Recensione Hellboy

Il bambinone che viene dall'inferno

di Roberto Vicario

Dopo i primi due film dedicati a Hellboy, diretti da Guillermo del Toro e con Ron Perlman nei panni di Rosso, i fan erano in trepidante attesa di un terzo capitolo, quello che avrebbe chiuso una potenziale trilogia. Il futuro, tuttavia, è in grado di offrire sorprese inaspettate e a seguito di una serie di vicissitudini, a Guillermo del Toro non viene affidato il doppio ruolo di regista-sceneggiatore bensì quello di produttore di un ipotetico Hellboy III. Il regista rifiuta, e Perlman declina la possibilità di tornare a vestire i panni del personaggio.

La storia recente parla quindi di un reboot, diretto da Neil Marshall e con protagonista David Harbour nei panni del demone. Una sceneggiatura scritta da Andrew Cosby, che si ispira ad alcune storie iconiche di Hellboy come: Il seme della distruzione, La Caccia Selvaggia o Il Richiamo delle Tenebre, ma soprattutto offre un carattere decisamente più “hardcore” in termini di violenza e linguaggio, tanto da essere classificato “Rated R” negli Stati Uniti.


Hellboy è in missione a Londra. Una pericolosissima maga del V secolo di nome Nimue (Milla Jovovich), fatta a pezzi e rinchiusa in svariate scatole da Re Artù in persona, torna in vita grazie ad un losco soggetto di nome Gruagach (Stephen Graham), e minaccia di uccidere tutti gli umani per rimettere al comando della terra il popolo dei mostri.

Il B.P.R.D. (Bureau for Paranormal Research and Defense) manda quindi Anung Un Rama ad investigare sull’accaduto, con il supporto dei servizi segreti britannici che rispondono al nome di Ben Daimio (Daniel Dae Kim), un ex militare che ha il potere - quando sente dolore o rabbia - di trasformarsi in un feroce e velocissimo giaguaro. A completare il trio ci pensa una potente medium di nome Alice.

Diciamolo subito, senza timore di smentita: Hellboy è tutto tranne che un film perfetto. Il film confezionato da Marshall è infatti un prodotto che porge il fianco a diversi elementi di critica, due su tutti: plot ed effetti speciali. Per quanto riguarda il primo caso, la storia, per quanto più fedele ai fumetti rispetto ai precedenti film, è a tratti confusionaria. I colpi di scena e l’evoluzione narrativa soffrono in alcuni momenti di tagli importanti, o di scene sbrigative che non trovano tra loro una vera amalgama.


Il secondo problema è legato alla CGI che, purtroppo, non è stata all’altezza di quello che ci aspettavamo, alternando momento assolutamente incredibili ad altri in cui la finzione è così palpabile da rendere la presenza di mostri e altri tipi di amenità, ancora meno credibile di quello che già dovrebbe essere. Problemi che, con molto probabilità, sono da imputare principalmente ad un budget tutt’altro che alto, e che siamo sicuri ha messo il regista davanti a delle scelte a volte obbligate.

Al netto di tutto questo però, Hellboy è un film sincero, onesto e diretto verso il suo pubblico. Ed è proprio questa l’arma vincente, insieme alla convincente interpretazione da parte di David Harbour. Il film è un “splatterone” dall’anima punk. Una pellicola a tratti confusa, ruvida ma assolutamente in grado di regalare non solo qualche sorriso (pur non mancano toni più dark in alcuni frangenti) ma anche momenti di pura esaltazione. Si tratta del classico film confezionato per intrattenere; un intrattenimento genuino e in buona parte rispettoso del lavoro fatto da Mignola nei fumetti (l’autore è stato sempre interpellato durante la pre produzione del film). Proprio per questo alla fine il film potrebbe sorprendervi, e come è successo a noi, arrivare alla fine della visione consapevoli di non aver visto nulla di memorabile, ma di esservi diverti in maniera più che soddisfacente.

In fondo, da un mostrone rosso che ammazza vampiri, licantropi e dialoga con Baba Jaga ci si può accontentare anche di questo; con buona pace di Del Toro, Perlman e di un approccio ad Hellboy che con questo reboot cambia in maniera indelebile. I fan più duri e puri se ne faranno una ragione.


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