The Fall Guy funziona alla grande perché ha capito come si fanno i blockbuster oggi: la recensione del film
Il carisma e l’amabilità di Ryan Gosling sono l’antipasto di un film che più di ogni altro è riuscito a mettere a fuoco come funziona oggi il cinema d’intrattenimento.
La buona notizia è che The Fall Guy funziona, alla grande, vi farà re-innamorare di Ryan Gosling nel caso vi foste già scordati il suo Ken in Barbie e vi darà il pacchetto completo di ciò che ci si aspetta da un popcorn movie: azione, colpi di scena, commedia romantica e action, battute ad effetto, camei, colpi di scena. Universal si conferma la major che, senza troppo clamore, mette a segno un colpo dietro l’altro. In un botteghino orfano di supereroi e con un pubblico pronto a voltare pagina e con molta voglia di andare al cinema per divertirsi, questo titolo potrebbe sbancare. Se lo meriterebbe, dato quanto dimostra di amare il cinema, con quanta attenzione lo produce e realizza.
La cattiva notizia è che stavolta sono qui anche per rovinarvi la festa. Scrivo questa recensione più che a caldo, con le pupille ancora dilatate per lo spettacolo di stunt, inseguimenti, scene d’azione spettacoli che caratterizza la nuova prova registica di David Leitch. Regista che definire un mestierante è come dargli una pacca sulla spalla. Ex stuntman ed estremamente orgoglioso di esserlo, si è ritagliato un ruolo come produttore e regista, ideando tutta una serie di pellicole che mettessero al centro proprio il lavoro trascurato e invisibile della sua arte. Dopo Atomica Bionda con Charlize Theron, storia di spionaggio selezionata ad arte proprio per dar modo a quanti più personaggi possibili di menare le mani e Bullet Train con Brad Pitt arriva questa pellicola ispirata a una serie televisiva degli anni ‘80 che vede per protagonista uno stuntman.
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Ryan Gosling è perfetto come uomo action e romantico
Il risultato è un film che tiene insieme commedia romantica e film action, grazie al carisma, all’amabilità e al talento di Ryan Gosling. È lui a vestire di panni di Colt Seavers, stuntman spericolato e uomo innamoratissimo di Jody (Emily Blunt) un’operatrice di cinepresa che attende da tempo la sua occasione per diventare regista. I due hanno una storia, non finisce bene, ma una seconda possibilità si affaccia all’orizzonte, nelle assolate terre australiane. Di rientrare nel mondo del cinema, di riconquistare il cuore dell’amata, di aiutarla a girare il suo primo film importante, spettacolare, con “scene da sala H del Comic Con”.
Solo che la star protagonista della pellicola per cui Colt ha fatto la controfigura per anni, Tom Ryder (Aaron Taylor-Johnson), è scomparsa. La lavorazione è appesa a un filo, tanto che la produttrice Gail (Hannah Waddingham) chiede a Colt di trovare l’attore scomparso. Seguono un complotto, un cadavedere, un cane addestrato che risponde solo a ordini in francese e ovviamente stunt più o meno programmati, assai spettacolari.
Il film in sé funziona, eccome. Si ride, molto, ci si diverte, il giusto. Ryan Gosling ha per le mani un personaggio che la sua stessa energia, mai tossica, mai soverchiante, capace di tenerezza, senza perdere un briciolo del suo fascino. È il proseguo di un discorso iniziato con il personaggio di Ken, il perfetto compagno di una commedia romantica ambientata nel post #MeToo. Sempre a supporto della sua compagna (anche per questioni lavorative oltre che nella sfera affettiva), comprensivo, in grado di mostrare le sue debolezze, seppure con un po’ di reticenza.
The Fall Guy seduce con il mix di caratteri dei protagonisti: Gosling sempre accomodante, Blunt spigolosa in modo affascinante. Emily Blunt fa il suo e il resto dei personaggi riesce per un pelo a sfangare una certo rendere troppo calcati i personaggi di contorno.
Gli stunt nell'epoca dei deepfake
Sulla carta è una lettera d’amore al cinema, al suo dietro le quinte, anche quando assume i toni dell’assurdo. Sul piatto non c’è solo il ruolo degli stunt, la follia e la perseveranza di un lavoro che fa male fisicamente, da cui emergi per prima cosa facendo ok con il pollice. C’è tutto il dietro le quinte fatto di walkie talkie, maestranze ai lati della cinepresa, cappelli da picnic, logiche commerciali e produttive. Si parla tanto di come si fa il cinema dentro The Fall Guy, che dai titoli di testa a queli di coda, attraverso i suoi voice over autoproclamati come non necessari, continua a riflettere sulla natura codificata di un dietro le quinte che richiede attenzione, pazienza e perizia per regalare otto avvitamenti e mezzo di un veicolo su sé stesso (un record, ci dicono nei titoli di coda).
The Fall Guy prova a spingersi anche un po’ più in la. Riflette sull’attrito tra effetti speciali e lavoro degli stunt sul set, mette in scena forse per la prima volta nel cinema commerciale una delle paure di chi di cinema lavora e vive: quella di venire rimpiazzati dai deep fake. Associa queste tecnologie a un discorso, invero molto ipocrita, che circola parecchio a Hollywood negli ultimi anni. Quello degli interpreti che fanno i loro stunt da soli, associato al cinema “fatto dal vero, senza ritocchi” (non a caso c'è una citazione molto furba di Tom Cruise nel film).
Tutta via è la stessa storia di The Fall Guy ci mette in guardia dal credere a scatola chiusa a ciò che vediamo su schermo. In ultima istanza il film usa questi temi per puro valore narrativo, senza andare oltre la semplice costatazione dell’esistenza di queste problematiche. Non è poco, ma non è nemmeno così tanto.
Quello che The Fall Guy fa davvero bene è utilizzare tutti gli stilemi del cinema contemporaneo raffinandoli all’estremo. È più di un omaggio alla cinefilia, è così derivativo da altro che, dovessi mostrarlo a una persona poco aggiornata sul fronte cinematografico, passerei metà del tempo a fermare la pellicola per fare il punto sui riferimenti buttati lì a manate dal film.
È un titolo così meta-narrativo che nemmeno s’inventa una storia. La sua storia della storia, la trama del film che Jody sta girando e i suoi omaggi a livelli visivo (su tutti, palesemente, Mad Max: Fury Road) sono una summa di riferimenti che non diventano mai qualcosa di altro. The Fall Guy è un film che riutilizza e ricicla al mefffffo, ma mai così organicamente, mai con tanto estro.
La colonna sonora di The FallGuy ci racconta quanto il film sia derivativo
Un esempio è la colonna sonora del film. Al posto di inventarsi una canzone simbolo, di lanciare un brano pop che diventi la canzone di The Fall Guy, il film ricorre a un uso continuo, ossessivo, da vero e proprio tormentone del brano I Was Made For Lovin' You dei Kiss. Seguono i Darkness, Bon Jovi, gli Scorpion, tutta una batteria di pezzi rock e metal di grande orecchiabilità, famosissimi, fino all’inevitabile momento commozione su All Too Well di Taylor Swift. Il brano dei Kiss è così ricorrente, continuamente rimontato e citato per andare a tempo con gli stunt, che nelle due ore di film si fa a tempo a stancarsi di sentirlo. Si consuma musica di consumo utilizzata per la sua estrema orecchiabilità, per la familiarità, per la ritmica, per il bagaglio emozionale che porta con sé. Bagaglio emozionale che non viene mai modificato o arricchito, stravolto con un'associazione inaspettata. Le decadi da cui si pescano hit sono sempre quelle: ‘70, ‘80, ‘90. Non apro nemmeno la parentesi del karaoke.
Così a cascata abbiamo il cane adorabile a cui non succede nulla di male, il personaggio maschile di supporto che supporta (appunto) un personaggio femminile che vuole affermarsi ma in qualche modo è sempre contenuto, ingenuo e buffo nel suo prendersi il suo spazio. Jody è forte, ma non è mai impositiva, mai ambiziosa. Lo dice la sua produttrice: è ingenua, è malleabile.
La relazione romantica tra i due protagonisti dovrebbe essere a un livello successivo rispetto a quello dell’innamoramento: sono adulti, sono stati insieme, hanno avuto una storia da cui lui è scappato e ora deve farsi perdonare. Lei era pronta al passo successivo, ma non è chiaro quale sia. Non c’è erotismo, non c’è affettività, non c’è accenno alla voglia di avere una famiglia, di fare un figlio. Sono innamoratissimi, battibeccano in modo adorabile, ma il loro rapporto emozionale e sentimentale è sullo stesso piano della coppia di liceali che si molla e si riprende. È una relazione che balzella dall’amore all’amicizia, che se ne sta in un confort zone tutta sua senza guizzi, senza slanci, senza vertigini.
La scena di apertura in questo senso è esemplare, dato che Leitch cannabizza sé stesso. C’è una voce fuori campo che commenta ironica quello che succede, che distrugge la quarta parete a livello sonoro, mentre si parla dello sforzo invisibile degli stuntman. Sullo schermo scorrono le immagini di Atomica Bionda e di altri film prodotti da 87Eleven, la compagnia di produzione che ha fondato nel 1997. I cui loghi ricorrono durante la lavorazione del finto film del film che Jody sta girando. Non è che nessuno lo dichiari esplicitamente, ma il spospetto è che si sia di fronte a uno Stuntman Cinematic Universe.
Rating: Tutti
Nazione: Stati Uniti
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Redazione
The Fall Guy
The Fall Guy insomma ha osservato con attenzione cosa funziona in questi anni al cinema e lo ha replicato dannatamente bene. Diverte, conquista, regala due ore di divertimento. Vive però di emozioni che nascono altrove e vengono rinfocolate, rintuzzate, resuscitate. Interpreti che abbiamo imparato ad amare altrove che tornano a farci compagnia, canzoni che non sentiamo da tempo e che ci sono mancate, riferimenti cinematografici che sentiamo nostri. È un divertimento che scorre velocissimo, che consuma velocemente quel poco che ha, bruciando come carburante ciò che altri hanno costruito. Non ci prova nemmeno a lanciare una sua canzone, una sua idea, qualcosa di nuovo, originale. Un usato di grandissima qualità, che ci fa dire che ormai la qualità cinematografica non si misura sul metro delle idee, ma su quella della qualità della loro rielaborazione.