West Side Story e La La Land) scritto dal veterano Alan Menken e ambientato in Slaughter Race, videogame-parodia di Grand Theft Auto.

Ancora una volta si sente la mano di John Lasseter (ci mancherà, dannazione), in quello che è un sequel di tutto rispetto e che, in un certo senso, rappresenta insieme a Ready Player One di Spielberg, il probabile punto di non ritorno di un certo cinema antologico: da oggi sarà difficile fare di più e fare meglio. Il viaggio nel passato (piuttosto recente, per quanto riguarda Internet) è stato emozionante, ma ciò che è stato è bene che resti lì dov’è, nello scrigno di un’epoca che si è conclusa e difficilmente tornerà: a ricordarcelo,e a ricordarlo a Ralph, sono un banner polveroso di Geocities e il timone-logo di Netscape, abbandonati nei bassifondi di Internet, bassifondi che assomigliano tanto alla discarica dei ricordi perduti di Inside Out. E non è un caso.