Suburra
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Suburra segna già dalla musicalità del titolo una continuità con Gomorra, la serie tv che dopo A.C.A.B. ha definitivamente consacrato Stefano Sollima nel pantheon piuttosto ristretto dei registi italiani noti a livello internazionale. Suburra era il nome del quartiere dell'antica Roma dove i ricchi patrizi e i senatori incontravano e compravano i servizi di corrutori, lacché e prostitute. Un luogo fisico che delimitava il malaffare della capitale dell'Impero.
Nella Roma contemporanea i confini del malaffare coincidono con quelli della città e anzi si espandono oltre, permeando ogni classe sociale, professione ed etnia. Nessuno é innocente in Suburra, dove anche ai più deboli viene insegnato che l'unico modo per sopravvivere é quello di scavare sempre più a fondo nel torbido: solo chi ha il coraggio di immergervisi continuando a guardarsi le spalle può sperare di trovare un'ancora di salvezza e aggrapparsi, mentre tutto attorno la città continua ad affondare.
A una settimana dall'autoproclamata Apocalisse e con il governo sull'orlo delle dimissioni, qualcosa continua a muoversi dai bassi fondi romani verso l'alto, l'altissimo, fino a lambire il Parlamento e il Vaticano. Sul piatto un enorme affare, che dovrebbe trasformare il lido di Ostia in una moderna Las Vegas, con profitti da spartire del valore di milioni.
In un albergo del centro città, l'onorevole Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino) rischia di rimanere incastrato in uno scandalo di sesso e droga. Per uscirne, finirà invischiato in un colossale affare gestito dalle grandi famiglie del sud Italia e da Samurai (Claudio Amendola), una figura di spicco del malaffare romano, mentre il tentativo di una stirpe di zingari di far parte della partita genererà una spirale inestinguibile di violenza, sotto una pioggia incessante e incapace di lavare l'anima nera di Roma.
Difficile non pensare a La grande bellezza quando si é di fronte ad un altro film che annovera tra i suoi protagonisti la stessa città. Sollima però la incastona in un film di genere ottimamente realizzato, disinteressandosi del cinema alto e dei discorsi filosofici di Sorrentino e immergendosi in atmosfere noir, con i personaggi perennemente immersi nella notte, bagnati dalla pioggia e segnati dalla violenza incessante.
Sollima si proclama così erede di un filone fortunatissimo del fu cinema italiano, quello che puntò ai film di genere per richiamare l'attenzione dei circuiti internazionali. Ovviamente per il pubblico di casa nostra non può essere una semplice astrazione criminale, un noir senza tempo che capita per caso a Roma nell'ultimo decennio. Sollima però é in grado di imprimere un carattere universale ai personaggi, di farne degli archetipi criminali quando il rischio di collisione con il presente é elevatissimo: una gran bella lezione di cinema.
Suburra é in sostanza un ottimo film, splendidamente realizzato ed esaltato da un cast capace di vestire i panni delle varie umanità romane in lotta per la sopravvivenza all'ombra del Cupolone. Peccato che, rispetto a Gomorra - la serie tv, manchi del tutto una carica innovativa, un elemento sorprendente. La sceneggiatura é l'unica pecca del film: Sandro Petraglia e Stefano Rulli sanno astrarre e universalizzare, ma finiscono per rendere le vicende topiche romane così cinematografiche da diventare molto, troppo spesso largamente prevedibili, specie per chi ha già divorato la filmografia di questo regista.
Nella Roma contemporanea i confini del malaffare coincidono con quelli della città e anzi si espandono oltre, permeando ogni classe sociale, professione ed etnia. Nessuno é innocente in Suburra, dove anche ai più deboli viene insegnato che l'unico modo per sopravvivere é quello di scavare sempre più a fondo nel torbido: solo chi ha il coraggio di immergervisi continuando a guardarsi le spalle può sperare di trovare un'ancora di salvezza e aggrapparsi, mentre tutto attorno la città continua ad affondare.
A una settimana dall'autoproclamata Apocalisse e con il governo sull'orlo delle dimissioni, qualcosa continua a muoversi dai bassi fondi romani verso l'alto, l'altissimo, fino a lambire il Parlamento e il Vaticano. Sul piatto un enorme affare, che dovrebbe trasformare il lido di Ostia in una moderna Las Vegas, con profitti da spartire del valore di milioni.
In un albergo del centro città, l'onorevole Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino) rischia di rimanere incastrato in uno scandalo di sesso e droga. Per uscirne, finirà invischiato in un colossale affare gestito dalle grandi famiglie del sud Italia e da Samurai (Claudio Amendola), una figura di spicco del malaffare romano, mentre il tentativo di una stirpe di zingari di far parte della partita genererà una spirale inestinguibile di violenza, sotto una pioggia incessante e incapace di lavare l'anima nera di Roma.
Difficile non pensare a La grande bellezza quando si é di fronte ad un altro film che annovera tra i suoi protagonisti la stessa città. Sollima però la incastona in un film di genere ottimamente realizzato, disinteressandosi del cinema alto e dei discorsi filosofici di Sorrentino e immergendosi in atmosfere noir, con i personaggi perennemente immersi nella notte, bagnati dalla pioggia e segnati dalla violenza incessante.
Sollima si proclama così erede di un filone fortunatissimo del fu cinema italiano, quello che puntò ai film di genere per richiamare l'attenzione dei circuiti internazionali. Ovviamente per il pubblico di casa nostra non può essere una semplice astrazione criminale, un noir senza tempo che capita per caso a Roma nell'ultimo decennio. Sollima però é in grado di imprimere un carattere universale ai personaggi, di farne degli archetipi criminali quando il rischio di collisione con il presente é elevatissimo: una gran bella lezione di cinema.
Suburra é in sostanza un ottimo film, splendidamente realizzato ed esaltato da un cast capace di vestire i panni delle varie umanità romane in lotta per la sopravvivenza all'ombra del Cupolone. Peccato che, rispetto a Gomorra - la serie tv, manchi del tutto una carica innovativa, un elemento sorprendente. La sceneggiatura é l'unica pecca del film: Sandro Petraglia e Stefano Rulli sanno astrarre e universalizzare, ma finiscono per rendere le vicende topiche romane così cinematografiche da diventare molto, troppo spesso largamente prevedibili, specie per chi ha già divorato la filmografia di questo regista.