Soldado
Se Sicario era completamente incentrato sul narcotraffico che le organizzazioni criminali messicane preparavano e disponevano lungo il confine con gli Stati Uniti, Soldado torna a parlare di quelle mafie. Stavolta però si parte dal legame che hanno con i fondamentalisti islamici che hanno giurato morte all’America. Di quella relazione si perde quasi subito traccia, tornando sul percorso già ampiamente esplorato di cowboys e indiani: americani e narcos. Civiltà contro fiere selvagge. Non è così, in fondo. Ma nemmeno superficialmente. Quello che il regista Stefano Sollima ha chiarito immediatamente è che anche i cowboy possono infrangere le regole. Ed è dall’alto, che più alto non si può, che arriva l’ordine. Sconfiggere i narcos che trafficano droga, armi e persone attraverso tutte le armi ed azioni possibili: legali e non. Da qui si sviluppa l’action-thriller, Soldado.
Josh Brolin cita sé stesso in American Gangster (2008) quando dice nel film: “Sono speciale”. E’ lui l’uomo dell’esercito che orchestra tutta la guerra al narcotraffico latino. Per vincere la guerra si affida ad un personaggio costruito bene nel primo capitolo della saga (Sicario, ndr), Alejandro. L’ex procuratore a cui i narcos hanno ucciso la famiglia è interpretato da un ottimo Benicio Del Toro, ed è forse lui l’elemento di sceneggiatura costruito meglio nella pellicola. Taylor Sheridan ha giocato in casa: essendo lo sceneggiatore del primo film, conosce meglio di tutti i personaggi. Quello di Alejandro risulta essere un omicida, tuttavia romantico. Da una parte il suo modo d’essere è talmente mesto e rassegnato, che il pubblico non può far a meno di tenere per lui. I cartelli della droga gli hanno tolto tutto quello che amava e di cui aveva bisogno, la sua famiglia. Dall’altra, però, ha una renitenza alla sconfitta veramente notevole, il che lo rende nel complesso un personaggio ricco di pathos. Pur essendo silenzioso, essenziale.
La presenza nella sceneggiatura di semi-inetti politici che autorizzano o meno le operazioni e dall’altra parte di criminali senza un briciolo di etica e senza scrupoli, indirizza il pubblico in sala a vedere le cose in un certo modo, ad essere di parte. Questa forse è la debolezza maggiore del film, che intraprende una strada – quella del terrorismo islamico – senza approfondirla. Scordandosene proprio, dopo pochi minuti dall’inizio. Come nel primo film, vi è la presenza di due filoni narrativi. Esattamente come nella prima pellicola, lo sbilanciamento verso una parte della storia è una grande realtà, facendo quasi dimenticare cosa capiti nel nucleo familiare del giovane ispano-americano. Un ragazzino che sarà assolutamente centrale nel proseguo della storia.
Quello che stupisce positivamente è la parte tecnica intorno alla regia: la fotografia è di buon livello, il montaggio altrettanto. Essendo un film anche d’azione e sparatutto, il montaggio sonoro è ben organizzato. Anche la regia di Sollima ha alcuni picchi positivi. Le riprese fatte dall’elicottero sono notevoli. Forse si sarebbe potuto far qualcosa di più al buio completo (un must del tema è Zero Dark Thirty, di Kathryn Bigelow), ma le scene al tramonto sono grandi momenti. Le luci del deserto aiutano, poi…