Recensione Una giusta causa

Quando la forza delle idee può guidare il cambiamento sociale

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Negli ultimi anni si è assistito a una crescita della sensibilizzazione di confronti dei temi legati alla cosiddetta “diversity”, in particolare per quanto riguarda le discriminazioni sul genere femminile, tanto da chiedersi: davvero, dopo anni di lotte e un’evoluzione culturale esponenziale, c’è ancora la necessità di difendere i diritti delle donne?

La crescita di un Paese è determinata dal cambiamento della sua mentalità radicata e quindi dal suo sistema di regole. Ce lo spiega bene Mimi Leder (Deep Impact, The Peacemaker, ER), che alla regia di Una Giusta Causa, ci racconta nel suo biopic la storia di Ruth Bader Ginsburg (interpretata perfettamente da Felicity Jones), un personaggio iconico nella spinta al cambiamento sociale, una delle quattro donne che hanno mai fatto parte dei giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti.


Per calarsi al meglio nel personaggio, la Jones ha avuto la fortuna di incontrare personalmente il giudice Ginsburg, andandola a trovare nella sua residenza a Washington.

Dopo l'incontro l'attrice ne è rimasta affascinata e possiamo sicuramente affermare che la connessione che si è creata tra le due donne abbia influito sull'interpretazione del personaggio, molto credibile e vero sullo schermo. Ruth è una donna combattiva, ma il suo lato umano viene fuori nei momenti di difficoltà. Felicity Jones riesce a rendere le emozioni diverse che hanno fatto parte degli anni di studio e della carriera del giudice, riuscendo a trasmettere quella crescita e evoluzione che la donna (e il personaggio nel film) ha fatto per arrivare dove è ora. "Sono anni che cercavo una parte come questa" - ha dichiarato l'attrice - "un ruolo in cui il personaggio femminile è ferocemente devoto a quello che fa ma, allo stesso tempo, esplora il senso più pieno della sua vita e della sua natura".

Nella pellicola l’omaggio alla grandezza e alla forza di Ginsburg ci viene mostrato attraverso un assaggio della sua vita alla facoltà di Harvard (solo nove donne erano ammesse a studiare legge nella più prestigiosa facoltà americana) e della sua difficoltà nel cercare un lavoro in uno studio legale all’altezza della sua qualifica. La giovane Ruth è costretta a lavorare come insegnante, ruolo che ricoprirà per anni fino a quando non le si presenta il caso che stravolgerà non solo la sua carriera, ma determinerà un cambiamento nella storia legislativa degli Stati Uniti sulla parità dei diritti.


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Ruth sfrutta un piccolo caso tributario portato alla sua attenzione dal marito Martin (Armie Hammer), in cui al suo cliente Charles Moritz vengono negati 296 dollari di detrazione fiscale in quanto badante uomo. La legge di quegli anni, infatti, dava per scontato che chi si prendeva cura dei familiari fosse donna, in quanto abituate a stare a casa a ricoprire il ruolo di moglie e madre. Moritz, però, non essendo sposato rappresenta un’eccezione e quindi non può usufruire della detrazione prevista dalla legge. Con l’aiuto dell’ACLU (American Civil Liberties Union) porta il caso al tribunale federale, con la speranza che, decidendo per l’incostituzionalità della legge, creerebbe un precedente per tutti gli altri casi legati alle discriminazioni sul genere.

Un racconto lineare, si può definire semplice nel suo arco narrativo, ma al cui interno si percepisce la grandezza del personaggio e la determinazione al cambiamento di quel sistema giudiziario che tanto ammira da aver dedicato la sua vita ad adattarlo ai cambiamenti socio-culturali di più di mezzo secolo. E possiamo percepire la lotta del personaggio, non troppo calcata in un'evoluzione lenta, ma piuttosto concentrata in uno o due momenti salienti del film, che in questo modo riesce a condensare in due ore un'evoluzione umana e sociale che il personaggio del biopic ha rappresentato per se stessa e per l'America, in primis.

Nella sua arringa finale davanti ai giudici, in un’atmosfera di tensione resa perfettamente nel film e che ci prepara alla sua esplosione finale, Ruth ci mostra tutta la sua grandezza e ciò che diventerà nel corso degli anni, una ventata di cambiamento nel sistema legislativo. Qui Felicity Jones ci regala un'interpretazione carica di impatto, toccante e con un crescendo emotivo studiato al meglio.

Le scene dei processi hanno sempre una grande forza nel cinema, e qui possiamo ritrovare il senso di tutta la pellicola e l'omaggio che si è voluto fare alla protagonista.

L’America, si sa, è la terra dei sogni, il luogo che per secoli ha determinato per prima i più grandi cambiamenti. E Ruth Ginsburg, con la sua storia ce lo ricorda, perché un Paese ha il diritto di cambiare, di portare avanti quel progresso da cui riusciamo a vedere il percorso che la nostra cultura sta facendo.


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Recensione Una giusta causa
3

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Redazione

Recensione Una giusta causa

Con "Una giusta causa" ci troviamo da subito catapultati nella vita di Ruth Bader Ginsburg e scopriamo quanto i cambiamenti culturali sono frutto di un lungo processo non sempre facile. In questo modo conosciamo meglio le sue origini attraverso un racconto brillante ed entusiasmante.

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