Recensione Red Joan

Ritratto di una (nonna) spia

di Elisa Giudici

Joan la rossa, la nonna spia: furono questi due dei soprannomi che la stampa inglese affibbiò a Melita Norwood, una tranquilla pensionata inglese di cui venne a galla il passato come informatrice del KGB nel 1999. È rimasta celebre la sua conferenza stampa nel piccolo giardino della sua villetta alla periferia di Londra, quando confermò di aver passato alcuni dei segreti cruciali per i destini della Guerra fredda ai russi: aveva superato gli 80 anni quando venne finalmente scoperta.

Basato sul romanzo di Jennie Rooney “La ragazza del KGB”, Red Joan racconta una versione romanzata dell’avventurosa vita di quella che molti esperti hanno definito la più importante collaboratrice mai avuta dai servizi russi su suolo britannico.


I presupposti per un thriller ad alta tensione ci sono tutti. Interpretata in età anziana da una Judi Dench che dovrebbe essere protagonista ma in realtà si rivela molto defilata, Joan racconta alla polizia come venne avvicinata dagli agenti inglesi del KGB. A interpretarla da giovane è Sophie Crookson, un’attrice dai tratti perfetti per incarnare un certo ideale di donna degli anni ’40, ma dalla personalità poco incisiva, che contribuisce a rendere ancor più opaco un film che manca di verve.

La giovane Joan studia fisica all’università, in un mondo in cui la presenza femminile tra le aule e nei laboratori viene vista con pregiudizio e sospetto. Avvicinata da due giovani tedeschi ebrei fuggiti dalle persecuzioni del nazismo, Joan entrerà nel loro circolo di pensatori e attivisti comunisti, senza però perdere la sua oggettività. Più che essere affascinata dal regime di Stalin, Joan è attratta dal bel Leo, comunista nel midollo, che alterna momenti di affetto per lei a tentativi manipolatori per farla iscrivere al Partito.


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L’interesse di Leo si fa più palese e insistente quanto Joan viene assunta nel centro di ricerca che sta lavorando alla bomba atomica. La Seconda guerra mondiale è in pieno corso di svolgimento ed è ormai chiaro alla comunità scientifica quanto sia cruciale essere i primi a mettere le mani su un ordigno atomico che allora esisteva solo nella teoria e nelle speculazioni degli scienziati. Inizialmente russi, americani e inglesi sono uniti nel tentativo comune di battere sul tempo i tedeschi, ma Washington, già in piena paranoia da pericolo rosso, decide ben presto di tagliare fuori i russi dalla ricerca. Saranno però le due bombe di Hiroshima e Nagasaki con il loro spaventoso carico di morte  convincere Joan ad accettare le reiterate richieste di tradire il Regno e passare le informazioni ai russi.

Il punto di vista del film è quello di una donna manipolata, perseguitata da un senso continuo di abbandono, decisa a riequilibrare le sorti della nascente Guerra fredda permettendo alla Russia di essere ad armi (atomiche) parti con gli Stati Uniti. Approfittando della mentalità dell'epoca - che la vede come poco più di una segretaria che batte a macchina e fa il tè - Joan riesce con destrezza nell'intento di trafugare quanto necessario alla sua missione. 

Sulla carta Red Joan dovrebbe essere un film tra il dramma sentimentale e la storia concitata di spionaggio ma si rivela essere un film già visto e assai noioso. Un po’ perché la regia di Trevor Nunn è anonima, un po’ perché lo spettatore sa già dove andrà a parare il film. Anche il tema femminista del film è trattato senza verve, così come la sceneggiatura sembra un po' indecisa se presentarci Joan come una vittima delle manipolazioni di Leo o come una donna indipendente, che rischia tutto perché crede nella pace data dall'equilibrio atomico.