Recensione La Favorita

Un regista greco, una regina inglese e una rivalità da Oscar

Non fatevi ingannare dall’aspetto rassicurante della locandina e del trailer di La Favorita, il nuovo film di Yorgos Lanthimos presentato a Venezia 75. Anche se ripulito dai suoi recenti eccessi autoriali e intellettuali (vedi Il sacrificio del cervo sacro), anche se alle prese con una sceneggiatura scritta da terzi, il regista greco maestro di crudeltà non si è decisamente intenerito. Anzi. È solo diventato dannatamente bravo a farci divertire della cattiveria altrui. 

È davvero molto lunga la lista di registi stranieri che, facendo capolino nel mondo degli studios, hanno perso sé stessi in progetti insoddisfacenti. Abituati a una ristrettezza di mezzi ma a una sconfinata libertà creativa, tanti registi asiatici e europei raccontano del loro sbarco nel mondo degli studios come di un’esperienza claustrofobica e castrante, che spesso si è limitata a un singolo film e a un ritorno a casa. 


Per Yorgos Lanthimos invece il passaggio a un cinema che si potrebbe definire timidamente “più commerciale” si rivela a sorpresa un ulteriore rifinitura al suo stile personalissimo e già maturo. Il politically correct richiesto da Hollywood non costituisce per lui una barriera, quando uno stimolo ad essere meno eccessivo, cervellotico e talvolta inutilmente autoriale rispetto a quando ha mano libera. 

La storia di La Favorita è quella della regina Anna, una delle donne deboli della corona inglese. Costretta dal marito a continue gravidanze, prostrata da una serie di decine e decine di aborti e morti premature dei suoi figli, la troviamo all’inizio del film come una figura patetica. Per nulla piacente, insicura, capricciosa e vacua, Anna (interpretata da un’Olivia Colman in odore di Oscar) è totalmente disinteressata alla politica e perennemente alla ricerca di rassicurazioni affettive. A fornirgliele con un crudele alternarsi di bastone e carota è Sarah Churchill (antenata di Winston), la sua favorita. La nobildonna manovra a piacere la regina, facendo leva sulla loro amicizia e sul perenne senso d’insicurezza della prima. Certo le è assolutamente devota: ad ogni attacco di gotta è al suo fianco, ogni mattina ne controlla aspetto e agenda. Subentra ben volentieri ai suoi doveri di regina, dettando di fatto la sua agenda politica. 


screenshot

Elegante e intelligente, sferzante nei toni e negli hobby (calvacate, caccia e armi da fuoco), Sarah non riconosce da subito il pericolo posto dall’ultima arrivata, la cugina Abigail (Emma Stone). La ragazzetta di campagna svenduta dal padre per un debito di gioco imparerà presto dalla maestra, insidiandone la posizione a corte prima per necessità, poi per vendetta, infine per puro piacere personale. 

La favorita è un film in costume che spoglia Emma Stone della patina di fidanzatina d’America (e dei vestiti per il suo primo nudo su schermo) e il costume drama della sua visione propositiva della nobilità. A colpire di più nel film di Lanthimos è come i destini di milioni di persone e della guerra contro la Francia siano scritti dai capricci del momento e da interessi sempre e solo egoistici. La nobilità è volgare, violenta, superstiziosa, misogina e francamente stupida, appena trattenuta dai peggiori istinti dalla facciata di ricchezza e potere. 

A risplendere più di tutti è Olivia Colman, regina di nome e di fatto: il suo personaggio, il meno accattivante e il più debole, si rivela il più sorprendente e memorabile. Debole ma investita della forza di una Corona di cui tutti sono sudditi, così bisognosa di affetto eppure pronta a punire severamente chi oltrepassi quel limite invisibile che la pone, nonostante tutto, sopra a tutti gli altri. 


Recensione La Favorita
4

Voto

Redazione

Recensione La Favorita

La Favorita è uno dei film dell’anno: un cast stellare e davvero capace dà finalmente la visibilità che merita a un regista dallo stile personale e dalla mano ferma nel accoltellare un certo modo trito di realizzare film storici in costume. Con Lanthimos lo scopo è sempre guardare dentro ai personaggi, negli angoli più oscuri della loro anima, per vedere chi siano davvero. Qui per farlo deve sollevare qualche sottana, slacciare qualche corsetto, sfoderando un film insolitamente sensuale e deliziosamente crudele. Autoriale ma nel senso migliore e più godibile del termine.