The Green Inferno

di Luca Pinchiroli
Eli Roth finalmente é tornato.
Con ritardo, ma ce l'ha fatta, e finalmente The Green Inferno é qui.

Presentato in anteprima al Toronto Film Festival nel 2013, The Green Inferno é poi scivolato nel limbo dei ritardi più o meno programmati, sfiorando un paio di volte la cancellazione per poi arrivare finalmente sul grande schermo nel 2015.

Durante questo lasso di tempo il film ha sempre trovato i giusti argomenti per continuare a far parlare di sé. Il fatto che la sinossi fosse ormai di dominio pubblico e che la pellicola trattasse il tema del cannibalismo, unito al nome del regista e al fatto che pochissime persone l'avessero effettivamente visionato, ha elevato il film ad uno status di icona horror con infinite discussioni a riguardo.

La domanda che ha accompagnato l'uscita della pellicola era solo una: é valsa la pena aspettare tutto questo tempo? Andiamolo a scoprire.



Horror e cannibalismo



The Green Inferno si ispira ed omaggia palesemente i cannibal movie di scuola italiana degli anni ‘80, Cannibal Holocaust di Deodato in primis che da anche il nome alla pellicola (ricordiamo infatti che Green Inferno era il titolo della seconda parte della pellicola del regista di Potenza).
Come il film da cui trae ispirazione, The Green Inferno utlizza la protesta sociale per proiettarci in un mondo di orrore primitivo. Justine (Lorenza Izzo), una matricola del college, viene ammaliata dall'attivismo sociale universitario che la porta in pochi giorni nella foresta amazzonica a rischiare la propria vita per tentare di salvarla dalla deforestazione. Durante il viaggio di ritorno il motore dell'aereo che li sta riportando a casa subisce un guasto, precipitando nella foresta e lasciando i sopravvissuti alla mercé di una tribù di cannibali.

A differenza del film di Deodato però la sottotrama sociale viene a decadere ben presto, aggravata da una resa degli attivisti che fanno di tutto per risultare odiosi e antipatici agli occhi dello spettatore. Magistrale, al contrario, la resa di Roth dietro la pellicola. Per contrastare un inizio di film abbastanza lento, le splendide immagini della natura amazzonica ci regalano degli spaccati del Perù davvero incantevoli.



A contrastare una prima parte di film decisamente lenta, in cui ci vengono presentati forse troppi personaggi che scorrono anonimi davanti a noi, nella seconda parte della pellicola Roth da il meglio di sé, offrendoci uno spaccato della vita quotidiana della tribù che trasuda un'umanità quasi inaspettata da parte di una tribù di cannibali e un ritratto convincente dei (pochi?) sopravvissuti.

Non é tutto rose e fiori però e ci sono anche delle noti dolenti e in particolare ci riferiamo alle sequenze splatter vere e proprie. Inutile negare che dopo averne tanto sentito parlarne e sapendo che gli effetti speciali sono stati creati da Greg Nicotero (realizzatore fra l'altro degli zombie di Walking Dead), le aspettative di trovarsi davanti agli occhi qualcosa di sconvolgente erano molto alte. E invece é proprio qui che Roth sembra tirare il freno a mano.

Le parti splatter ci sono e sono disgustose, intendiamoci, ma date le premesse e il genere conclamato dalla pellicola non presentano nulla che non sia già stato visto in altri film di genere, e non solo in b-movie di quart'ordine ma anche in pellicole mainstream come per esempio la saga di Saw.

Se siete fan di Cabin Fever e della saga di Hostel certo non vorrete perdervi il ritorno dietro la macchina da presa di Eli Roth e la sua incursione nel mondo dell'horror cannibale. Per tutti gli altri, The Green Inferno potrebbe essere un buon punto d'inizio per avvicinarsi ad un genere che negli anni d'oro del cinema di genere italiano, ha reso famosi i nostri registi in tutto il mondo, senza raggiungere picchi di brutalità insopportabili e risultando anche allo stesso modo una pellicola divertente.