Sonic 3 se la cava grazie a un caotico, irresistibile Jim Carrey: la recensione del film

Sonic 3 è a cavallo tra un tradizionale film per i più piccoli e il solito mescolone postmoderno di citazioni pop, almeno fino a quando non entra in scena Jim Carrey.

di Elisa Giudici

A livello qualitativo l’aggettivo che definisce meglio Sonic 3 è inconsenquenziale. Per alcuni può essere un pregio, per come la pellicola scorra via senza intoppi, perfettamente lubrificata per donare un’esperienza cinematografica sciolta, rilassata, senza frizioni. Per altri un mortale difetto, perché il riccio blu corre sì velocissimo, ma si lascia dietro poco o niente, con una storia garbata e divertente il giusto, ma il scopo sembra appunto quello più che da far da scaccia pensieri, proprio di non formarli in partenza.

Sonic 3: più che riccio, gallina dalle uova d’oro

C’è qualcuno per cui il franchise di Sonic è tutt’altro che inconsequenziale: Sony, che ha trovato nel riccio blu la sua gallina dalle uova d’oro. Nonostante gli intoppi iniziali nella resa estetica del personaggio (che al lancio delle prime immagini del film fondativo suscitò un’ondata d’indignazione online), quella di Sonic nel tempo si è consolidata come una saga capace d’incassi importanti, a fronte di costi contenuti. Una formula che Sony stessa non è riuscita a replicare altrove con lo stesso successo, vedi gli alti e bassi al botteghino dell’universo cinematografico dedicato ai villain di seconda fascia dell’universo di Spider-Man. Per non parlare del baratro apertosi sul fronte della critica per Venom, Madame Web, Morbius e soci.

Cosa rende accettabile un film di limitate ambizioni come Sonic 3 ma trasforma un pastrocchio come Kraven - Il cacciatore nel bersaglio dell’irrisione generale, facendogli infilare un sonoro flop al botteghino? Difficile a dirsi, a questo punto. Forse la solidità di Sonic 3 e dei suoi predecessori sta tutta nel rivolgersi con schietta onestà ai propri pubblici di riferimento.

In apertura del terzo capitolo per esempio ci troviamo in tutto e per tutto di fronte a un film per bambini, pieno di dialoghi che rafforzano messaggi positivi di amore e fratellanza e gag giocose, di quell’ironia immediata e elementare propria dei bambini. Sonic e i suoi amici alieni sono un trio di fratellini adottivi guidati dalla coppia di genitori umani che fanno loro da famiglia, con feste di compleanno, scherzi e immancabile scena in cui qualcuno fa tap tap sul petto del protagonista e gli dice che ciò che è e sarà dipende da quello che c’è dentro il suo petto.

La new entry della pellicola è Shadow, potentissimo riccio alieno dalla palette cromatica e dal carattere ombroso, come da nome. La trama che lo riguarda è la più scarna possibile, figlia di un mondo videoludico ormai lontanissimo in cui bastavano poche righe di racconto in un box informativo per dare il via a un’avventura. In originale Shadow ha la voce profonda e ombrosa di Keanu Reeves, che va ad aggiungersi al notevole cast vocale della versione inglese. Essendo il film pensato per il pubblico dei più piccoli ma anche estremamente consapevole dei trend cinematografici attuali, nel giro di pochi minuti mette Shadow su una scintillante moto nera in cui sfreccia via nella notte di Tokyo, strizzando più di un occhiolino sia al personaggio dei primi giochi di Sonic sia a quello di John Wick del suo doppiatore. Riferimenti che in parte probabilmente nel doppiaggio italiano andranno persi, a meno che non venga scelto proprio Luca Ward per doppiare Shadow.

Jim Carrey porta il giusto caos creativo in Sonic 3

La parentesi giapponese del film permette alla pellicola di Jeff Fowler (regista che ha esordito con il primo Sonic e la cui filmografia consta solo di film di questo franchise) di indulgere ancor più del solito nel citazionismo laterale di cui è impregnato il cinema d’oggi, tra riferimento a Hello Kitty e Godzilla a connessione videludiche ad altre saghe Sega. Butta oggi lì una battuta sui picchiaduro alla Dead o Alive e Street Fighter, domani aggiungi un easter egg e magari dopodomani fai partire un altro franchise di successo su uno dei titoli “nostalgia” del tuo catalogo.

Dopo una prima parte prettamente dedicata al pubblico dei più piccoli, il film comincia a parlare la lingua di chi al cinema ci è andato per nostalgia, per orgoglio generazionale di essere appartenuto alle schiere di ragazzini e adolescenti che consumarono i polpastrelli sui giochi Sega. Sonic è un film che manca completamente di sottigliezza nei suo scopi, per cui infila perfino uno scambio tra gli umani del film che si danno un cinque alto proclamando che “La generazione anni ‘90 è la migliore generazione”. Non è così difficile intuire anche i passaggi in cui se non strizza l’occhio, almeno fa un lieve accenno col capo di altri gruppi d’interesse che ne hanno decretato il successo: la comunità furry, il pubblico queer.

Fin qui Sonic 3 scorre senza nessuna sorpresa, ma ancora una volta è Jim Carrey a sparigliare le carte nei panni di Robotnik. Doppi panni, perché, infrangendo la quarta parte in un passaggio che sarebbe odioso, se non fosse che la storia cinematografica di Carrey lo giustifica ampiamente, è lui a ricordarci d’interpretare anche il professor Gerald Robotnik, nonno dei cattivo dei primi due film. Un attore, due ruoli caratterizzati da costumi in spandex estrosi, invecchiamento protestico e gadget da vero cattivo videoludico anni ‘90.

Personaggi come questi - eccessivi, melodrammatici, col pancione tondo e il baffo appuntito - sono pane per i denti di Jim Carrey. Un interprete che potrebbe gestire passaggi di ben altra complessità, ma nel decennio attuale Carrey ha deciso che il suo ruolo su grande schermo sarà questo: agente del caos creativo e comico in una saga che è ben al di sotto del suo livello e che lui, film dopo film, porta a svolte inaspettate, dandogli a tratti persino spessore e solidità emozionale per gli adulti in sala.

Nell’arco finale in cui Carrey prende in mano il film c’è per esempio tutto uno scambio che dalla commedia slapstick diventa improvvisamente tra il cinico e il melò sul senso d’abbandono di un orfano senza connessioni (ovvero l’incipit dei personaggi di Sonic e di Shadow), con un ambiguo ma gustosissimo excursus sulla sua relazione con il fedele lacché e assistente Wade, interpretato da Adam Pally. Tutto a uso e beneficio del pubblico adulto in sala, mentre i ricci alieni continuano a salvare il mondo e a divertire i piccoli in sala.