Road House: il reboot che regala divertimento e grandi soddisfazioni
Divertimento assicurato per uno dei rari film che danno esattamente ciò che promettono
Prendete lo stesso humour scanzonato del film originale, diventato un cult solo grazie al suo iconico protagonista Patrick Swayze, e raddoppiatelo. Mantenendo sempre un tono scherzoso, anche nelle scene più drammatiche. Spostate l’ambientazione dal Missouri alle Florida Keys (con le riprese nella Repubblica Dominicana), dove troverete tutto un altro panorama ma anche uno stile di vita profondamente diverso.
Aggiungete combattimenti spettacolari, coreografati alla perfezione, raddoppiate anche la violenza, ma parallelamente accrescete la sensibilità umana del protagonista. Uno che ti mena ma poi ti porta anche in ospedale, per capirci.
Completate il tutto con un coccodrillo stanziale che vive sotto una casa galleggiante, ottimi effetti speciali e cattivi uno più divertente e insensato dell’altro.
Otterrete una rivisitazione di un film del 1989 in chiave moderna. In un’operazione che, al contrario di molte altre simili, ha davvero un senso.
La trama di Road House
La trama del reboot non è dissimile da quella del film originale: un ex pugile di nome Dalton (stavolta è Elwood Dalton e lo interpreta uno strepitoso Jake Gyllenhaal) ottiene un lavoro come buttafuori - pardon: “cooler”, la versione sofisticata di un buttafuori - in un locale alle Florida Keys chiamato Road House. La proprietaria è Frankie (Jessica Williams, la psicologa di Shrinking) e quando ha reclutato Dalton non gli ha detto proprio tutto. C’è infatti un boss locale, Ben Brandt (Game Night - Indovina chi muore stasera) che da tempo cerca di mettere le mani sul Road House per raderlo al suolo e costruirci. Dalton gli si oppone quando gli scagnozzi di Ben se la prendono con le persone sbagliate.
Con il nuovo duro del Road House, il divertimento è assicurato
Ci sono tanti motivi per cui il film di Doug Liman (The Bourne Identity, Swingers) dà grande soddisfazione allo spettatore.
Innanzitutto, troviamo esattamente ciò che ci aspettavamo, ma migliore delle aspettative sotto tutti i punti di vista.
Poi ci sono le battute, che sono davvero tante e sono divertenti, anche se sullo schermo non ride quasi mai nessuno perché c’è poco da ridere. La firma di Anthony Bagarozzi (già autore del divertentissimo The Nice Guys con Russell Crowe e Ryan Gosling) si vede.
Soprattutto, però, Road House è un film che dà grande, grande soddisfazione.
Vedere i bulli prenderle di santa ragione ha qualcosa di catartico. Scoprire che chi ha fatto il bello e il cattivo tempo approfittandosi dei più deboli ha finalmente trovato pane per i suoi denti, che i denti glieli fa saltare, dà la proverbiale gioia che la realtà raramente ci riserva. Almeno al cinema, fateci divertire. Anche se no, Road House non uscirà al cinema - sarebbe diventato un blockbuster, potete scommetterci - ma arriverà su Prime Video il 21 marzo in Italia, e in altri 240 Paesi.
Peccato per le sale cinematografiche, ma devo dire che anche una bella serie TV ci sarebbe stata gran bene.
Invece dobbiamo accontentarci di quasi 2 ore di scazzottate in cui il nostro Elwood Dalton le dà, ma ne prende anche tante. Tante che a volte pare quasi di sentirlo, il suo dolore. La regia ci dà una mano a immedesimarci con delle soggettive di chi è a terra ha un occhio pesto, ci vede doppio e sta per ricevere il colpo decisivo, che ci mettono in contatto con Dalton ancora di più, non fosse bastato il legame emotivo che scatta immediatamente, al primo scontro coi bulli.
Siamo al tappeto con lui, ma resistiamo. Del resto, la differenza fra un pugile e un criminale qualunque è che il pugile sa incassare.
Knox (un fenomenale Conor McGregor, vero pugile ed esperto di arti marziali che dev’essersi divertito come mai prima sul set) è uno spasso. Come tutti i criminali efficienti che si rispettino, ha qualche rotella fuori posto, cosa che lo rende ancora più incisivo. Anche Ben, figlio d’arte di criminale d.o.c., non è esattamente un genio del crimine, aumentando sia il divertimento che la verosimiglianza.
Dimenticatevi, infine, le numerose scene romantiche del 1989: qui l’interesse c’è, ma è marginale e al servizio della trama. Funziona alla grande proprio per questo.
Insomma: Road House non delude, anzi. Era da temo che non mi divertivo così vedendo un film di questo genere. E temo che ne passerà ancora molto, di tempo, prima che succeda ancora.