Recensione Peppermint - L'Angelo della vendetta
Una strepitosa Jennifer Garner ci regala un avvincente revenge movie al femminile
I revenge movies al femminile di buona qualità possono contarsi sulle dita di una mano. Duole ammetterlo, ma è così. Forse perché la costellazione Garner non era ancora entrata in contatto con quella di Pierre Morel, regista francese capace di lanciare Liam Neeson nell’olimpo degli attori action, regalandogli di fatto una seconda carriera.
Riley North è una giovane donna come tante altre. Ha un marito, una figlia, una casa da mandare avanti e conti da pagare. Tanti. Troppi. Proprio per questo suo marito entra in contatto con qualcuno che gli propone il classico “colpo facile”, che potrebbe cambiargli la vita. Lui rifiuta, ma ormai è troppo tardi perché il colpo in questione avrebbe sottratto denaro ad un potente cartello della droga. E il conto è salatissimo, perché marito e figlia cadono sotto i colpi dei killer, mentre lei stessa viene ferita gravemente ed entra in coma.
Riley è però una donna forte e, uscita dal coma, riconosce i suoi aggressori e li porta alla sbarra. Le spire del cartello, però, agiscono nella profondità del sistema, e grazie ad un giudice corrotto, i tre imputati possono tornare alla loro vita malavitosa. Loro. Ed è qui che Riley scatta. Fugge dalla città, si eclissa per ben cinque anni di addestramenti e di rancore e torna, pronta a prendersi la sua vendetta.
Il resto lo potete facilmente immaginare, anche perché la struttura di un revenge movie è quanto di più semplice possa esistere: c’è il fattaccio, c’è un sopravvissuto, c’è la vendetta. Quello che c’è in mezzo è poco importante, l’importante è il “come”. E il “come” di Riley North/Jennifer Garner è di quelli esaltanti, che ti fanno tifare per lei dal primo momento e che, contrariamente ad altri film di genere, trasuda cattiveria autentica, reale.
E’ la stessa Garner, madre da diversi anni, ad ammettere nel corso delle varie interviste che il ruolo di Riley l’ha toccata molto da vicino e ha messo nelle scene d’azione quella energia che avrebbe realmente riposto se la cosa fosse capitata a lei nella realtà. E si vede, perché al di là dell’ottima coreografia delle scene d’azione colpisce proprio l’impeto e la furia di una madre che vuole vendetta e non guarda in faccia nessuno.
Dal canto suo Morel non rinuncia a niente e, anzi, indugia con la sua macchina da presa proprio sulle scene più cruente, riuscendo però a non renderle grottesche. Certo, in alcuni casi si devono chiedere gli straordinari alla propria sospensione dell’incredulità ma la partigianeria nei confronti della Garner riesce a mettere a nanna anche la logica.
Non mancano poi le scene umoristiche (Riley si prende una bella rivincita anche con una “casalinga disperata”) e i colpi di scena più o meno telefonati, ma è ovvio fin dalle prime battute che sceneggiatura e copione sono più che altro un’impalcatura dove far muovere una Garner in formissima e davvero credibile nel ruolo. Senza dimenticarci che proprio lei, giovanissima, ha esordito sotto la guida di un certo JJ Abrams in Alias, dove interpretava una super spia tutta azione e intrighi internazionali. Evidentemente certe cose le sono rimaste nel DNA. Ora però, a 48 anni suonati e con tanta esperienza in più sulle spalle anche in parti drammatiche, la brava Jennifer ha dimostrato di essere perfetta per il ruolo.
Credibile sia nei panni della giovane mamma che in quello dell’angelo vendicatore, ammirata dai social network che, letteralmente, supportano le sue azioni di guerra nei confronti del cartello. Ed è questo un altro elemento interessante del film di Morel, che insinua il dubbio nello spettatore: supporteresti una carneficina come questa, che elimina il marcio dalle strade della città? In Peppermint la cittadinanza si schiera apertamente con Riley, attirando le attenzioni dei media più generalisti. Gli stessi che la Riley utilizzerà per smontare l’impalcatura del cartello e portare alla luce intrighi e inganni del sistema.