Recensione Joker
Un film di chiaroscuri ma, in mezzo, un grande Joaquin Phoenix
Joaquin Phoenix è Joker, il nuovo film della Dc Comics che scandaglia la genesi del nemico numero 1 di Bruce Wayne. Dopo Cesar Romero, Jack Nicholson, Heat Ledger e Jared Leto, l'eredità attoriale di questo personaggio è immensa. Ma quanto basta una singola interpretazione per dare un senso al film, nell'alveo della storia fumettistica del cinema?
Phoenix realizza un'interpretazione convincente, ma l'aspetto debole della pellicola è in fase di scrittura e nello sviluppo narrativo. Nel raccontare l'aspetto principale del film (ovvero come Joker diventa un criminale) la prevedibilità regna sovrana, se si esclude la scena dove i genitori del piccolo Bruce Wayne escono da un cinema che proietta "Blow Out" di Brian De Palma.
A Joker accade di tutto.
Gli rompono il cartello da lavoro in faccia, lo picchiano, lo licenziano, subisce traumi familiari e qualsiasi tipo di angheria. Il canovaccio (Scorsese è del resto il produttore della pellicola) é quello del suo riscoperto "The King of Comedy" del 1983, ma a parti invertite: se nella pellicola di 36 anni De Niro interpretava il folle ed esordiente "allievo" di Jerry Lewis, qui interpreta il vegliardo ed affermato maestro di tv.
Un'operazione non troppo dissimile da "Gli insospettabili" di Manckiewicz del '72 riproposto nel 2007 (e a Venezia) da Branagh con Michael Caine che vedeva invertirsi la sua parte rispetto alla piece di Shaffer. Il regista Philipps inserisce anche brani classici della tradizione canora americana (Sinatra su tutti) dando vita (come le bellissime sequenze finali) a sequenze memorabili ma anche qui non innovative, a tratti didascaliche e soprattutto già viste.