The Monkey è un adattamento di Stephen King divertente (e non è poco)

Nell’inarrestabile flusso di adattamenti di Stephen King che popolano cinema e servizi streaming, The Monkey offre una sorta di anteprima gradevole e non ufficiale del prossimo ritorno di Final Destination.

The Monkey è un adattamento di Stephen King divertente (e non è poco)

La maledizione dell’adattamento di Stephen King per una volta non ha colpito. Chissà, forse il più prolifico scrittore di horror di fine Novecento l’ha attirata su di sé lamentandosi dell’adattamento di Shining di Stanley Kubrick o forse dipende dal fatto che un unico agente, da sempre, gestisce le contrattazioni per gli adattamenti di tutta la sua immensa opera con una molteplicità impressionante di soggetti. Fattostà che queta sorta di maledizione cinefila noi spettatori ancora oggi la espiamo sulla nostra pelle, con decadi di adattamenti tra il deludente e l’agghiacciante a tenerci compagnia ogni anno su schermi piccoli e grandi.

The Monkey è un adattamento di Stephen King divertente (e non è poco)

The Monkey se la cava, ma era lecito aspettarsi di più

Con King al cinema, in anni recenti, ogni tanto è andata bene, vedi l’ottimo Black Phone. Più spesso è andata così così e talvolta veramente male, vedi quanto successo con La torre nera. The Monkey sta nel mezzo, all’incirca. Non è un film esaltante che fa urlare alla nuova gemma horror ma non nemmeno quell’uscita di genere mercenaria in cui i nomi coinvolti hanno fatto davvero il minimo dello sforzo necessario per mettere su il simulacro di un film e guadagnare qualche soldo. Considerando i nomi coinvolti, era persino lecito aspettarsi qualcosa di più: alla regia del film infatti c’è Osgood Perkins, osannato appena qualche mese fa per un’altra piccola pellicola di genere, Longlegs con protagonista Nicholas Cage.

Soprattutto dietro The Monkey c’è James Wan alla produzione con la sua Atomic Monster, casa di produzione che l’anno scorso è stata inglobata dentro Blumhouse, pur mantenendo logo e diciture separate. Wan da solo è il responsabile dell’avvio di franchise horror come The Conjuring e relativi di spin off e M3gan. Ora, lavorqando sotto l’egida di Blumhouse (a sua volta nell’orbita d’interesse di Universal), è comprensibile aspettarsi qualcosa di potenzialmente ambizioso a ogni sua uscita.

The Monkey ambizioso lo è a modo suo e anzi, brucia sul tempo l’imminente ritorno di Final Destination al cinema, proponendo una formula molto simile: la morte con il suo latteo cavallo che cammina più spesso del solito tra i vivi e si diverte a sacrificarli in maniera deliziosamente arzigogolate e macabre.

Tanto che The Monkey diventa quasi una commedia nera: è in quella direzione che lo spinge Osgood Perkins in qualità di sceneggiatore, utilizzando il racconto breve di King incluso nell’antologia Scheletri (1985) come mero punto di partenza. Al centro di entrambe le storie da titolo c’è un giocattolo meccanico con le fattezze di una scimmietta che suona uno strumento musicale. Nella versione di King la scimmia suona dei piatti, in quella del film è una tamburina, con la bacchetta che rotea nella mano destra prima di calare sullo strumento e suonare un motivetto circense.

The Monkey è un adattamento di Stephen King divertente (e non è poco)

L’inizio del film sembra essere più connesso al racconto del resto, anche se la meccanica che scopriamo nel corso della pellicola è più o meno la stessa. The Monkey infatti rientra nel classico filone degli horror in cui c’è un oggetto connesso al male assoluto di cui diventa possibile disfarsi e di cui, pian piano, i protagonisti comprendono regole e meccanismi di funzionamento, cercando una via d’uscita. In questo caso i due ragazzini sono più che semplici vittime: in teoria infatti il giocattolo non si può attivare da solo. Viene caricato tramite una chiave dall’utilizzatore e solo a quel punto semina morte. Quando l’oggetto diabolico sceglie di abbassare la zampa destra e suonare il tamburo, qualcuno muore molto, molto male.

Il come, il chi e parte del perché vengono via via scoperti dai due ragazzini protagonisti della storia, che replica la struttura alla IT molto cara a King: si parte con i due fratelli adolescenti che s’imbattono nella scimmia meccanica e si salta a un futuro in cui sono ormai adulti dalle vite che non sono andate per il meglio, per sempre deviate dal peso dell’incontro con il suddetto giocattolo ma soprattutto dai non detti della loro relazione già dal principio complicatissima. I protagonisti di The Monkey sono infatti due fratelli gemelli che ricalcano la dinamica del bullo e della sua vittima a scuola. La scimmia l’hanno ereditata dal padre e, nell’attivarla le prime volte, diventano incolpevoli portatori di morte,compiendo un paio di scelte che cambieranno per sempre il loro rapporto.

The Monkey è l’ennesimo horror per parla di paternità difficili

Quando sono adulti vengono entrambi interpretati da Theo James, che dà un bello scossone alla sua carriera con questo duplice ruolo che mette sotto una nuova luce le sue qualità attoriali. The Monkey infatti si inserisce in un filone ormai sempre più popoloso di horror recenti che utilizzano l’orrorifico per raccontare le difficoltà delle figure genitoriali e in particolari paterne. Qualche settimana fa parlavamo di The Wolfman con un padre divorato dalla paura di diventare una figura negativa per la figlia come lo era stato per lui il suo genitore. In The Monkey invece il protagonista è un padre assente dalla vita del figlio per il terrore di esporlo alla maledizione della scimmia meccanica. Questa sua mancanza però incide profondamente sulla vita del ragazzo, anche solo perché il ruolo paterno se lo prende un personaggio grottesco (interpretato in un cameo da un esilarante Elijah Wood).

The Monkey è un adattamento di Stephen King divertente (e non è poco)

The Monkey è la storia di due generazioni di padri assenti a confronto, preoccupate per l’incolumità della propria prole, a cui si tenta di aggiungere un’inversione di rotta data proprio dalla scimmia meccanica. Scena dopo scena, diventa sempre più chiaramente il simbolo e il simulacro dell’imprevedibilità della morte, della sua costante presenza nelle nostre vite, dell’impossibilità di piegarla al nostro volere e farle ammazzare chi vogliamo, quando vogliamo. Il messaggio di The Monkey è quindi piuttosto semplice: non si può sfuggire alla morte e al male che governa il mondo, anche se quando lo si perpetua in prima persona si ha l’impressione di essere immuni, protetti. L’accettazione di questo rischio al proprio fianco è necessaria per vivere la propria vita appieno, o almeno per tentare di farlo senza alienare gli altri.

Il tutto ovviamente condita da un crescendo di morti assurdamente arzigogolate, via via più crudeli nel loro essere intricate e divertenti, calato in una bizzarra ricostruzione degli anni ‘90 con scelte sopra le righe non proprio ben orchestrate (la gang di bulle a scuola, per citare un esempio). The Monkey perde il proprio mordente kingiano proprio nel decrescendo della crudeltà della sua narrazione. Anzi, sembra cercare attivamente di essere la versione soft della scrittura del Re del Terrore, finendo quasi per essere una commedia grottesca con qua e là qualche passaggio amaro. Quel che perde in forza e incisività però lo guadagna in divertimento gore scacciapensieri. 

The Monkey

Rating: TBA

Nazione: Stati Uniti

6

Voto

Redazione

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The Monkey

La sorpresa migliore di The Monkey è la doppia performance di Theo James, che lo rimette sulla mappa hollywoodiana e non solo in qualità di giovane interprete piacente, ma di attore con un certo qual spessore forse fino a oggi insospettato. Il regista e sceneggiatore Osgood Perkins invece decide di contenere le ambizioni e andare sul sicuro, utilizzando lo spunto creativo kingiano più per divertire che per andare a caccia di un commentario dell’animo oscuro umano tanto caro allo scrittore e ai suoi fan. The Monkey si rivela insomma una sorta di commedia “mortale” alla Final Destination, ma in versione un po’ spuntata rispetto alla raffinata crudeltà di quel franchise. Si lascia vedere, è gradevole ma non riesce ad essere davvero incisivo.

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