Steve Jobs
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Nel mondo esistono persone che hanno la capacità di vedere al di là di quello che può essere il banale. Soggetti in grado di dare una forma, un contenuto e una dimensione che supera la barriera dell'ovvio. Tra questi nomi figura sicuramente Steve Jobs, mente brillante dietro il fenomeno di Apple.
La persona di Jobs, prima ancora della sua prematura scomparsa, é stata scandita alternativamente da incensamenti e feroci critiche da parte di pubblico e critica. Una figura controversa che proprio per questo ha sempre affascinato scrittori, sceneggiatori e registi.
Dopo pochissimo tempo dall'uscita di Jobs (2013) con Ashton Kutcher nei panni di Steve, ecco arrivare un'altra biopic dedicata a questo personaggio. Un lavoro completamente differente da quanto visto in precedenza, che cerchiamo di spiegarvi all'interno della nostra recensione.
L'istinto di chi scrive, una volta conclusa la proiezione di Steve Jobs in sala, é stato quello di alzarsi e iniziare ad applaudire come se si trovasse ad una prima di Cannes o Venezia. Non in qualità di un fan Apple o feroce seguace del Jobs-pensiero, ma perché i “tre tenori” di questa pellicola, Danny Boyle, Aaron Sorkin e Michael Fassbender, hanno realizzato qualcosa di incredibilmente appassionante, credibile, nel suo essere romanzato, intrigante e soprattutto in grado di scacciare tutte quelle paure che qualsiasi biopic porta in seno prima della sua uscita.
Ci sarebbero un sacco di cose da raccontare, battute da citare, dialoghi da spiegare, ma quello che possiamo tranquillamente affermare é che la grandezza e l'efficacia di questo film passa attraverso una sceneggiatura che si impone come muro portante di tutta la pellicola, imponendo al regista (Boyle) e all'attore protagonista (Fassbender) di diventare dei semplici esecutori e cantori di quello che Sorkin ha pensato e scritto.
C'é già una brillante consapevolezza nel decidere il come deve essere raccontata la storia. Steve Jobs, pur ispirandosi alla biografia autorizzata scritta da Walter Isaacson nel 2011, prende in considerazione tre momenti topici nella vita dell'ex CEO di apple: 1984 con il lancio del Macintosh, 1988 la presentazione del NeXT e il 1998 il ritorno di Jobs nella sua azienda e l'annuncio dell'iMac.
Tutto ruota attorno alla mezz'ora che precede queste tre presentazioni. Nella frenesia organizzativa che si fa sempre più pressante agli occhi del pubblico, trova spazio la sagoma di Jobs. Una figura che viene raccontata attraverso una serie di lunghi dialoghi, che si susseguono a ritmo serratissimo, con alcune delle persone che hanno in qualche modo segnato la sua vita, tra cui l'assistente Joanna Hoffman, il CEO John Sculley, il programmatore Andy Hertzfeld, l'amico Steve Wozniak e ovviamente l'ex fidanzata Chrisann Brennan e la figlia Lisa.
Il film viaggia ad un ritmo serratissimo attraverso questi lunghi dialoghi e confronti, senza mai darci la possibilità di respirare, di riflettere o elaborare quello che stiamo vedendo. Botte e risposte taglienti ma estremamente brillanti che portano a galla in maniera piuttosto chiara tutti i pregi e i difetti di una persona che, pur essendo stata divorata dal suo stesso ego, ha avuto la capacità di vedere al di là del comune e di pensare a qualcosa di più grande.
La telecamera segue in maniera frenetica gli avvenimenti, ricordando per un attimo il bellissimo Birdman dello scorso anno, con la differenza che qui Boyle ci propone stacchi rabbiosi e inquadrature che indugiano su primi piani. Il regista di The Millionaire si concentra sugli attori cercando di dare una dimensione ai dialoghi e alle necessità della sceneggiatura, mettendo quasi da parte il suo stile.
Se Steve Jobs é un film valido non solo perché abbiamo un Sorkin che é riuscito addirittura a superarsi dopo il lavoro con The Social Network, ma anche e soprattutto per degli attori che hanno regalato performance incredibilmente magnetiche. Michael Fassbender, accantonata la somiglianza estetica, ci regala una perfettamente interpretazione di Jobs. La sua recitazione porta a galla e trasmette allo spettatore la mania, la sregolatezza, l'ego e la presunzione di un uomo che nonostante la sua brillate carriera non ha mai ammesso i suoi limiti e i suoi errori, colpa che gli viene rinfacciata all'interno del film stesso.
La Winslet con il suo accento polacco ci regala senza ombra di dubbio una delle sue migliori interpretazioni, così come Seth Rogen perfettamente a suo agio nei panni di un timido Steve Wozniak. Persino Jeff Daniels e Michael Stuhlbarg risultano perfettamente nella loro parte, donando ancora più credibilità ai tanti scontri che hanno con Steve nel film.
Ci sarebbe un finale che risultata ancora più romanzato di quanto non lo siano alcune cose all'interno dell'intera pellicola, ma in fondo, dopo un attento ragionamento, risulta più un problema soggettivo che di omogeneità con il resto della pellicola. Quasi un patto che Sorkin e Boyle vogliono stringere con lo spettatore, e che alla fine, vista la qualità dello spettacolo, si può anche accettare.
Steve Jobs é quindi un magistrale lavoro atto a raccontare un uomo prima ancora che un business man. Una biopic che cerca di non prendere le parti di nessuno ma con naturalezza e quel pizzico di drama, spoglia la figura quasi mitologica di Jobs, per raccontare al pubblico le sue paure, i limiti, i pregi e il suo essere visionario e fuori dal comune. Non c'é da scegliere tra bene o male, non c'é pro e contro: c'é semplicemente la vita di un uomo. La cosa migliore che possa essere racconta.
La persona di Jobs, prima ancora della sua prematura scomparsa, é stata scandita alternativamente da incensamenti e feroci critiche da parte di pubblico e critica. Una figura controversa che proprio per questo ha sempre affascinato scrittori, sceneggiatori e registi.
Dopo pochissimo tempo dall'uscita di Jobs (2013) con Ashton Kutcher nei panni di Steve, ecco arrivare un'altra biopic dedicata a questo personaggio. Un lavoro completamente differente da quanto visto in precedenza, che cerchiamo di spiegarvi all'interno della nostra recensione.
Le fragili paure di un grande ego…
L'istinto di chi scrive, una volta conclusa la proiezione di Steve Jobs in sala, é stato quello di alzarsi e iniziare ad applaudire come se si trovasse ad una prima di Cannes o Venezia. Non in qualità di un fan Apple o feroce seguace del Jobs-pensiero, ma perché i “tre tenori” di questa pellicola, Danny Boyle, Aaron Sorkin e Michael Fassbender, hanno realizzato qualcosa di incredibilmente appassionante, credibile, nel suo essere romanzato, intrigante e soprattutto in grado di scacciare tutte quelle paure che qualsiasi biopic porta in seno prima della sua uscita.
Ci sarebbero un sacco di cose da raccontare, battute da citare, dialoghi da spiegare, ma quello che possiamo tranquillamente affermare é che la grandezza e l'efficacia di questo film passa attraverso una sceneggiatura che si impone come muro portante di tutta la pellicola, imponendo al regista (Boyle) e all'attore protagonista (Fassbender) di diventare dei semplici esecutori e cantori di quello che Sorkin ha pensato e scritto.
C'é già una brillante consapevolezza nel decidere il come deve essere raccontata la storia. Steve Jobs, pur ispirandosi alla biografia autorizzata scritta da Walter Isaacson nel 2011, prende in considerazione tre momenti topici nella vita dell'ex CEO di apple: 1984 con il lancio del Macintosh, 1988 la presentazione del NeXT e il 1998 il ritorno di Jobs nella sua azienda e l'annuncio dell'iMac.
Tutto ruota attorno alla mezz'ora che precede queste tre presentazioni. Nella frenesia organizzativa che si fa sempre più pressante agli occhi del pubblico, trova spazio la sagoma di Jobs. Una figura che viene raccontata attraverso una serie di lunghi dialoghi, che si susseguono a ritmo serratissimo, con alcune delle persone che hanno in qualche modo segnato la sua vita, tra cui l'assistente Joanna Hoffman, il CEO John Sculley, il programmatore Andy Hertzfeld, l'amico Steve Wozniak e ovviamente l'ex fidanzata Chrisann Brennan e la figlia Lisa.
Il film viaggia ad un ritmo serratissimo attraverso questi lunghi dialoghi e confronti, senza mai darci la possibilità di respirare, di riflettere o elaborare quello che stiamo vedendo. Botte e risposte taglienti ma estremamente brillanti che portano a galla in maniera piuttosto chiara tutti i pregi e i difetti di una persona che, pur essendo stata divorata dal suo stesso ego, ha avuto la capacità di vedere al di là del comune e di pensare a qualcosa di più grande.
La telecamera segue in maniera frenetica gli avvenimenti, ricordando per un attimo il bellissimo Birdman dello scorso anno, con la differenza che qui Boyle ci propone stacchi rabbiosi e inquadrature che indugiano su primi piani. Il regista di The Millionaire si concentra sugli attori cercando di dare una dimensione ai dialoghi e alle necessità della sceneggiatura, mettendo quasi da parte il suo stile.
Se Steve Jobs é un film valido non solo perché abbiamo un Sorkin che é riuscito addirittura a superarsi dopo il lavoro con The Social Network, ma anche e soprattutto per degli attori che hanno regalato performance incredibilmente magnetiche. Michael Fassbender, accantonata la somiglianza estetica, ci regala una perfettamente interpretazione di Jobs. La sua recitazione porta a galla e trasmette allo spettatore la mania, la sregolatezza, l'ego e la presunzione di un uomo che nonostante la sua brillate carriera non ha mai ammesso i suoi limiti e i suoi errori, colpa che gli viene rinfacciata all'interno del film stesso.
La Winslet con il suo accento polacco ci regala senza ombra di dubbio una delle sue migliori interpretazioni, così come Seth Rogen perfettamente a suo agio nei panni di un timido Steve Wozniak. Persino Jeff Daniels e Michael Stuhlbarg risultano perfettamente nella loro parte, donando ancora più credibilità ai tanti scontri che hanno con Steve nel film.
Ci sarebbe un finale che risultata ancora più romanzato di quanto non lo siano alcune cose all'interno dell'intera pellicola, ma in fondo, dopo un attento ragionamento, risulta più un problema soggettivo che di omogeneità con il resto della pellicola. Quasi un patto che Sorkin e Boyle vogliono stringere con lo spettatore, e che alla fine, vista la qualità dello spettacolo, si può anche accettare.
Steve Jobs é quindi un magistrale lavoro atto a raccontare un uomo prima ancora che un business man. Una biopic che cerca di non prendere le parti di nessuno ma con naturalezza e quel pizzico di drama, spoglia la figura quasi mitologica di Jobs, per raccontare al pubblico le sue paure, i limiti, i pregi e il suo essere visionario e fuori dal comune. Non c'é da scegliere tra bene o male, non c'é pro e contro: c'é semplicemente la vita di un uomo. La cosa migliore che possa essere racconta.