Recensione Dragon Trainer: Il Mondo Nascosto

La degna conclusione di una magnifica trilogia animata.

Il terzo episodio di Dragon Trainer non delude certamente le aspettative tecniche, di sceneggiatura e quindi complessive. La costruzione circolare fa sì che questo sia l’ultimo episodio di una bella trilogia, mai banale, non stereotipata ed apprezzata sia dai più piccoli che dai grandi. Nuovamente i nemici si consolidano e dichiarano guerra all’utopia di Hiccup, quella di creare un mondo in cui i draghi e gli esseri umani possano coesistere pacificamente. Il leader dei vichinghi spingerà il suo popolo a lasciare quelle terre considerate ormai pericolose al fine di trasferirsi nel Mondo Nascosto. Da qui il titolo della pellicola.


The hidden world è il terzo film di una saga che ha appassionato soprattutto i bambini. Tuttavia, si dall’inizio ed anche vedendo esclusivamente l’ultimo episodio della trilogia, si può capire che lo stile del canadese Dean DeBlois (regista e sceneggiatore) non è stato ‘corrotto’ dalla popolarità ricevuta e dal successo meritatamente incassato: la pellicola mette insieme emozioni, sentimenti, serietà e pochi momenti di ilarità e simpatia assieme a parti tecniche veramente d’alto livello. È un tripudio di colori, alcuni tratti sono veramente caleidoscopici. O oscuri, scuri, sporchi. I colori, tra i fili conduttori del lavoro di DeBlois, riprendono spesso i sentimenti in gioco in quel momento: il lavoro fatto dal direttore della fotografia Gil Zimmerman è da applausi e arriva a culmine della progettualità messa in campo in tutti gli episodi della saga. 

La sceneggiatura è anche di alto livello, si era detto. Inizialmente è forse troppo didascalica, ma c’è una ragione: desidera riassumere certe nozioni, introdurne altre ed infine tagliare i tempi per far rientrare la pellicola nella leggerezza di poco più di 100 minuti. DeBlois si avvale anche dei flashback, prezioso strumento sceneggiativo, per esprimere la volontà di Hiccup di cercare il Nuovo Mondo.


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Dragon Trainer 3 non è per niente banale. Sembra cucito sui temi di disuguaglianze sociali e razzismo che affliggono alcune società contemporanee: gli antagonisti dei vichinghi parlano di superiorità della razza umana su quella dei draghi, di incompatibilità nonostante le volontà delle parti di coesistere. Sembra sfogliare un quotidiano, metaforicamente parlando.

I rimandi, le citazioni e i tributi a film più o meno recenti sono parecchi, che si trattino di film o di cartoni animati: si passa dal balletto di Sdentato e Furia Chiara, corrispettivo di Ann Darrow/Naomi Watts nel King Kong di Peter Jackson (2005), alla dimostrazione di rispetto dei draghi al loro Alfa, evidente citazione del ‘battesimo’ di Simba ne Il Re Leone (1994). E se i colori nel mondo nascosto ricordano quelli di Avatar, le easter eggs presenti riportano a Pirati dei Caraibi, Coco e addirittura Aladdin.

Trai limiti della pellicola vi è forse  la classica motivazione che porta i ‘cattivi’ a coalizzarsi – business – e la personalità dell’antagonista principale, Grimmel il Grifaio, che rientra nel novero dei soliti nemici ‘alla Bane’ de Il Cavaliere Oscuro: fortissimi, ma inizialmente sottovalutati e che hanno le caratteristiche di tranquillità, razionalità e professionalità.