Recensione Un uomo tranquillo
E se Liam Neeson incontrasse i fratelli Coen?
Nels Coxman (Liam Neeson) è un tranquillo autista di spazzaneve che vive tra le nevi del Colorado. Quando suo figlio muore improvvisamente per overdose di eroina, l’uomo sente puzza di bruciato e inizia la caccia a quelli che reputa gli assassini del ragazzo. Scoperchierà, così, il classico vaso di pandora, dando inizio a una guerra fra bande pur di avere vendetta.
La carriera di Liam Neeson, similmente a quanto avvenuto ai colleghi Nicolas Cage e Denzel Washington, può essere tranquillamente divisa in due parti: fino al 2008 l’attore irlandese ha alternato con successo pellicole d’autore (Schindler’s list) e film commerciali (Star Wars). Poi, con Taken, la svolta action pura. Neeson quasi inaugura un genere a sé: quello dell’uomo qualunque scaraventato in una spirale di intrighi e violenza, spesso impegnato a salvare la propria famiglia in una serie di versioni adrenaliniche di Frantic con tocchi de Il Giustiziere della notte.
Per questo motivo, quando ci siamo accostati a Un uomo tranquillo, ci siamo quasi rilassati: sarà l’ennesima variazione di Io vi troverò, abbiamo pensato, la solita vicenda ‘Liam contro tutti in cerca di vendetta’. Siamo stati invece puniti per la nostra mancanza di fiducia e mai punizione è stata più piacevole.
Cold Pursuit (questo il titolo originale), infatti, comincia sì rispettando alla lettera tutti i cliché della filmografia post 2008 di Neeson. Poi, improvvisamente, decolla, e, più che Jaume Collet-Serra o Pierre Morel ci porta dritti dritti dalle parti dei fratelli Coen. La vendetta del protagonista, da tema principale del film, è infatti solo una delle tante sottotrame che compongono l’intreccio. Un intreccio che vede il nostro eroe agire più da burattinaio (spesso inconsapevole) di una guerra fra bande di spacciatori che da giustiziere solitario.
Il tutto in una sceneggiatura da black comedy puntellata da caratteristi memorabili (divertentissimi i duetti tra i due poliziotti, ma anche quelli tra gli scagnozzi del cattivo), dialoghi che sembrano scritti da Quentin Tarantino, un villain stupido e ottuso ma al quale – a tratti – riusciamo pure a volere bene, tocchi di violenza fumettistica e una indimenticabile ambientazione alla Fargo.
Neeson, legnoso ma feroce, è perfettamente a suo agio in questo remake del norvegese In ordine di sparizione – titolo che viene omaggiato nei credits finali – e durante la visione la mente non può che andare all’omologo (sulla carta) Polar, ma solo per segnarne, in positivo, la distanza. Dialoghi, sceneggiatura, interpretazioni, messa in scena, persino il senso morale dei protagonisti (affascinante, in questo caso, l’esplorazione della cultura pellerossa): tutto funziona nel film di Hans Petter Moland (regista anche dell’originale con Stellan Skarsgård), mentre la pellicola con Mads Mikkelsen traballa sotto il peso della propria inconsistenza.