The Beautiful Game: alla scoperta del mondo sommerso che ci circonda, e che merita una seconda occasione

Una storia di sport, di riscatto e di era solidarietà.

The Beautiful Game alla scoperta del mondo sommerso che ci circonda e che merita una seconda occasione

Va sempre peggio. Guardatevi intorno: sempre più egoismo, sempre più indifferenza, sempre più cattiveria. E sempre più povertà. Basta poco per perdere tutto e ritrovarsi a vivere in auto. Una difficoltà di salute. Una sola scelta sbagliata. Una compagnia sbagliata. La semplice sfortuna. Sono storie quotidiane, diffuse in tutto il mondo.

Un mondo sempre più indifferente. Così, una storia - vera, una delle tante della Homeless World Cup - di solidarietà e riscatto fa bene al cuore. Parola di Michael Sheen (Prodigal Son, Good Omens, Il maledetto United), celebre attore il cui messaggio è disponibile sul sito ufficiale della manifestazione, insieme ai dati su un evento che ha aiutato oltre un milione di persone nei suoi oltre vent’anni di attività.

Anche solo per questo, dovreste guardare The Beautiful Game, dal 29 marzo su Netflix. Ma ci sono altri motivi per farlo. Raccontare drammatiche storie vere senza retorica non è semplice. La sceneggiatura di Frank Cottrell Boyce (Le due vie del destino) ci riesce perfettamente. In tante sequenze sembra di essere lì, a Roma, ad assistere all’evento.

La trama di The Beautiful Game

The Beautiful Game: alla scoperta del mondo sommerso che ci circonda, e che merita una seconda occasione

Mal (Bill Nighy, Love Actually, Hot Fuzz) è stato un allenatore famoso in Inghilterra. Ora si occupa di selezionare e allenare la squadra dell’Inghilterra per il torneo della Homeless World Cup, la competizione di calcetto a 4 in cui centinaia di senzatetto da tutto il mondo, di ogni sesso e di ogni età, si sfidano in un evento annuale all’insegna della solidarietà e dello sport.

Mal sta allenando la sua squadra da parecchio tempo, quando una sua conoscenza gli segnala un ragazzo che è un vero fenomeno con il pallone. Così, Mal chiede a Vinny (Michael Ward, Top Boy) di unirsi alla squadra. Ma Vinny, per quanto bravo a giocare a calcio, ritiene di essere superiore agli altri ragazzi: il tenero Nathan (Callum Scott Howells, It’s a Sin), ex tossicodipendente, il geniale Aldar (Robin Nazari, Clark), un rifugiato siriano, il focoso Jason (Sheiy Cole, Full Circle), l’ex alcolista Cal (Kit Young, Tenebre e ossa) e il timido portiere Kevin (Tom Vaughan-Lawlor, Avengers: Endgame), che non è giovanissimo ma ce la mette tutta. Ognuno di loro, in effetti, ce la mette tutta. Ma per Vinny non basta. Lui continua a ritenersi migliore e non vuole integrarsi nella squadra…

Il gioco della solidarietà in una Roma che incanta

The Beautiful Game: alla scoperta del mondo sommerso che ci circonda, e che merita una seconda occasione

Chi sono i senzatetto: di questo ci parla davvero il film. Il punto centrale è l’identità dei senzatetto. Nel tentativo di cambiare l’immagine dei clochard che alberga nella mente della maggior parte delle persone.

Nella società contemporanea, i senzatetto sono le persone. Tutti possono finire per la strada, per un’infinità di motivi. Rifugiati, tossicodipendenti, padri separati, alcolisti, disoccupati, uomini e donne rifiutati dalle famiglie e lasciati al loro destino, per la strada. Ci sono mille ragioni e mille eventi che fanno finire qualcuno per strada. Anche chi non se lo sarebbe mai aspettato. Anche chi noi non ci saremmo mai aspettati.

Il vero focus del film è questo: farci aprire gli occhi su una realtà che è molto più diffusa di quanto non fosse vent’anni fa. Anziché migliorare, il mondo peggiora. La povertà cresce, le guerre aumentano, le famiglie si sfasciano e in un istante tutto cambia.

Non so quanti di voi fossero a conoscenza dell’esistenza della Homeless World Cup, ma chi lo era anche prima di vedere The Beautiful Game sa perfettamente che il bel gioco non è il calcio, naturalmente. È la solidarietà. È il dare, il fare qualcosa per chi non ha più niente. La scelta di fare dello sport uno strumento di riscatto, com’è stato nella realtà per tanti, tantissimi atleti in tutto il mondo.

Nel film, come nel vero torneo, i coach delle varie squadre si vedono ogni anno e si conoscono. Così come gli organizzatori della manifestazione (che nel film sono rappresentati da Valeria Golino nel ruolo di Gabriella). Il gioco, dicevamo, è la solidarietà. Un gioco bellissimo, l’unico gioco del mondo in cui vincono tutti.

Ma è anche un gioco pieno di difficoltà, una lunga lista che ha in testa sempre la stessa cosa: chiedere aiuto. Chiedere aiuto sembra facile, ma non lo è. Chiunque l’abbia fatto, sa bene che cambia la percezione che gli altri hanno di te. Vinny lo sa perfino meglio degli altri, tanto che il suo orgoglio gli impedisce di vivere appieno la grande opportunità che gli è stata offerta. Sembra quasi scocciato, anziché grato. In realtà ha solo paura.

The Beautiful Game: alla scoperta del mondo sommerso che ci circonda, e che merita una seconda occasione

Vinny non vuole ammettere di essere come gli altri suoi compagni di squadra. Come tutti gli altri partecipanti al torneo. Lui è profondamente convinto di essere diverso - e lo è, tutti lo siamo - ma soprattutto di trovarsi in una condizione differente dalla loro. E in questo sbaglia. Proveranno a farglielo capire, naturalmente.

Basta guardarsi intorno per vedere come stanno le cose. Parlare con la gente e scoprire le loro storie, rendersi conto che tutti hanno tanti problemi, magari anche più gravi dei nostri, e il nostro istinto di condivisione, empatia e solidarietà scatta. Un istinto che il mondo contemporaneo cerca continuamente di soffocare, riuscendoci fin troppo bene.

Anche l’Inghilterra della Homeless World Cup, come il Richmond di Ted Lasso, troverà i suoi rituali. E i suoi conflitti, che il personaggio di Vinny incarna come il senso di fallimento che chiunque cada da molto in alto potrebbe provare in qualsiasi momento. Il punto è provare il fallimento, non diventarlo.

Lo sport è il mezzo per superare quel fallimento, per riscattarlo, per riscrivere la propria storia.

Citando di nuovo Ted Lasso - serie che chiunque dovrebbe vedere perché ispira - come dice sempre Dani Rojas: “Il calcio è vita!”. Lo è tutto lo sport.

Una schiera di personaggi fantastici - dalla coach del Sudafrica, l’impagabile Suor Protasia (Susan Wokoma, Cheaters) a quella del Giappone, Mika (Aoi Okuyama, Crosspoint) - vi conquisteranno mentre le meraviglie di Roma, dove il film è stato girato, si alternano alle riflessioni senza retorica, solo con tanta verità, sulle tante variabili in campo. Letteralmente, dico. Mentre Seven Nation Army, la canzone che coi cori dagli spalti ha accompagnato la nazionale italiana in tante partite decisive, fa da colonna sonora a una storia che tutti i tifosi di calcio ameranno, la finzione porta in scena la realtà mettendo di fronte squadre che si sono affrontate in sfide storiche. Come l’Inghilterra… e l’Italia.

The Beautiful Game

Rating: TBA

Durata: 125'

Nazione: UK

8

Voto

Redazione

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The Beautiful Game

Ci sono tanti motivi per guardare The Beautiful Game, su Netflix dal 29 marzo. Tanto per cominciare, è un insieme di storie vere che parlano di una vera competizione: la Homeless World Cup, un torneo internazionale di calcio che si svolge da oltre vent'anni, ha aiutato più di un milione di senzatetto.

Ed è di questo che ci parla il film con Bill Nighy e Valeria Golino: di chi sono i senzatetto, oggi. In un mondo sempre più egoista e indifferente, che filtra tutto attraverso i social network e non crede nemmeno più ai propri occhi. Ci sono mille ragioni che trasformano una persona in qualcuno che non ha più nulla. Ogni giorno, in tutto il mondo, qualcuno resta senza lavoro, senza casa, senza famiglia, senza un posto dove andare.

Tante storie s'intrecciano in un identikit della solidarietà ai nostri giorni, con lo sport che offre a tutti la seconda occasione che tutti meritano, ma che non tutti ottengono.

Senza retorica e con tanta verosimiglianza - tranne per una Roma da cartolina, senza una foglia fuori posto, ma va bene così visto il messaggio del film - ci sembra di essere lì, ad assistere alle partite, a guardare negli occhi i giocatori. E ad ascoltare le loro storie, e quelle delle persone che ogni anno s'impegnano per trovarli, allenarli, farli giocare e offrire loro una seconda chance nella vita attraverso lo sport. In poco più di due ore che volano via, non senza difetti, ma con tanto, davvero tanto da dare. A tutti.

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