The Deliverance - La redenzione: la recensione e la vera storia dell'horror di Netflix
Le differenze fra il film con Glenn Close e la storia vera che l'ha ispirato
Netflix lo presenta come un film horror. Il film inizia con la scritta: “ispirato a eventi reali” e l’unione di questi due elementi è sufficiente a farlo schizzare in testa alla classifica dei film più visti in Italia su Netflix in meno di 48 ore.
The Deliverance - La redenzione ha un titolo che suonerà familiare agli appassionati di horror e thriller. Deliverance è infatti il cult distribuito in Italia come Un tranquillo weekend di paura. E in effetti, la terribile traduzione italiana del titolo è fuorviante. Il termine “deliverance” indica infatti “liberazione, redenzione, salvezza” riferiti alla sfera spirituale.
Glenn Close, che ha collezionato ben otto nomination agli Oscar, vincendo diversi Emmy Awards e Golden Globes, ci regala un’interpretazione straordinaria accanto alla bravissima protagonista del film, Andra Day, già candidata agli Oscar per la sua performance nei panni della storica cantante nel film Gli Stati Uniti contro Billie Holiday.
La trama di The Deliverance - La redenzione
Ebony Jackson (Andra Day) si è separata dal marito e fa del suo meglio per crescere i tre figli Nate (Caleb McLaughlin, Lucas in Stranger Things), Shante (Demi Singleton, Lawmen - La storia di Bass Reeves) e Andre (Anthony B. Jenkins, Florida Man). Ha chiesto alla madre Alberta (Glenn Close) di andare a vivere con loro per darle una mano. La relazione fra madre e figlia, però, è molto problematica. Ebony è ancora arrabbiata con sua madre, Alberto lo sa e sembra in qualche modo accettarlo, determinata a fare ammenda. Quando, poco dopo il trasferimento nella nuova casa di Philadelphia, l’assistente sociale di Ebony, Cynthia (Mo’Nique, Precious), inizia a notare dei lividi sui corpi dei ragazzi, Ebony si trova nei guai. Ma non è lei a maltrattare i propri figli: strani eventi stanno accadendo in quella casa, e una presenza oscura sembra minacciare i ragazzi, in particolare il piccolo Andre.
La recensione di The Deliverance: un’occasione persa per diventare un classico del genere “possessioni demoniache”
È stato Dio a salvarmi.
Le parole di Alberta racchiudono il senso di tutto il film, una vicenda ispirata a fatti reali - parleremo della storia vera fra poco - che vuole sottolineare l’importanza della fede, da un lato, e l’esistenza del Male, quello con la “M” maiuscola, dall’altro.
Ebony ripete alla madre che ricorda tutto, tutto ciò che le è successo da piccola. Si prende cura di lei, però. Alberta è pur sempre sua madre ed Ebony, come tutti i figli, le vuole bene. A prescindere da ciò che ha fatto.
La base del rapporto complesso fra madre e figlia è il punto più interessante dell’inizio del film.
The Deliverance - La redenzione inizia con una grande tensione emotiva. Vediamo la famiglia riunita a tavola, e sembra una famiglia normale. Ma s’intuisce presto che la rabbia latente che si frappone fra Ebony e Alberta non ha nulla di normale.
Ebony ha appena smesso di bere, e sul suo passato - oltre che sul passato di Alberta - ci verrà svelato tutto ciò che dobbiamo sapere. L’unica cosa che conta è che Ebony non è la madre (e la figlia) terribile che sembra a prima vista. Non lo è affatto, anzi.
Glen Close interpreta una donna malata di cancro, sotto chemioterapia, con un passato difficile e una disperata voglia di vivere. Il suo trucco eccessivo, per mascherare la malattia e il tempo che passa, fa parte di un personaggio così disperatamente umano, imperfetto e realistico da fare dell’interpretazione della grande attrice il vero punto di forza di questo film.
Ma c’è anche altro. Anche Andra Day, come anticipato, ha già ottenuto una nomination alla statuetta più ambita del cinema, e anche lei ci tocca il cuore con la sua interpretazione di Ebony. Chiude il trio perfetto Mo’Nique, l’attrice e produttrice di Precious (diretto da Lee Daniels, regista anche di questo film), che affronta a testa alta un ruolo non facile.
Insomma: tre ottime interpretazioni femminili guidano la narrazione. Ma non basta.
La lentezza iniziale, volutamente un crescendo del ritmo che crea un efficace clima di tensione, sembra sbriciolarsi quando gli eventi entrano nel clou e diventano - per scelte di sceneggiatura francamente difficili da comprendere - totalmente inverosimili. Non fossero state supportate dalla bravura della Day, il film sarebbe stato un totale fallimento.
Invece non lo è. Raggiunge la sufficienza per il cast, per il rapporto problematico fra madre e figlia e per la tensione creata all’inizio. Ci sono omaggi ai titoli importanti del genere demoniaco (da L’esorcista a a Gli occhi del diavolo), ma manca quella preziosa originalità che tutta la parte iniziale di The Deliverance sembrava offrirci.
Peccato: sarebbe potuto diventare un classico del genere, anche grazie alle voci da “set maledetto” per la diagnosi di cancro ai polmoni alla sorella del regista Lee Daniels, che recita in una scena all’ospedale, per la morte dell’amato cane di Daniels proprio sul set e per l’esser finita in ospedale di Mo’Nique a seguito delle riprese di una scena con vento finto che le ha causato problemi respiratori. E pare che di disgrazie legate al set ce ne siano ancora parecchie, tutte da svelare.
Come vedremo, a mandare all’aria il progetto è stato Lee Daniels, che ha voluto fare dei cambiamenti - tutti insensati - rispetto alla storia originaria.
La storia vera: il caso della famiglia Ammons
A ispirare il film è stata la storia di Latoya Ammons, madre single di 3 figli che, poco dopo il trasferimento in una casa a Gary, Indiana insieme alla madre Rose Campbell, inizia ad assistere al verificarsi di una serie di strani eventi. Siamo nel novembre del 2011.
I suoi figli riferiscono di sentire strani rumori e di vedere delle ombre spaventose. Iniziano a mostrare segni di aggressività e a raccontare della presenza in casa di un uomo che si aggira per le stanze. Anche Latoya testimonia le stesse cose.
Spaventata, la donna consulta psicologi e assistenti sociali, ma senza risultati. I fenomeni non cessano, anzi: peggiorano. Uno dei bambini viene visto levitare, altri parlano con voci non loro e in lingue sconosciute.
Nonostante qualche precauzione presa sulle indicazioni di una delle chiese vicine - mentre molte altre rifiutano di aiutare la famiglia Ammons - le cose peggiorano e sia Latoya che i bambini vengono posseduti, stando alle loro dichiarazioni e a quelle di Rose Campbell, da diversi demoni.
Siamo arrivati all’aprile del 2012. Latoya e i bambini si recano dal medico di famiglia, il dottor Geoffrey Onyeukwu. Mentre ascolta i racconti dei suoi pazienti, prendendo appunti scettici che parlano di allucinazioni, iniziano a verificarsi strani eventi anche nel suo studio. I bambini levitano, cambiano voce, parlano lingue sconosciute. Anche lo staff del medico assiste ai fatti. Medico e assistenti sono terrorizzati e chiamano la polizia, che non riesce a spiegare cosa stia succedendo.
Non potendo spiegare i fatti, sospetta che Latoya maltratti i bambini e li fa ricoverare in un ospedale metodista in città. Si pensa che Latoya abbia una malattia mentale e che influenzi i suoi figli.
L’assistente sociale Valerie Washington, incaricata di indagare sul caso, assiste personalmente a eventi spaventosi che riguardano il bambino di 7 anni che oltre a emettere suoni spaventosi cerca di strangolare il fratello. Più tardi è lui, il fratello di 9 anni, a comportarsi in modo terrificante: cammina sul muro e sul soffitto, spaventando sia Valerie Washington che un’infermiera presente ai fatti.
A coinvolgere un sacerdote per praticare un esorcismo è il cappellano dell’ospedale.
Il 20 aprile 2012, Padre Michael Maginot viene convocato per praticare un esorcismo sul figlio di Latoya di 9 anni. Ma non basta. E gli esorcismi praticati sugli Ammons diventano 3.
Padre Maginot racconta di essere convinto che i demoni tormentassero la famiglia, e che fossero molti. Da qui il soprannome “la casa dei 200 demoni” assegnato alla residenza di Gary.
Dopo gli esorcismi gli Ammons si trasferiscono a Indianapolis e Padre Maginot benedice la loro nuova casa.
Tornati nella casa di Gary per le indagini, tre poliziotti riferiscono di sentire voci e vedere figure inquietanti.
Latoya, alla quale era stata tolta la custodia dei bambini, riesce a riprenderli con sé. Dal trasferimento nella nuova casa, nessuno della famiglia sperimenta più fenomeni soprannaturali.
Lee Daniels ha parlato con Latoya un paio di volte durante le realizzazione del film, ma non è noto il luogo in cui la donna e la sua famiglia, che vogliono stare lontani dai riflettori, si trovino al momento.
Daniels ha dichiarato di aver raccontato la propria interpretazione della storia di Latoya, e di aver fatto dei cambiamenti perché la storia diventasse almeno in parte “sua”.