Recensione Il colpevole
Per girare un ottimo thriller bastano una stanza e un telefono
Domani sarà una grande giornata per Asger Holm: ha un appuntamento importante, che non può mancare, che lo riporterà sulla strada, alla vita da poliziotto di pattuglia, insieme alla sua squadra. Oggi però Asger è seduto a una scrivania, con una cuffia sulla testa e un telefono al suo fianco. Oggi è solo un operatore telefonico al centralino per le emergenze danese, impegnato ad assistere cittadini ubriachi, drogati o in difficoltà nel quartiere a luci rosse della città.
Non è un lavoro esaltante o blasonato per un poliziotto; è una scocciatura, una manovalanza per le retrovie, per chi è in cerca di tranquillità o espiazione. Rispondere al centralino mette l’operatore davanti a una striscia infinita di emergenze solo apparenti, tanto che trapela a più riprese il malcelato disprezzo con cui Asger controlla celle telefoniche, contatta la centrale operativa e manda pattuglie e ambulanze per offrire assistenza in loco. Non c’è azione, non c’è reazione: è solo un centralinista delle forze dell’ordine, uno che smista chiamate a chi lavora sul campo.
La chiamata di Iben sembra l’ennesima presa in giro, arrogante e superficiale. Lo chiama “tesoro”, non comunica la sua posizione né chiarisce di cosa realmente abbia bisogno. Pian piano Asger capisce che la donna all’altro capo del telefono non è libera di parlare. Le fa delle domande a cui possa rispondere con un sì o un no ed emerge la drammatica verità: si trova in macchina con il suo rapitore, che la sta portando verso una destinazione ignota, contro la sua volontà. La donna sta fingendo di rassicurare la piccola Mathilde, la figlia rimasta a casa da sola, per poter chiedere aiuto alla polizia.
Asger è completamente rapito dall’emergenza che si ritrova tra le mani: Iben è davvero in pericolo, la donna ha davvero bisogno del suo aiuto, trasformandolo all’improvviso in un poliziotto vero e proprio, uno che fa la differenza, uno che aiuta la gente, anche se solo per telefono. Fare in modo che la donna riceva aiuto però non sarà semplice. Asger farà di tutto per risalire all’identità del suo rapitore e per tentare d’indovinare dove sia diretto il veicolo, in modo da poter salvare la donna. Pian piano dal suo disperato e sproporzionato impegno per salvare la donna a qualsiasi costo, emergerà con chiarezza il ritratto di un uomo e di un poliziotto travagliato, che nasconde più di un’ombra.
Una stanza e un telefono
Riguardo alla genesi del suo thriller d’esordio, il regista danese Gustav Möller ha raccontato di essere rimasto affascinato dalla registrazione di un’autentica telefonata arrivata a un centralino del 118 danese. La capacità di una voce spaventata di farti immaginare in maniera vivida la situazione pericolosa in cui si trova l’ha colpito così tanto da scrivere una sceneggiatura a riguardo, con i toni più classici del thriller.
Il film di Gustav Möller si è trasformato in un caso all’ultima edizione del Sundance, finendo per vincere il periodo del pubblico. A colpire immediatamente lo spettatore è come il limite produttivo del budget venga trasformato in un vincolo imposto, prolifico e audace a livello registico. Il film si chiude volutamente nella centrale operativa, concentrandosi ossessivamente sul protagonista Asger e su pochissimi particolari: la cuffia che mette e toglie, il bicchiere d’acqua in cui scioglie un’aspirina, il cellulare a conchiglia su cui riceve telefonate personali, la luce rossa che segnala una chiamata in entrata, lo schermo del computer, il volto e le mani del protagonista Jakob Cedergren. Ovviamente l’apporto dell’attore è fondamentale alla riuscita del film e Cedergren non delude, riducendo al minimo la necessità di spiegarsi a parole, comunicando tutto con l’alterarsi delle sue espressioni facciali.
Si è parlato di un grande film; io mi limiterei a parlare di un ottimo esordio. Il limite di Il colpevole, che sul fronte registico e attoriale è davvero eccellente, sta tutto nella scrittura. Per un film tutto basato sulla tensione è importantissimo non scoprire le sue carte anzitempo, errore in cui purtroppo la pellicola incappa proprio nelle svolte narrative cruciali. Lo spettatore attento saprà mettere insieme i vari indizi per scoprire la verità molto prima del protagonista: la visione rimane piacevolissima, ma meno avvincente del previsto.