Rumors, recensione: il G7 come una barzelletta horror troppo lunga

Cate Blachett con la giacchetta color salmone alla Merkel, Charles Dance presidente degli Stati Uniti con spiccato accento inglese: la barzelletta di Rumors fa ridere solo nei primi 40 minuti.

di Elisa Giudici

Ci sono un italiano, un tedesco e un francese: Rumors somiglia parecchio a quelle barzellette il cui umorismo è basato su stereotipi nazionali così prevedibili, così caricaturali, ma spesso così radicati nella realtà dal non farci sentire troppo in colpa a riderne a riguardo. In questo caso le nazionalità sono 7, quelle dei membri del G7, radunati nel delizioso giardino di un castello tedesco per il loro consueto raduno annuale.

C’è una crisi, vaga e generica, ma d’altronde “c’è sempre una crisi”. Bisogna discutere dei temi caldi e redigere un comunicato congiunto. I leader cominciano a cenare in una dépendance a ridosso del bosco che circonda l’edificio. Qualche bicchiere di vino e chiacchiera informale più tardi, si dividono in gruppetti per lavorare alla bozza della dichiarazione congiunta finale.

Sotto stress per vicende personali, prima il premier francese e poi quello canadese di addentrano tra gli alberi. Una fitta nebbia si è alzata, gli attendenti e il personale di servizio sono scomparsi, la verzura si comincia a colorare di sinistre luci fluorescenti. Sta succedendo qualcosa di apocalittico e sovrannaturale là fuori, ma i sette potenti della terra sono così concentrati sulla loro bozza da rendersene conto molto, molto più tardi.

Ridotto ai minimi termini, Rumors è proprio quella barzelletta e a ben vedere parte dallo stesso presupposto: piazzare figurine rappresentative dei vizi e dei tic di ciascuna nazione in una situazione così fuori dall’ordinario da sollecitare le loro reazioni meno mediate, più aderenti allo spirito nazionale e quindi, più divertenti. La premessa surreale e un po’ nonsense è davvero brillante. Nel suo avvio Rumors è tutto grafiche leccatissime e montaggio sbarazzino nel presentare i propri premier e conquista alla prima inquadratura (la foto commemorativa dei leader).

I leader del G7 secondo Rumors: Blanchett, Dance e Ravello

Ha anche il gusto dell’assurdo: c’è per esempio un carismatico Charles Dance nei panni del vecchio presidente degli Stati Uniti veterano di guerra, e il film fa un riferimento molto divertito al suo perfetto accento britannico, che non si tenta nemmeno di mascherare. A tenere alti i colori italiani c’è Rolando Ravello, nei panni dello spaesato Antonio Lamorte, premier italiano volenteroso, con simpatie fasciste ma davvero poco preparato, circondato da nerd della politica che sanno a memoria le risoluzioni dei meeting precedenti.

A rappresentare la Francia c’è il sempre portentoso Denis Ménochet, un presidente coltissimo, ricercato, che non perde occasione per sottolineare la presunta superiorità della Francia sul Canada, che se la intende a meraviglia con l’omologa tedesca tagliando fuori l'Italia, come da programma. È Cate Blanchett a interpretare una cotonatissima cancelliera tedesca. La giacchetta color salmone tradisce l’ispirazione merkelliana e tutto sommato la versione glamour e segretamente eccitata di Angela funziona.

Occupa un ruolo molto rilevante il premier canadese, interpretato da Roy Dupuis. D’altronde questa è una produzione canadese e tedesca. Il suo Maxime è un premier coraggioso ma incline alle fughe melodrammatiche, invischiato in svariate tresche amorose, innamorato della collega della commissione europea (Alicia Vikander).

Perché sì, in fondo della politica a chi ha scritto Rumors interessa poco, meno del giusto. Altrimenti non si spiega come il film ci proponi la tesi più incredibile di tutte: che tutti i leader del G7 sono competentissimi, magari un po’ noiosi burocrati, ma così preoccupati dal redigere una risoluzione congiunta dal continuare a farlo anche mentre vengono trasportati mezzi deliranti su una carriola in mezzo ai boschi, mentre schiacciano un sonnellino a tavola, mentre si avvicina a grandi passi la fine del mondo. Man mano che procede il film sembra essere più divertito dalle sue tresche che profumano un po’ di soap opera, complice anche l’utilizzo di un montaggio e di musiche molto enfatiche, coniugate a una fotografia sovraesposta e talvolta un po' smarmellata.

Rumors non è abbastanza sviluppato per reggere il suo minutaggio

Il problema è che l’idea ha la benzina necessaria per funziona per 40 minuti: un mediometraggio. Invece il film si trascina per ben due ore di durata, ripetendo all’infinito le situazioni di alleanza e contrasto che ha imbastito nella prima parte, indeciso su che strada prendere, esattamente come i suoi protagonisti perduti nei boschi.

La scrittura viene messa talmente alle strette dalla necessità di dover arrivare a una soluzione che a un certo punto le cose semplicemente succedono, senza una ragione logica (o quantomeno divertente), per permettere ai leader del G7 di raggiungere il luogo in cui si consumerà il gran finale apocalittico, anche questo strappato via un po’ alla carlona.

Il regista e lo sceneggiatore Guy Maddin (coadiuvato nella direzione dal collega Evan Johnson) sviluppa in un lungometraggio un’idea che sembra una sparata divertente uscita durante una cena tra amici in cui si è bevuto un po’ più del solito. Il suo errore è però quello di non riuscire a sviluppare abbastanza la storia da darle il passo necessario a essere un film convincente. Rumors spreca un bel cast e una grande idea e alla fine, pur facendo ridere, somiglia tanto a una quantità di burro stesa su uno strato sottilissimo che comunque non riesce a condire l’intero tocco di pane che dovrebbe ricoprire,