Solo Leveling -ReAwakening-: la catarsi dell’eroe “figo” che si piange addosso
Solo Leveling -ReAwakening- viene dalla Corea e forse proprio per questo sintetizza alcuni tratti non proprio rassicuranti del nuovo eroe degli anime.
Dentro Sung Jinwoo, il protagonista di Solo Leveling, si sentono vibrare frammenti dei grandi protagonisti degli anime shounen degli ultimi 20 anni. Light Yagami, Lelouch Vi Britannia e ovviamente Eren Yaeger. I grandi antieroi sedotti dalla brama di potere passati però attraverso il frullatore degli isekai. Il che è sintomatico di per sé, dato che pur essendo prodotto e animato in Giappone, il film che sintetizza le prime stagioni di Solo Leveling è basato su una serie di romanzi coreani pubblicati da case editrici e riviste digitali, ovvero le web novel.
Solo Leveling è un portal fantasy e strizza l’occhio in molti processi narrativi proprio al mondo dei videogiochi, pur avendo un impianto classico da anime shounen. -ReAwakening- è la classica operazione cinematografica molto amata dal pubblico giapponese: un lungometraggio che sintetizza una stagione e più dell’anime, in questo caso poi regalando al pubblico in anteprima due episodi della seconda. Non è l’approccio più lusinghiero per far risaltare una narrazione, dato che giocoforza deve sintetizzare in maniera brutale il racconto, in modo da essere fruibile anche da chi sia completamente all’oscuro dei presupposti dell’intera storia. In un’apparante contraddizione così tipicamente giapponese, il pubblico primario di questo tipo di operazioni sono i fan originali, attirati in sala dalla possibilità di vivere una versione condensata della storia con animazioni migliori della controparte televisiva. Pur essendo il pubblico che conosce integralmente la storia, avendola vissuta nella sua versione estesa e, si auspica, migliore.
Solo Leveling -ReAwakening- come film in sé ha davvero poco appeal, a meno di non essere già fan dei romanzi originali o dell’anime, o ancora di avere intenzione di buttarsi a capofitto nella stagione due dello stesso senza aver visto la prima: in questo caso è un riassuntone di pregio. Le animazioni e la regia sono dignitose, ma lontane dai picchi cinematografici raggiunti da operazioni simili fatte da altre serie. Penso per esempio a un lungometraggio superbamente animato e attentamente pianificato come Demon Slayer -Kimetsu no Yaiba- The Movie: il treno Mugen, la cui trama si prestava molto di più alla riduzione cinematografica.
L’avvio in particolare soffre moltissimo la necessità di spiegare contemporaneamente le regole di base di questo mondo e contemporaneamente presentare un episodio cruciale per la vita di Sung Jinwoo. Episodio spiegato così approssimativamente che ci si continua a interrogare su quanto accaduto esattamente nel doppio dungeon per buona parte del film. In estrema sintesi: in questo mondo si aprono dei portali che danno l’accesso a dungeon con risorse preziose, ma pieni di mostri. Alcuni umani hanno i poteri per combatterli. Questa emergenza si trasforma in un lavoro, in un business, con tanto di offerte di lavoro e truffe annesse e connesse. Il protagonista Sung Jinwoo entra nei dungeon per mantenere la propria famiglia, anche se è “l’arma più debole dell’umanità”, in quanto le sue capacità sono minime.
La struttura classica è quella del shounen di combattimento: classi e livelli di potenza, varie abilità fisiche e magiche, scontri in cui salire di livello (da titolo), opposte fazioni, antagonisti fortissimi che il protagonista pian piano si avvicinerà a sfidare. C’è di mezzo però un decennio di frustrazione isekai, di eroi che si sentono dei falliti, che muoiono in un mondo da cui si sentono esclusivi e si risvegliano altrove, trovando finalmente il loro posto. Nel famoso e fumoso antefatto Sung Jinwoo vive il “secondo risveglio” e scopre che, a differenza degli altri hunter che entrano nei dungeon, ora lui può salire di livello.
L’aspetto affascinante di una storia abbastanza banale e farraginosa - che pesca a piene mani da Yu-Gi-Oh!, dagli shounen di combattimento e dagli eroi moralmente eccepibili di Takeshi Obata e Isayama - è che pur professandosi come l’ultimo degli sfigati, Sung Jinwoo non lo è mai davvero. La sua ascesa comincia da un tradimento che si compie nel doppio dungeon di cui è vittima, tradimento che lo rende un giocatore speciale, unico, potenzialmente potentissimo.
Così lui continua a parlare dell’ingiustizia del mondo reale e di quello dei dungeon, della legge del più forte, quando capisce da sé che il sistema stesso in qualche modo lo protegge. In breve tempo ammassa una quantità di potere tale da renderlo letale, pericolosissimo.
In teoria sarebbe un cautionary tale di un eroe che diventa più potente pescando dal suo lato oscuro ma deve stare attento perché quest’ultimo potrebbe prendere il sopravvento, un po’ come succedeva a Ichigo Kurosagi in Bleach con la sua controparte diabolica. Tuttavia questa parte della storia rimane embrionale, dato che Sung Jinwoo sembra sempre assolutamente in controllo.
La storia alimenta il suo vittimismo, il suo ego e quello degli spettatori mettendogli davanti una serie infinita di autentiche canaglie che, immaginandolo ancora debole, puntano a ucciderlo nel peggiore dei modi. Così quando lui li uccide è pienamente giustificato, è un vessillo di giustizia che alimenta la sua e la nostra voglia di rivalsa. Non si sporca mai davvero le mani, ma la storia gli dà tutte le scusanti per essere vendicativo e permaloso come un bambino petulante. Ma rivalsa da cosa, viene da chiedersi, quando Sung Jinwoo è un protetto del gioco e pian piano non solo diventa più potente, ma persino più alto, più statuario, più figo?
Se solo Solo Leveling -ReAwakening- non collassa nel territorio della noia è perché la sua storia è costruita per avere continui rilanci e colpi di scena, ma soprattutto per non mettere mai davvero in difficoltà il suo protagonista. Il punto di questa operazione è forse la catarsi di chi dall’altra parte dello schermo vive le stesse frustrazioni di questo giovane debole fisicamente, costretto a farsi forza per guadagnare i soldi necessari a mantenere la madre malata e far studiare la sorella, senza uno scopo personale, una passione extra lavorativa, una connessione umana nella vita. È il tripudio del piangersi addosso quando si pesca dal mazzo di carte l’asso finale, senza nemmeno una controparte antagonista altrettanto sveglia e cool per tenerti testa. Perché il punto non è nemmeno più provare alla tua nemesi che sei il più figo e intelligente, ma esserlo di default, per mancanza di concorrenza, lamentandosi di quanto il mondo sia ingiusto.
Una nota di demerito all'edizione italiana. Nel corso del film ci sono innumerevoli schermate di testo in inglese che il sistema / il gioco che regola i dungeon propone al protagonista. Schermate che non sono tradotte né sottotitolate, tra l'altro in più frangenti proposte a velocità elevata, privando chi non ha un'ottima padronanza dell'inglese di informazioni importanti per seguire la già tortuosa storia.