Recensione Dililì a Parigi

Una passeggiata inattesa a Parigi

C’è qualcosa di magico nell’animazione di Michel Ocelot, lontana anni luce dai titoli che siamo soliti associare a questo genere e vedere in sala. In questo fine settimana più festivo che mai - inserito in un lunghissimo ponte pasquale e assediato dall’onnipresenza onnipotente di Avengers: Endgame - rischia purtroppo di passare inosservato il suo nuovo gioiello animato.

Il creatore di Kirikù e la strega Karabà torna proprio in questi giorni nelle sale italiane con Dililì a Parigi, degno erede di quel successo artistico e commerciale, a 11 anni di distanza da quel lungometraggio che gli diede fama internazionale. È la magia inalterata, spesso dimenticata e sottovalutata dell’animazione europea. A fare compagnia a Ocelot in sala il destino ha voluto che ci fosse un altro esponente dell’animazione del Vecchio continente, il bellissimo e durissimo Ancora un giorno, rivolto a un pubblico decisamente più adulto per il suo taglio documentaristico e le vicende di guerra e sangue che racconta.

Dililì invece torna a parlare ai bambini, senza quel tono vezzeggiativo e carezzevole che talvolta ne sminuisce la capacità di riflettere, capire e criticare. Anzi: ancorché un poco lezioso, è assolutamente una gioia per i più piccoli e per i loro fortunatissimi accompagnatori in sala.


Cosa c’è di meglio di un romantico fine settimana a Parigi? Seguendo la piccola ed elegantissima bambina canaca Dililì ripercorrerete tutti i luoghi simbolo della Parigi degli anni della Belle Époque e incontrerete un crogiolo di nomi che hanno reso internazionale la fama della città delle luci e degli artisti.

Nomi che - non a caso - sono in larga parte stranieri e femminili. Le eroine al fianco di Dililì, che la ispirano e la aiutano a capire il mondo che la circonda, sono icone come Emma Calvé, Sarah Bernhardt, Camille Claudel, Marie Curie. L’intento è didattico e poco naturalista, ma l’impressione comunque positiva è quella di sfogliare un album di luoghi e figurine iconiche, che hanno costruito il mito stesso di Parigi.


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La piccola protagonista, insieme al suo amico fattorino con la sua tricicletta, incontrerà tutti coloro che fecero grande la Parigi dell’epoca: scrittori, artisti, musicisti, pensatori politici, scienziati. Il piglio anticonvenzionale e birichino di Dililì farà da filo rosso al film, insieme al mistero della scomparsa di tante bambine dalle strade della città.

La risoluzione di questa avventura è decisamente poco timida rispetto al suo messaggio, ma è difficile rammaricarsene di fronte a un film che ribadisce con tanta foga l’assoluta centralità delle donne nella costruzione di una società più giusta e felice per tutti, uomini inclusi. Non è un caso che l’alternativa proposta dai cattivi del film sia declinata sui toni del nero, silenziosa, senza colore, mentre Dililì e i suoi amici scorrazzata nel blu delle notti parigine, tra le mille luci che hanno reso così celebre la città.

Recensione Dililì a Parigi
4

Voto

Redazione

Recensione Dililì a Parigi

Vedendo il film di Ocelot - grande nome dell’animazione alternativa nei messaggi per vocazione e nei fondi per necessità- si finisce per rammaricarsi che registri e creativi di questa pasta si ritrovino spesso a fare di necessità virtù. Come per l’italiano Gatta Cenerentola, il pubblico si ritroverà di fronte a [b]un film sorprendente e carismatico[/b], la cui potenza espressiva è un po’ limitata alla tecnica non troppo suggestiva d’animazione a cui questo piccole produzione devono affidarsi. Un gioiellino da recuperare.