Rebel Moon – Parte 2: la sfregiatrice, recensione: inutile, come il suo precedecessore
Meglio o peggio della prima parte? Non è questo il punto del contendere su Rebel Moon, l’ambizioso progetto sci-fi di Zack Snyder che fatica a spiegarci il motivo della sua esistenza.
I valorosi colleghi giornalisti a cui in queste ore è toccato, come alla sottoscritta, il compito di trovare qualcosa da dire sulla seconda parte di Rebel Moon si sono giustamente interrogati su come si posizioni questo film rispetto alla sua prima parte. La sfregiatrice è meglio o peggio di La figlia del fuoco? E di quanto?
Piccolo riassunto per quanti, comprensibilmente, hanno rimosso dalla propria memoria l’intera vicenda Rebel Moon. Nelle intenzioni di Netflix e del regista Zack Snyder, questo faraonico progetto in più capitoli doveva dare il via a un universo originale che diventasse l’erede di Star Wars, o quantomeno potesse accreditarsi come lo Star Wars di Netflix. Data la difficoltà a ricordare anche le informazioni basilari in merito a questa uscita di pochi mesi fa, si può serenamente dichiarare questo traguardo del tutto fallito.
La recensione di Rebel Moon - parte 1.
Rebel Moon è un fallimento che La sfregiatrice non può salvare
Lo sappiamo noi, che a differenza di quanto alcuni pensano non proviamo particolare sadismo nel dare voti bassi nelle recensioni, specie quando bisogna cavare il sangue dalle rape per trovare qualcosa da dire su un progetto che dà davvero pochi spunti. Lo sa Netflix, che ha costretto i giornalisti a un embargo lunghissimo sulle recensioni, scaduto a minuti dall’arrivo del film sulla sua piattaforma, tenendo un profilo decisamente più basso del primo capitolo per il lancio di Rebel Moon – Parte 2: la sfregiatrice.
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Lo sa anche Zack Snyder, che con un piglio tra il disperato e l’arrogante negli scorsi mesi ha dato il via a una guardinga costruzione di una narrazione alternativa, tra interviste e dichiarazioni varie, sperando di poter fare un’altra Snyder’s Cut da un progetto che è già farina del suo sacco. Secondo Snyder, se gli si lasciasse aggiungere altro materiale, altro girato, altro minutaggio, Rebel Moon potrebbe essere quel film che non è mai stato, neppure per un minuto.
Perché ciò che non funziona è dentro il film e ciò che lo dovrebbe salvare è fuori dal montaggio finale? Va da sé che se in quattro ore e mezza Rebel Moon fatica a trovare il suo senso d’esistere, forse il problema non è aggiungere materiale, ma guardare a quello che già c’è e capire perché non funziona.
Per buona parte della stampa Rebel Moon – Parte 2: la sfregiatrice è lievemente migliore del predecessore. Quando però sei già nell’abisso, non richiede poi questo grande sforzo di reni tentare di risalire almeno un poco, al posto di mettersi a scavare.
la Sfregiatrice raccoglie quello che ha seminato La figlia di fuoco
Personalmente trovo questo interrogativo vuoto tanto quanto tutto quello che Rebel Moon ci ha propinato. La differenza tra la prima e la seconda parte è minima, perché di fatto siamo sullo stesso terreno: la Sfregiatrice raccoglie quello che ha seminato La figlia di fuoco. Un’analogia bucolica che ben si presta a un film che utilizza una quantità di minutaggio a suo modo sorprendente per raccontarci in slow motion o comunque a ritmo alterato una mietitura da cui dipendono i destini degli abitanti dell’avamposto rurale Veldt.
Un lavoro di molti giorni che deve essere compresso in tre per poi dare il via a due intensi momenti di allenamento dei guerrieri e dei contadini per poi fronteggiare il Mondo Madre. Il film abbozza qualche spiegazione sul perché bisogna seguire questa tabella di marcia, ma questa ossessione bucolica è forse il mistero più affascinante che ci propina.
In due ore, Rebel Moon – Parte 2: la sfregiatrice si occupa solo di tre macrosequenze narrative: la mietitura di cui sopra, un lunghissimo assedio che corona nella battaglia finale e un breve flashback collettivo in cui i protagonisti mettono sul tavolo il loro passato, lo condividono e si danno grandi pacche sulle spalle prima di avviarsi verso morte quasi certa.
Rebel Moon – Parte 2: la sfregiatrice, nella sua pochezza, è tutto lì. In un tavolaccio di legno attorno a cui si ritrovano il gruppo di guerrieri reietti protagonisti, impossibilmente belli, levigati, rasati, tonici. Dopo giorni di fatiche nei campi, uno dei carismatici leader del gruppo, il Generale Titus (Djimon Hounsou), esorta tutti a mettere sul tavolo la propria storia, il proprio passato, i propri segreti, così da poter andare in battaglia assieme. Tipo alcolisti anonimi, ma con meno convinzione e naturalezza.
Cosa resta da dire, su cosa altro ci si può interrogare in un film che, dopo aver indugiato per una mezz’ora su un’inspiegabile fetish virgiliano di vita nei campi e rapporto con la natura e la fatica (non immaginate un riscorso radicale, politico, anarchico perché sarebbe anche eccitante, ma non è davvero il caso) mette in pausa tutta la storia, fa sedere i personaggi e quelli, a turno, procedono a fare un breve riassunto delle loro sventure?
È una scena a suo modo emblematica, in cui si trasfigura il botta e risposta tra sceneggiatori alla ricerca di idee. Ma allora lei si è tagliata le braccia per usare armi micidiali per la sua vendetta, ma allora lui ha giurato di non arrendersi mai più. Solo che poi ci si è scordati di trasformare questa seduta di brainstorming in una sceneggiatura, in una scena, in un film.
Viene quasi voglia di abbracciare Staz Nair che nei panni del principe Tarak (un personaggio Tarzan coded, si direbbe nel mondo dei fan) per la prima volta riesce a mettere in fila più 10 parole. Data la solennità dell’occasione, forse per la prima volta, gli si permette di indossare qualcosa sul fisico scolpitissimo e sempre ben oliato. Non è una battuta banale sulla sua avvenenza, sul suo essere presentato come il belloccio muscolosissimo. È un dato di fatto: dopo quasi quattro ore di epopea fantascientifica, questo è più o meno quello che sappiamo del suo personaggio.
Riesce a domare grande bestie alate e gira volentieri a petto nudo. Dopo i suoi due minuti canonici di racconto del suo passato, possiamo aggiungere giusto un paio di altre informazioni, così banali e vuote che forse sarebbe stato meglio indagare sul perché senza il bisogno di oliarsi il petto, giorno e notte.
Rating: Tutti
Nazione: Stati Uniti
Voto
Redazione
Rebel Moon - Parte 2: La Sfregiatrice
Il più grande regalo che si può fare a chiunque abbia preso parte a entrambe le parti di Rebel Moon è dimenticarsi del suo coinvolgimento in un film che brucia una cifra mostruosa di denaro per costruire scenari fantascientifici privi di vita e personalità, popolati da personaggi che paiono bambole di plastica, levigate, dallo sguardo vitreo. Con una scrittura così rarefatta, così preimpostata, Rebel Moon non fa giustizia nemmeno all’estro e alla genialità delle decine e decine di opere a cui ha preso in presto tutte le sue idee migliori, che non riesce a copiare efficacemente.