Rush
di
Roberto Vicario
Il cinema ha sempre attinto a piene mani dal mondo delle rivalità, da quelle storiche, passando per quelle politico/giornalistiche - vedi Frost/Nixon - sino ad arrivare a quelle sportive, le storie raccontate sono state molte. Quest'ultime, in particolare, pur non avendo mai attecchito particolarmente sul grande schermo, sono sempre state oggetto di culto e profana adorazione da parte di registi e sceneggiatori.
L'arrivo di Ron Howard, regista amante di quel cinema classico, asciutto ma mai antico, all'interno del circus della Formula 1, ha quindi spiazzato i più, che pensando a Rush, temevano un prodotto poco profondo, e lontano da quello che per molti vuol dire questo sport.
A rendere ancora più complessa, se vogliamo, la situazione é stata anche la scelta da parte del regista di entrare in questo microcosmo direttamente dalla porta principale, portando su schermo una delle rivalità storiche e più importanti di questo sport, un testa a testa che ha infiammato la Formula 1 degli anni '70, non solo in pista ma anche lontano da motori e curve a tutta velocità.
In Rush, Howard racconta della storica rivalità tra James Hunt (Chris Hemsworth) e Niki Lauda (Daniel Bruhl), un confronto che, come dicevamo, si é spinto ben oltre l'asfalto dei circuiti di mezzo mondo, e che ha portato i due piloti a spingere la loro esistenza oltre il limite, portandoli a compiere gesti estremi che hanno cambiato le loro vite per sempre.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, l'ex Happy Days, utilizza la macchina da presa per indugiare all'interno dei due protagonisti, proponendo soluzioni visive ed inquadrature che raccontano più l'uomo del pilota. Perché la sostanza, quella che traspare dal film, é legata allo scontro tra filosofie di vita. Da una parte il genio e la sregolatezza del donnaiolo pilota inglese, dall'altra la rigidità e la dedizione al lavoro del campione austriaco.
Due mondi in collisione che vengono perfettamente raccontati da Howard, che predilige una visione meno “realistica” delle corse e del paddock, a favore di una sceneggiatura che spinge lo spettatore a vivere completamente lo scontro tra due mentalità che hanno rubato e influenzato completamente la scena in quegli anni.
Merito della riuscita di questa storia, oltre alla sceneggiatura di Peter Morgan, va data ai due attori. Sebbene intrisi di retorica - mai spicciola ad onor del vero - i dialoghi e gli sguardi tra i due attori sono pieni di pathos e ricchi di quella carica di adrenalina che riesce ad arrivare anche al pubblico in sala. A questo si aggiunge un contorno, a livello scenografico, che pur spingendo più sull'elemento “glamour” del circus della Formula 1, grazie ad una cura nei particolari non indifferente, riesce comunque a rendere vivo e credibile il contesto in cui i due piloti consumano la loro rivalità. Persino le spalle, su tutti il nostro Pierfrancesco Favino nei panni di Clay Regazzoni, sono elementi che servono per rendere ancora più viva e credibile una storia che come dice il Lauda interpretato da Bruhl "é tanto assurda da non sembrare vera".
Una storia, che pur indugiando come detto nell'uomo non dimentica il lato del pilota, offrendo una visone anche in questo caso diametralmente opposta di filosofie di vita, accomunate dalla passione di voler sfidare costantemente la morte. Da una parte le fredde percentuali di chi rischia per semplice dedizione al lavoro e dall'altra la follia pura di chi, probabilmente, sa di non avere nulla da perdere. E così ci ritroviamo a vivere gioie e drammi di persone che, riprendendo sempre una frase del film, “...per cercare la normalità, cercano di uccidersi correndo in macchina.”
Un plauso va fatto anche alle due spalle femminili del film che attraverso i loro occhi riescono a raccontare quello che vuol dire, vivere e subire esternamente, la rivalità tra due persone che vivono la loro vita sapendo di poterla perdere in qualsiasi momento.
Rush é quindi un film che, pur non seguendo il rigore tecnico che magari qualche appassionato si aspetterebbe da un film sul mondo delle F1, riesce a rapire dall'inizio alla fine grazie ad un ritmo serrato, una coppia di attori in perfetta alchimia e scelte di regia che riesco a mozzare il fiato - la immagini finali sul circuito di Fuji sono da antologia del cinema -. Un film che apre alla grande la nuova stagione cinematografica e che consigliamo a tutti di andare a vedere, appassionati e non di Formula 1.
Biglietti: 4/5
L'arrivo di Ron Howard, regista amante di quel cinema classico, asciutto ma mai antico, all'interno del circus della Formula 1, ha quindi spiazzato i più, che pensando a Rush, temevano un prodotto poco profondo, e lontano da quello che per molti vuol dire questo sport.
A rendere ancora più complessa, se vogliamo, la situazione é stata anche la scelta da parte del regista di entrare in questo microcosmo direttamente dalla porta principale, portando su schermo una delle rivalità storiche e più importanti di questo sport, un testa a testa che ha infiammato la Formula 1 degli anni '70, non solo in pista ma anche lontano da motori e curve a tutta velocità.
In Rush, Howard racconta della storica rivalità tra James Hunt (Chris Hemsworth) e Niki Lauda (Daniel Bruhl), un confronto che, come dicevamo, si é spinto ben oltre l'asfalto dei circuiti di mezzo mondo, e che ha portato i due piloti a spingere la loro esistenza oltre il limite, portandoli a compiere gesti estremi che hanno cambiato le loro vite per sempre.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, l'ex Happy Days, utilizza la macchina da presa per indugiare all'interno dei due protagonisti, proponendo soluzioni visive ed inquadrature che raccontano più l'uomo del pilota. Perché la sostanza, quella che traspare dal film, é legata allo scontro tra filosofie di vita. Da una parte il genio e la sregolatezza del donnaiolo pilota inglese, dall'altra la rigidità e la dedizione al lavoro del campione austriaco.
Due mondi in collisione che vengono perfettamente raccontati da Howard, che predilige una visione meno “realistica” delle corse e del paddock, a favore di una sceneggiatura che spinge lo spettatore a vivere completamente lo scontro tra due mentalità che hanno rubato e influenzato completamente la scena in quegli anni.
Merito della riuscita di questa storia, oltre alla sceneggiatura di Peter Morgan, va data ai due attori. Sebbene intrisi di retorica - mai spicciola ad onor del vero - i dialoghi e gli sguardi tra i due attori sono pieni di pathos e ricchi di quella carica di adrenalina che riesce ad arrivare anche al pubblico in sala. A questo si aggiunge un contorno, a livello scenografico, che pur spingendo più sull'elemento “glamour” del circus della Formula 1, grazie ad una cura nei particolari non indifferente, riesce comunque a rendere vivo e credibile il contesto in cui i due piloti consumano la loro rivalità. Persino le spalle, su tutti il nostro Pierfrancesco Favino nei panni di Clay Regazzoni, sono elementi che servono per rendere ancora più viva e credibile una storia che come dice il Lauda interpretato da Bruhl "é tanto assurda da non sembrare vera".
Una storia, che pur indugiando come detto nell'uomo non dimentica il lato del pilota, offrendo una visone anche in questo caso diametralmente opposta di filosofie di vita, accomunate dalla passione di voler sfidare costantemente la morte. Da una parte le fredde percentuali di chi rischia per semplice dedizione al lavoro e dall'altra la follia pura di chi, probabilmente, sa di non avere nulla da perdere. E così ci ritroviamo a vivere gioie e drammi di persone che, riprendendo sempre una frase del film, “...per cercare la normalità, cercano di uccidersi correndo in macchina.”
Un plauso va fatto anche alle due spalle femminili del film che attraverso i loro occhi riescono a raccontare quello che vuol dire, vivere e subire esternamente, la rivalità tra due persone che vivono la loro vita sapendo di poterla perdere in qualsiasi momento.
Rush é quindi un film che, pur non seguendo il rigore tecnico che magari qualche appassionato si aspetterebbe da un film sul mondo delle F1, riesce a rapire dall'inizio alla fine grazie ad un ritmo serrato, una coppia di attori in perfetta alchimia e scelte di regia che riesco a mozzare il fiato - la immagini finali sul circuito di Fuji sono da antologia del cinema -. Un film che apre alla grande la nuova stagione cinematografica e che consigliamo a tutti di andare a vedere, appassionati e non di Formula 1.
Biglietti: 4/5