Recensione Un'altra vita

Dalla Polonia con amore (metal)

Dalla Polonia con amore e dalla Berlinale 68 con l'Orso d'Argento - Gran premio della Giuria. Un'altra vita - Mug (titolo originale Twarz) è il lungometraggio che ha permesso alla cineasta polacca Małgorzata Szumowska di mettersi finalmente in luce, complice una selezione berlinese nel 2018 non propriamente sfavillante. 

Mug è in tutto e per tutto un film tagliato sui gusti del pubblico del festival tedesco: autoriale nel midollo, europeo nell'anima, politico e sociale nei messaggi, acquattato nell'erba e pronto ad azzannarti alla gola con una malinconia devastante quando meno te lo aspetti. Arrivate in sala preparati: la storia d'amore semplice e intensa di Jacek, metallaro dal cuore d'oro di un anonimo paesino polacco che sembra sospeso negli anni '90, si tingerà ben presto di tinte drammatiche. 


La lettura del grande cambiamento che stravolge la sua vita e lo costringe a ricalcolare il valore di ogni rapporto affettivo e umano avuto fino a quel momento si presta facilmente a una metafora più ampia e politica. La storia dell'eroe romantico del film - un ragazzone amante del metal e della libertà, giudicato come un tipo bizzarro nella sua comunità - s'intreccia con quella della costruzione di una gigantesca statua di Gesù Cristo nel piccolo paesino di Swiebodzin. 

Il film riesce facilmente a trasmettere il senso paradossale di bigottismo e provincialismo dietro a quest'opera (realmente esistente): nel mezzo dell'incontaminata Polonia del sud, tutta boschi e vallate, sorge un'enorme statuta di Gesù, più alta di quella di Rio de Janeiro, tirata su da volontà e fini che molto hanno a che fare con il bigottismo e poco con la fede autentica e pura. 


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Anche l'evento medico eccezionale di cui è protagonista Jacek è basato un verso intervento chirurgico provato per la prima volta al mondo in Polonia nel 2013. La regista ha potuto anche parlare con l'uomo che si è sottoposto a quella procedura mai tentata prima, proprio mentre scriveva il film. 

Le amare considerazioni che disegna nel dopo intervento però sono tutte figlie del suo cinema, che da tempo racconta la provincia polacca in tutto il suo vuoto bigottismo e perbenismo, periferica e provinciale a livello spirituale. L'identità di Jacek è sin da subito solo parzialmente imbrigliata dalle convenzioni (religiose, sociali e anche d'immagine) a cui la famiglia tenta di ancorarlo, promettendogli in cambio affetto. Al contrario la sua amata condivide con lui un'attitudine ribelle, una sessualità apparentemente libera e trasgressiva. 

Dopo l'intervento però solo la sorella e il nonno si dimostrano in grado di accettare Jacek, che viene tradito a più livelli sia dalla famiglia sia dalla fidanzata, in un mondo in cui ha molta influenza, pur posizionandosi ai margini, la realtà così come raccontata dalla televisione, che porta la modernità più deleritta in cui contesto ancora molto agreste per paesaggi e mentalità. 

L'ironia finale è che L'amour Toujours, l'amore per sempre promesso dalla hit dance di Gigi D'Agostino che fa da contrappunto romantico al film, s'infrange ben presto di fronte all'incapacità di Jacek (ora non solo spirituale, ma anche fisica) di adattarsi a ciò che la società - in senso locale e nazionale - polacca si aspetta da lui. 


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Recensione Un'altra vita
3

Voto

Redazione

Recensione Un'altra vita

Sospeso tra il dramma di un trauma da affrontare in famiglia e l'ironia politica ai danni di una Polonia più provinciale che mai, Un'altra vita è un buon film in salsa berlinese, tutto cuore e autorialità. Brillano gli interpreti, le scelte registiche sono invece più altalenanti, ma tutto sommato il risultato finale è più commovente, digeribile e riuscito della gran parte delle pellicole uscite nell'ultimo periodo dalla Berlinale.