RAMS - Storia di due Fratelli e Otto Pecore
In una remota valle islandese, la pastorizia é tutto: un lavoro, un mezzo di sopravvivenza e un modo per competere e litigare. Tutto ruota intorno a pecore, greggi e montoni, anche l'unico legame rimasto tra Gummi e Kiddi, due fratelli abili allevatori di una razze autoctone, dirimpettai ma divisi da un silenzio che dura da decenni. Le uniche, scarne comunicazioni tra di loro le trasporta un cane, addestrato a portare messaggi tra una casa e l'altra.
Vincitore del premio Un Certain Regard all'ultimo festival di Cannes e candidato islandese nella corsa nella categoria miglior film in lingua straniera agli Oscar 2016, Rams é un prodotto eccentrico e fuori dal gregge, anche tenendo a mente la sua origine nord europea. Dalla Scandivania e dalle nevi islandesi sappiamo di doverci aspettare film scarni, essenziali e potenti come i loro paesaggi, spesso conditi da un'ironia così distaccata e feroce da farci sembrare lontanissimi, almeno culturalmente, questi nostri vicini europei.
Rams tuttavi si spinge oltre e anche nella sua dimensione narrativa sembra voler ricalcare la vita essenziale e silenziosa che conducono i due fratelli. Tanto che il sottotitolo italiano diventa quasi uno spoiler sulle scelte che i due protagonisti compiono a metà della pellicola, scelte che ne rimarcano l'adesione a un ordine antico e a un egoismo personale più che alla società moderna, di cui non sembrano mai essere pienamente membri. Insomma, Rams é un film rurale senza essere nostalgico o deprimente, non tanto perché annovera sette pecore e un montone di razza pregiata come oggetto di desiderio e fonte di rovina, ma perché si rinchiude nello stesso mutismo dei suoi due fratelli, rifiutandosi di spiegare a parole quanto sta succedendo, fornendo al suo spettatore tutti gli elementi di cui ha bisogno in forma grezza e non ordinata, lasciando che si prenda cura lui di dare un senso agli stessi.
Quel che é certo é che il film scritto e diretto da Grimur Hakonarson non indugia mai su ciò che non é più che essenziale, tanto da non chiarire mai perfettamente la causa dell'acredine tra i due protagonisti. Anche il loro rapporto, il vero motivo al centro della pellicola, vive non solo dei momenti di tensione fucile alla mano e delle svolte narrative, ma soprattutto del tanto non detto che ci racconta due uomini il cui unico legame é l'eredità ovina di cui sono orgogliosi custodi.
A prima vista sembrerebbe che Gummi (interpretato con notevole bravura da un volto molto noto in Islanda, Sigour Sigurjonsson) sia il fratello affidabile, inserito socialmente anche se solitario, a cui é toccata in sorte la parentela con Kiddi (Theodor Juliusson), più dotto sul versante pastorizio ma anche più violento, asociale, burbero. Il rapporto che ne viene fuori é invece molto più intrigante, perché Gummi, sulla carta più maturo e responsabile, é preda continua di un timore e una gelosia verso il fratello non giustificati dalle azioni di quest'ultimo e oscilla continuamente tra gesti di rude affetto e ripiche e fughe codarde da Kiddi.
Vincitore del premio Un Certain Regard all'ultimo festival di Cannes e candidato islandese nella corsa nella categoria miglior film in lingua straniera agli Oscar 2016, Rams é un prodotto eccentrico e fuori dal gregge, anche tenendo a mente la sua origine nord europea. Dalla Scandivania e dalle nevi islandesi sappiamo di doverci aspettare film scarni, essenziali e potenti come i loro paesaggi, spesso conditi da un'ironia così distaccata e feroce da farci sembrare lontanissimi, almeno culturalmente, questi nostri vicini europei.
Rams tuttavi si spinge oltre e anche nella sua dimensione narrativa sembra voler ricalcare la vita essenziale e silenziosa che conducono i due fratelli. Tanto che il sottotitolo italiano diventa quasi uno spoiler sulle scelte che i due protagonisti compiono a metà della pellicola, scelte che ne rimarcano l'adesione a un ordine antico e a un egoismo personale più che alla società moderna, di cui non sembrano mai essere pienamente membri. Insomma, Rams é un film rurale senza essere nostalgico o deprimente, non tanto perché annovera sette pecore e un montone di razza pregiata come oggetto di desiderio e fonte di rovina, ma perché si rinchiude nello stesso mutismo dei suoi due fratelli, rifiutandosi di spiegare a parole quanto sta succedendo, fornendo al suo spettatore tutti gli elementi di cui ha bisogno in forma grezza e non ordinata, lasciando che si prenda cura lui di dare un senso agli stessi.
Quel che é certo é che il film scritto e diretto da Grimur Hakonarson non indugia mai su ciò che non é più che essenziale, tanto da non chiarire mai perfettamente la causa dell'acredine tra i due protagonisti. Anche il loro rapporto, il vero motivo al centro della pellicola, vive non solo dei momenti di tensione fucile alla mano e delle svolte narrative, ma soprattutto del tanto non detto che ci racconta due uomini il cui unico legame é l'eredità ovina di cui sono orgogliosi custodi.
A prima vista sembrerebbe che Gummi (interpretato con notevole bravura da un volto molto noto in Islanda, Sigour Sigurjonsson) sia il fratello affidabile, inserito socialmente anche se solitario, a cui é toccata in sorte la parentela con Kiddi (Theodor Juliusson), più dotto sul versante pastorizio ma anche più violento, asociale, burbero. Il rapporto che ne viene fuori é invece molto più intrigante, perché Gummi, sulla carta più maturo e responsabile, é preda continua di un timore e una gelosia verso il fratello non giustificati dalle azioni di quest'ultimo e oscilla continuamente tra gesti di rude affetto e ripiche e fughe codarde da Kiddi.