Sully
di
Roberto Vicario
Gli americani hanno sempre amato l'auto celebrazione, raccontando con toni epici i loro eroi. Ed é proprio nei film che la tradizione culturale traspare, molto spesso, in maniera ancora più decisa. Non é da meno Clint Eastwood che nel corso della sua carriera da cineasta ha raccontato figure molto forti, in cui più volte si é percepito il patriottismo tipico a stelle e strisce. Nel suo Sully però, la celebrazione stantia e ridondante (probabilmente, e soprattutto, per noi europei) trova un modo molto diverso per essere raccontata.
Il Capitano Chesley “Sully” Sullenberger rientra sicuramente nella schiera di coloro che si sono contraddistinti per qualcosa di rilevante. Nel Gennaio del 2009, il Capitano Sully (Tom Hanks) e il primo ufficiale Jeff Skiles (Aaron Eckhart) sono al comando del volo US Airways 1549, diretto a Charlotte. Poco dopo la partenza dall'aeroporto di La Guardia, l'impatto con uno stormo di uccelli (in gergo tecnico bird strike) fa perdere entrambi i motori al velivolo; con l'aereo troppo basso per poter tornare in qualsiasi aeroporto, Sully decide di ammarare nel fiume Hudson, riuscendoci, e mettendo così in salvo tutti e 155 passeggeri, equipaggio compreso.
Il gesto del Capitano é passato alla storia come il primo ammaraggio riuscito della storia, per di più con entrambi i motori in avaria. Una storia che meritava di essere raccontata dal regista/attore di San Francisco.
Quello che funziona di Sully é il suo essere asciutto, diretto, scevro da qualsiasi tipo di fronzolo celebrativo; all'interno dei 95 minuti che compongono la pellicola viene raccontata la storia di quello che principalmente é un uomo, prima ancora di essere trasformato in eroe dal suo gesto. E nel dipingere questa figura, Eastwood, aiutato dalla splendida interpretazione di Tom Hanks, fa trasparire la fragilità e l'umanità di una persona che pur avendo compiuto un miracolo, era consapevole della possibile tragedia (ecco spiegati gli incubi che il pilota vive anche ad occhi aperti).
Lo stesso ammaraggio non é il fulcro della vicenda, ma un elemento - sicuramente fondamentale - di quello che é successo dopo e del processo a cui i due ufficiali si sono dovuti sottoporre, nonostante il gesto eroico. La fredda e calcolatrice mente di chi da terra, attraverso calcoli matematici, avanza ipotesi azzardate contrapposta a chi la vicenda l'ha vissuta realtà, in quegli attimi dove il fattore umano é più determinate di qualsiasi tipo di tecnologia. C'é anche questo nel film: uomo contro tecnologia.
Tutto scorre bene grazie alle ottime interpretazioni da parte degli attori coinvolti, Hanks ed Eckhart su tutti, e ad una sceneggiatura scritta da Todd Komarnicki ed ispirata al libro Highest Duty: My Search for What Really Matters, autobiografia scritta dallo stesso Chesley Sullenberger insieme al giornalista Jeffrey Zaslow.
Potremmo stare a sindacare sulla qualità, piuttosto scadente, della computer grafica utilizzata per la riproduzione dell'aereo, che in parte sminuisce alcuni degli incubi dello stesso pilota; tuttavia si tratta di un elemento marginale all'interno di un lungometraggio di questo tipo, e possiamo tranquillamente passarci sopra.
In sostanza Sully é un film in grado di farsi apprezzare anche e soprattutto da chi non é americano, per il suo modo estremamente scrupoloso nel raccontare una vicenda ancora molto fresca nella mente di molti (in fondo parliamo del 2009) e la forza e allo stesso la fragilità di un uomo che ha compiuto un gesto senza precedenti, che rimarrà per sempre nella storia dell'aviazione civile.
“Come ti senti? Te lo dirò dopo che ne avrete contati 155”
Il Capitano Chesley “Sully” Sullenberger rientra sicuramente nella schiera di coloro che si sono contraddistinti per qualcosa di rilevante. Nel Gennaio del 2009, il Capitano Sully (Tom Hanks) e il primo ufficiale Jeff Skiles (Aaron Eckhart) sono al comando del volo US Airways 1549, diretto a Charlotte. Poco dopo la partenza dall'aeroporto di La Guardia, l'impatto con uno stormo di uccelli (in gergo tecnico bird strike) fa perdere entrambi i motori al velivolo; con l'aereo troppo basso per poter tornare in qualsiasi aeroporto, Sully decide di ammarare nel fiume Hudson, riuscendoci, e mettendo così in salvo tutti e 155 passeggeri, equipaggio compreso.
Il gesto del Capitano é passato alla storia come il primo ammaraggio riuscito della storia, per di più con entrambi i motori in avaria. Una storia che meritava di essere raccontata dal regista/attore di San Francisco.
Quello che funziona di Sully é il suo essere asciutto, diretto, scevro da qualsiasi tipo di fronzolo celebrativo; all'interno dei 95 minuti che compongono la pellicola viene raccontata la storia di quello che principalmente é un uomo, prima ancora di essere trasformato in eroe dal suo gesto. E nel dipingere questa figura, Eastwood, aiutato dalla splendida interpretazione di Tom Hanks, fa trasparire la fragilità e l'umanità di una persona che pur avendo compiuto un miracolo, era consapevole della possibile tragedia (ecco spiegati gli incubi che il pilota vive anche ad occhi aperti).
Lo stesso ammaraggio non é il fulcro della vicenda, ma un elemento - sicuramente fondamentale - di quello che é successo dopo e del processo a cui i due ufficiali si sono dovuti sottoporre, nonostante il gesto eroico. La fredda e calcolatrice mente di chi da terra, attraverso calcoli matematici, avanza ipotesi azzardate contrapposta a chi la vicenda l'ha vissuta realtà, in quegli attimi dove il fattore umano é più determinate di qualsiasi tipo di tecnologia. C'é anche questo nel film: uomo contro tecnologia.
Tutto scorre bene grazie alle ottime interpretazioni da parte degli attori coinvolti, Hanks ed Eckhart su tutti, e ad una sceneggiatura scritta da Todd Komarnicki ed ispirata al libro Highest Duty: My Search for What Really Matters, autobiografia scritta dallo stesso Chesley Sullenberger insieme al giornalista Jeffrey Zaslow.
Potremmo stare a sindacare sulla qualità, piuttosto scadente, della computer grafica utilizzata per la riproduzione dell'aereo, che in parte sminuisce alcuni degli incubi dello stesso pilota; tuttavia si tratta di un elemento marginale all'interno di un lungometraggio di questo tipo, e possiamo tranquillamente passarci sopra.
In sostanza Sully é un film in grado di farsi apprezzare anche e soprattutto da chi non é americano, per il suo modo estremamente scrupoloso nel raccontare una vicenda ancora molto fresca nella mente di molti (in fondo parliamo del 2009) e la forza e allo stesso la fragilità di un uomo che ha compiuto un gesto senza precedenti, che rimarrà per sempre nella storia dell'aviazione civile.