The Lobster

di Elisa Giudici
Nonostante il responso della critica non fosse unanime, la giuria dell'ultimo festival di Cannes ha premiato la sceneggiatura frutto dell'inesauribile immaginazione di Yorgos Lanthimos, alle prese con una bizzarra e cupa distopia emozionale. Se conoscete i lavori precedenti del regista sapete bene che entrando in sala bisogna sempre aspettarsi che la realtà e la narrazione si pieghino in dimensioni trasognanti e un po' allucinate, e pur presentando un registro visivo molto elegante, The Lobster non fa eccezione.



Siamo in un futuro non meglio definito, ma vicino. Le case, le strade e le persone sono illuminate da un chiaroscuro opprimente, i colori sono smorzati, ma non c'é nulla di diverso rispetto all'oggi, almeno tecnologicamente parlando. Basta però osservare un contatto sociale di qualsiasi tipo per percepire quanto sia radicalmente cambiata la nostra realtà. Il mondo di The Lobster é infatti ossessionato dalle relazioni tra persone, rigidamente divise tra accoppiate e solitarie. Badate, non é nemmeno un giudizio di merito: anaffettivi, violenti, masochisti, bugiardi, psicopatici...se formano una coppia sono sempre ben accetti. Chi invece come David (Colin Farrell) non riesce a ricominciare dopo la fine di una storia, ha l'obbligo di alloggiare in un hotel, dove avrà poco più di un mese di tempo per trovare un nuovo partner.

La prima parte del film illustra la surreale permanenza nella struttura alberghiera, dove le giornate sono rigidamente scandite da tentativi di accoppiamento tra simili in ricostruzioni artificiali di momenti d'interrelazione sociale, lezioni stranianti sulla nocività dell'essere single e sessioni di caccia all'uomo. Chi infatti non riesce a trovare un partner e a superare le prove che attestano la solidità della coppia nei tempi previsti viene spedito nella foresta antistante e cacciato dagli ospiti. Ad ogni single scovato e narcotizzato, si guadagnano giorni di permanenza, mentre il prigioniero catturato viene trasformato in un animale che ha scelto all'inizio del soggiorno; da qui il titolo e la scelta di David.



Gli equilibri e l'interpretazione del film cambiano completamente quando ci si sposta all'interno della foresta, dove vivono i dissidenti, i solitari per scelta. Organizzati in piccole sacche che perpetuano terribili vendette schivando i controlli della polizia (perché sì, bisogna girare accoppiati o con il certificato di matrimonio in tasca), i single sono altrettando rigidi, quasi militarizzati da un codice d'onore che prevede pene orribili per chi cede all'amore.
La paura più grande e il tabù invalicabile in definitiva sembra proprio quello di cedere ai sentimenti, di non razionalizzare un rapporto sulla base degli aspetti in comune, di scegliere il romanticismo che ti permette di tentennare e ti aliena dalle due fazioni.

Se oggettivamente la seconda parte é meno solida della precedente e il finale non é piaciuto a tutti (personalmente l'ho trovato la degna coronazione del film), un grande parterre di attori di comprovata professionalità nei ruoli principali e secondari garantisce un prodotto di qualità: oltre a Farrell e a Rachel Weisz, troviamo Olivia Colman, Ben Whishaw, Michael Smiley e Léa Seydoux in un ruolo caustico, che finalmente la valorizza oltre la sua bellezza.