Stanlio e Ollio

La mania dei biopic (vera croce e delizia del cinema hollywoodiano) non poteva non coinvolgere anche la figura del duo comico Stanlio e Ollio, i maghi della comica in bianco e nero, i più popolari tra i protagonisti della comicità "slapstick". Del resto il cinema a stelle e strisce (spesso, spiace ricordarlo, anche per mancanza di idee) negli ultimi tempi si sta focalizzando non soltanto su film biografici legati a grandi personaggi del passato, ma anche sui protagonisti che hanno fatto la storia della settima arte.

Un aspetto (inevitabile) unisce questi film di cinema sul cinema: non ci si focalizza su tutta la storia del protagonista dall'inizio alla fine, ma si sceglie un episodio, un tratto della vita del singolo per disegnare ritratti, dar vita ad interpretazioni alla Stanislaviskij finalizzate a far comprendere allo spettatore determinati momenti storici e specifici avvenimenti. Se Sacha Gervasi dunque nel suo biopic "Hitchcock" non narrava tutta la storia del geniale regista inglese, ma si focalizzava sulla realizzazione (nel 1960) del cult "Psycho", qui lo scozzese Jon S. Baird ci parla di Stanlio e Ollio attraverso la fase declinante della loro carriera, quella legata al dopo Guerra e alla sfortunata tournè inglese degli anni '50.

Due sono gli aspetti che rendono questo "Stanlio e Ollio" un film godibile e che trova una sua nicchia di legittimità filmica nel mare magnun dei biopic. In primo luogo l'interpretazione dei protagonisti: John C. Reilly e Steve Coogan interpretano in maniera molto somigliante i due protagonisti. E non si sta parlando un mero lavoro di trucco, di una potenzialità legata anche allo sviluppo di nuovi e più sofisticati effetti visivi, ma nell'essere i due protagonisti.

Nelle gag, nelle differenze tra i due, Coogan e Reilly giocano a immedesimarsi nel duo comico, formando quasi un complesso umoristico a se stante in cui le gelosie, le incomprensioni e la differente predisposizione al lavoro (Stanlio fa la figura del lavoratore e della mente, Ollio del blando esecutore irrinunciabile di gag scritte da altre) ci fanno capire tantissimo sulla storia e sulla chimica di un gruppo che ha fatto la storia della comicità mondiale. In seconda battuta, il film ci mostra un pezzo di storia dimenticato,  che in molti (a parte qualche studioso) ignoravano: la fase di declino del duo e di quel tipo di comicità.

Ad oggi ci sembra impossibile, considerando la vasta gamma di gag visibili anche oggi sulle nostre reti nazionali. Anche loro assaggiato l'amarezza del palco vuoto e l'indifferenza, degli hotel di terz'ordine tra una tournée e l'altra. Se l'avvento del cinema sonoro del 1927 (con "Il cantante di Jazz") ha cambiato radicalmente prospettive e mutato carriere considerate fino ad allora inarrestabili, anche il mutamento del gusto comico delle generazioni ha avuto un peso di una certa rilevanza nella storia del cinema. Sopravvissuti dignitosamente al sonoro, Stanlio e Ollio si trovano di fronte a generazioni scettiche nei confronti delle torte in faccia, delle battute facili e di faticosi balletti eseguiti in età avanzata.

E' una fase più poliedrica, per certi versi più musicale. In cui vanno forte al cinema le smorfie del Danny Kaye di turno tra un numero musicale e l'altro, mentre Buster Keaton gioca malinconicamente a carte nell'immensa magione di Norma Desmond nel wilderiano "Viale del Tramonto", consapevole di come il cinema sia diventato troppo piccino per inseguire treni o provare a vincere la guerra. In tutto questo marasma dunque Baird ha il grande merito non soltanto di farci fare un viaggio per il Regno Unito, ma di farci conoscere un intero mondo. Tra un impresario teatrale cialtrone, due mogli che così diverse non si può e due attori e due animali da palcoscenico difficili e diversi tra loro. Ma, proprio per questo, veri. Proprio per questo, amici per la pelle.