Southpaw - L'ultima sfida
di
Guardare il pugile Billy “The Great” Hope muoversi sul ring, é una cosa sublime. La boxe é una danza molto particolare: di testa, precisa, in cui niente é perdonabile e tutto é estremamente violento. Proprio per questo motivo, Hollywood ha sempre trovato affascinante raccontare storie attorno a questo sport, tirando fuori dal cilindro veri e propri capolavori come Million Dollar Baby, Toro Scatenato ma soprattutto Rocky. Giusto per citarne qualcuno.
Fuqua, molto probabilmente, sapeva che per convincere doveva spingersi oltre. Cercare un appiglio che gli permettesse di creare qualcosa di mai visto. Proprio per questo motivo, insieme a Kurt Sutter (sceneggiatore di Sons of Anarchy) si sono messi a tavolino per cercare una storia in grado di rendere credibili gli atleti, ma allo stesso tempo rendere veri gli uomini dietro a quei guantoni…ed in parte ci sono riusciti.
Southpaw - L'ultima sfida, é la storia di Billy “The Great” Hope (Jake Gyllenhaal), imbattuto campione del mondo nella categoria di pesi massimi leggeri. Dopo le difficoltà dell'infanzia, passate all'interno di un orfanotrofio, Hope ha saputo rialzarsi, crearsi una famiglia e sfruttare lo sport come trampolino di rivalsa.
Tutto però verrà messo in discussione da una tragedia che porterà Billy a perdere il suo manager, interpretato dal rapper “50 cent”, e a dover ripartire dal basso sfruttando gli allenamenti di Tick Willis, allenatore di una palestra amatoriale interpretato da Forest Whitaker. Quello sarà il primo passo per riprendersi la sua vita personale e professionale.
Southpaw nella prima parte delle oltre due ore di pellicola, sembra un film diverso, lontano da quelli che sono stati in passato film legati al mondo sportivo. Gran parte del merito va dato alla coppia Fuqua/Gyllenhaal; la prova fisica e recitativa dell'attore di Los Angeles é davvero fuori parametro. Il suo Hope mette in mostra tutte le fragilità interiori, camuffate da uno stile sul ring aggressivo e sconsiderato, in cui la difesa non esiste, ma incassare pugni serve per caricarsi e rilasciare la rabbia per vincere attraverso fragorosi KO.
Fuqua si mostra inoltre un regista dalla mano delicata, che riesce a raccontare la storia che circonda il protagonista attraverso i dettagli. Le ferite, i dolori, la carne sui cui si formano i lividi, gli occhi gonfi e sanguinanti, sono dei costanti riferimenti al dolore che Hope si troverà a dover affrontare per tornare a vedere la luce. Fuqua però, avendo praticato lui stesso pugilato, si é rivelato un regista attento ai dettagli sullo stesso ring, negli allenamenti, e nei dialoghi più tecnici agli angoli tra atleti ed allenatori.
Questo rende ancora più credibili i match che vengono proposti al pubblico, facendogli sentire le vibrazioni della carne e i muscoli che si tendono.
Il tutto é reso ancora più credibile da interpretazioni davvero ottime da parte di tutti gli attori coinvolti. Oltre al già citato Gyllenhaal, Rachel McAdams e Forest Whitaker, rispettivamente moglie e allenatore del pugile, metto in campo ottimi personaggi, dotati di un forte spessore e tasselli fondamentali per raccontare la lucida follia che alberga nella mente di un uomo che l'unica cosa che scopre di saper fare nella sua vita é boxare.
E' quindi un peccato scoprire che Southpaw va a scontrarsi, nella seconda metà della pellicola, nel più banale degli errori che si potevano compiere, ovvero quello di vivere gli stereotipi del genere in cui la caduta equivale ad una risalita da vincitore. Nulla di sbagliato nell'ottimo messaggio che si prova a trasmettere, soprattutto se paragonato alla vita di Hope, ma l'errore del film é quello di cadere in terribili cliché che non colpiscono, lasciano ampiamente prevedere il finale e soprattutto appesantiscono un parte centrale in maniera inutile.
Un vero peccato, ulteriormente esaltato da una fotografia che alla pari della regia e della recitazione risulta azzeccata: sporca, diretta, cupa. Esattamente come una colonna sonora che curata per buona parte da Eminem - inizialmente previsto nel progetto come attore protagonista - trasmette perfettamente lo stile e il carattere di questo sport.
Southpaw - L'ultima Sfida, in sostanza, non é affatto un brutto film. Nonostante qualche momento a vuoto, arriva in fondo e spinge lo spettatore sino alla fine nonostante la durata tutt'altro che contenuta. L'errore é quindi lo stesso di tanti altri prodotti di genere: la sceneggiatura. Lo script di Sutter vanifica in parte il lavoro svolto da tutto il resto del cast, trasformando Southpaw in un derivato di tanti altri prodotti già visti, e dall'esito ancora una volta conosciuto, in cui solamente il contesto in cui ci si trova a doversi rialzare, cambia.
Un peccato, sicuramente non “mortale”, ma che va comunque sottolineato. Se siete amanti della boxe o dei drammi che ti portano dalle stelle alle stalle (con risalita!) Southpaw - L'ultima Sfida avrà sicuramente tanti elementi che apprezzerete, per tutti gli altri, alla fine, tutto avrà quell'amarissimo sapore di già visto.
Fuqua, molto probabilmente, sapeva che per convincere doveva spingersi oltre. Cercare un appiglio che gli permettesse di creare qualcosa di mai visto. Proprio per questo motivo, insieme a Kurt Sutter (sceneggiatore di Sons of Anarchy) si sono messi a tavolino per cercare una storia in grado di rendere credibili gli atleti, ma allo stesso tempo rendere veri gli uomini dietro a quei guantoni…ed in parte ci sono riusciti.
Nella vita bisogna saper incassare
Southpaw - L'ultima sfida, é la storia di Billy “The Great” Hope (Jake Gyllenhaal), imbattuto campione del mondo nella categoria di pesi massimi leggeri. Dopo le difficoltà dell'infanzia, passate all'interno di un orfanotrofio, Hope ha saputo rialzarsi, crearsi una famiglia e sfruttare lo sport come trampolino di rivalsa.
Tutto però verrà messo in discussione da una tragedia che porterà Billy a perdere il suo manager, interpretato dal rapper “50 cent”, e a dover ripartire dal basso sfruttando gli allenamenti di Tick Willis, allenatore di una palestra amatoriale interpretato da Forest Whitaker. Quello sarà il primo passo per riprendersi la sua vita personale e professionale.
Southpaw nella prima parte delle oltre due ore di pellicola, sembra un film diverso, lontano da quelli che sono stati in passato film legati al mondo sportivo. Gran parte del merito va dato alla coppia Fuqua/Gyllenhaal; la prova fisica e recitativa dell'attore di Los Angeles é davvero fuori parametro. Il suo Hope mette in mostra tutte le fragilità interiori, camuffate da uno stile sul ring aggressivo e sconsiderato, in cui la difesa non esiste, ma incassare pugni serve per caricarsi e rilasciare la rabbia per vincere attraverso fragorosi KO.
Fuqua si mostra inoltre un regista dalla mano delicata, che riesce a raccontare la storia che circonda il protagonista attraverso i dettagli. Le ferite, i dolori, la carne sui cui si formano i lividi, gli occhi gonfi e sanguinanti, sono dei costanti riferimenti al dolore che Hope si troverà a dover affrontare per tornare a vedere la luce. Fuqua però, avendo praticato lui stesso pugilato, si é rivelato un regista attento ai dettagli sullo stesso ring, negli allenamenti, e nei dialoghi più tecnici agli angoli tra atleti ed allenatori.
Fuqua si mostra un regista dalla mano delicata, raccontando la storia che circonda il protagonista attraverso i dettagli
Questo rende ancora più credibili i match che vengono proposti al pubblico, facendogli sentire le vibrazioni della carne e i muscoli che si tendono.
Il tutto é reso ancora più credibile da interpretazioni davvero ottime da parte di tutti gli attori coinvolti. Oltre al già citato Gyllenhaal, Rachel McAdams e Forest Whitaker, rispettivamente moglie e allenatore del pugile, metto in campo ottimi personaggi, dotati di un forte spessore e tasselli fondamentali per raccontare la lucida follia che alberga nella mente di un uomo che l'unica cosa che scopre di saper fare nella sua vita é boxare.
E' quindi un peccato scoprire che Southpaw va a scontrarsi, nella seconda metà della pellicola, nel più banale degli errori che si potevano compiere, ovvero quello di vivere gli stereotipi del genere in cui la caduta equivale ad una risalita da vincitore. Nulla di sbagliato nell'ottimo messaggio che si prova a trasmettere, soprattutto se paragonato alla vita di Hope, ma l'errore del film é quello di cadere in terribili cliché che non colpiscono, lasciano ampiamente prevedere il finale e soprattutto appesantiscono un parte centrale in maniera inutile.
Un vero peccato, ulteriormente esaltato da una fotografia che alla pari della regia e della recitazione risulta azzeccata: sporca, diretta, cupa. Esattamente come una colonna sonora che curata per buona parte da Eminem - inizialmente previsto nel progetto come attore protagonista - trasmette perfettamente lo stile e il carattere di questo sport.
Southpaw - L'ultima Sfida, in sostanza, non é affatto un brutto film. Nonostante qualche momento a vuoto, arriva in fondo e spinge lo spettatore sino alla fine nonostante la durata tutt'altro che contenuta. L'errore é quindi lo stesso di tanti altri prodotti di genere: la sceneggiatura. Lo script di Sutter vanifica in parte il lavoro svolto da tutto il resto del cast, trasformando Southpaw in un derivato di tanti altri prodotti già visti, e dall'esito ancora una volta conosciuto, in cui solamente il contesto in cui ci si trova a doversi rialzare, cambia.
Un peccato, sicuramente non “mortale”, ma che va comunque sottolineato. Se siete amanti della boxe o dei drammi che ti portano dalle stelle alle stalle (con risalita!) Southpaw - L'ultima Sfida avrà sicuramente tanti elementi che apprezzerete, per tutti gli altri, alla fine, tutto avrà quell'amarissimo sapore di già visto.