Recensione Ted Bundy - Fascino Criminale
Zac Efron nei panni di un feroce serial killer
Nel pieno degli anni ’70 uno spietato serial killer terrorizzò le giovani donne di vari stati americani, compiendo un'orribile carneficina. Sebbene dal principio l’unica mano dietro una scia impressionante di omicidi non fosse stata compresa e le barbare uccisioni non fossero state correlate, dieci anni più tardi la drammatica verità alla fine venne a galla.
L’autore di quegli omicidi atroci finì sulla sedia elettrica, ma solo dopo un decennio di processi televisivi, interviste ai media, fughe rocambolesche dal carcere, stuoli di giovani fan convinte della sua innocenza e una vicenda legale e umana tortuosa e controversa. Nasceva così il mito rosso sangue di Ted Bundy, lo spietato serial killer a cui ad oggi vengono attribuiti con sicurezza almeno 30 omicidi, anche se si sospetta che il numero sia ben più alto.
Si può dunque ben parlare di fascino criminale esercitato da Ted Bundy sulle donne della sua vita, dalle sconosciute vittime della sua ferocia alle sue congiunte, diventate loro malgrado coprotagoniste della vicenda. Lo scopo di Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile è proprio ripercorrerne “il mito” dal punto di vista di chi gli è stato accanto per decenni al killer, rifiutandosi di credere alla sua colpevolezza: la fidanzata Elizabeth Kloepfer.
Se il regista Joe Berlinger è uno specialista del genere crime e del racconto delle vite e dei crimini dei serial killer, lo sceneggiatore del film Michael Werwie è quasi un esordiente. L’intento del film a posteriori è piuttosto chiaro: ripercorrere la storia di Ted, fidanzato e patrigno affettuoso, attraveros lo sguardo di chi lo ha sempre visto comportarsi come una brava persona, in un crescendo ambiguo e angosciante di dubbi e passi falsi.
Elizabeth, interpretata da Lily Collins, è una madre single con un impiego modesto, che vive in un periodo decisamente non semplice per le donne come gli anni ’70. L’arrivo nella sua vita di un uomo premuroso e dolce come Ted (interpretato da Zac Efron) sembra quasi una manna dal cielo, una felicità che la donna sembra quasi non volersi concedere.
Quando però pian piano il mondo comincia ad accusare Ted di aver commesso indicibili atrocità, Elizabeth è combattuta. Razionalmente infatti ha in suo possesso dati contrastanti, che ora scagionano e ora condannano il suo uomo. La donna non è una sciocca, sa di doversi difendere e proteggere anche la vita della sua bambina. D’altronde la verità dei fatti è lì davanti ai suoi occhi: Ted non le ha torto un capello in innumerevoli occasioni in cui avrebbe potuto farlo e anzi, tiene al legame con lei più di qualsiasi altra cosa.
Il problema di fondo del film è però che chiarisce troppo tardi e troppo debolmente la sua tesi: di fatto assistiamo per quasi 100 minuti all’insinuazione di un dubbio, o quantomeno di un fascino criminale che cozza con l’intento di raccontare il dramma di una persona che si riscopre accanto un feroce serial killer.
Non aiuta alla riuscita del film - anzi, si rivela l’elemento che ne pregiudica la riuscita - la performance di Zac Efron. Se l’attore statunitense ha dalla sua la bellezza necessaria ad essere credibile nel ruolo del rubacuori impenitente, dall’altra non ha particolare mimesi né è in grado di veicolare l’estrema ambiguità del personaggio.
Sembra quasi che si limiti ad alternare sguardi diabolici a occhiate innocenti, mentre il ruolo richiederebbe un atteggiamento assolutamente neutro di chi o è innocente o è del tutto incapace di provare affezione e compassione e per questo rimane inscrutabile. Insomma, il suo ritratto di Bundy è confuso e poco credibile e non riesce a impressionare davvero lo spettatore.