The Palace: Polanski torna a casa
A quattro anni dal suo ultimo film, Roman Polanski torna al cinema. Con una satira sui tempi moderni che graffia ma perde varie occasioni per fare veramente epoca.
di
livio.ricciardelli
Roman Polanski dopo quattro anni torna alla regia, a seguito del controverso successo di critica de L'’ufficiale e la spia (elogiato ma al tempo stesso boicattato in Francia).
E anche in questo caso il regista francese di origine polacca ha scelto Venezia come luogo di presentazione del suo nuovo lavoro The Palace, film fuori concorso in occasione dell'ultima Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia.
ll film si svolge all'interno di un albergo di lusso (The Palace, appunto) sulle Alpi svizzere nella notte tra il 31 dicembre del 1999 ed il primo gennaio 2000. Vari personaggi si apprestano a vivere assieme l'ultima notte del millennio: un ricco imprenditore che si rivelera' essere un truffatore (Mickey Rourke), un anziano magnate accompagnato dalla giovane moglie (John Cleese), una dama francese affezionatissima al suo cagnolino (Fanny Ardant), un ex attore di film porno (Luca Barbareschi), un console ed alcuni mafiosi russi e varia umanità. Il tutto mentre un disperato direttore di albergo (Oliver Masucci) cerca di risolvere le situazioni più stravaganti a poche ore dalla fine del millennio.
The Palace ha avuto un'accoglienza tiepida in occasione dell'ultima Mostra del Cinema veneziana.
Si può dire infatti che se da una parte la pellicola risulta essere un omaggio alla filmografia di un grande maestro del cinema europeo (basti pensare alla citazione implicita da Chinatown o i rimandi a Che? ben evidenti dalla presenza di Sydne Rome nel cast), dall'altra non possiamo non vedere il film come figlio della situazione di impossibilità da parte del regista di muoversi liberamente in giro per il mondo a causa delle sue varie controversie di natura giudiziaria che lo riguardano in numerosi paesi. Cosa che lo spinge perlopiù a girare film in luoghi chiusi (basti pensare a Carnage), in singoli appartamenti o come in questo caso in una struttura alberghiera.
Si può dire infatti che se da una parte la pellicola risulta essere un omaggio alla filmografia di un grande maestro del cinema europeo (basti pensare alla citazione implicita da Chinatown o i rimandi a Che? ben evidenti dalla presenza di Sydne Rome nel cast), dall'altra non possiamo non vedere il film come figlio della situazione di impossibilità da parte del regista di muoversi liberamente in giro per il mondo a causa delle sue varie controversie di natura giudiziaria che lo riguardano in numerosi paesi. Cosa che lo spinge perlopiù a girare film in luoghi chiusi (basti pensare a Carnage), in singoli appartamenti o come in questo caso in una struttura alberghiera.
In questo senso The Palace per quanto inseribile a pieno titolo nell'alveo del filone "senile" di un regista che ha fatto la storia del cinema, risulta essere un prodotto volutamente dissacrante.
In cui grandi nomi del cinema internazionale quasi si divertono a farsi dirigere in un film dalle poche pretese o sulla falsariga di un personale divertissement. In cui oltre ad una critica alla società contemporanea (in questo senso interessante il fatto che il leggendario co-sceneggiatore del primo film di Polanski Il coltello nell'acqua Jerzy Skolimowski risulti tra gli autori dello script) vi è anche un rimando ad un certo tipo di cinema.
Che va Neri Parenti a Castellano & Pipolo, col loro Grand Hotel Excelsior del 1982.
In cui grandi nomi del cinema internazionale quasi si divertono a farsi dirigere in un film dalle poche pretese o sulla falsariga di un personale divertissement. In cui oltre ad una critica alla società contemporanea (in questo senso interessante il fatto che il leggendario co-sceneggiatore del primo film di Polanski Il coltello nell'acqua Jerzy Skolimowski risulti tra gli autori dello script) vi è anche un rimando ad un certo tipo di cinema.
Che va Neri Parenti a Castellano & Pipolo, col loro Grand Hotel Excelsior del 1982.
5
Voto
Redazione
The Palace: Polanski torna a casa
Un pizzico di denuncia sociale in più non avrebbe sicuramente fatto male a questa ultima produzione del grande Polanski. Avrebbe sicuramente regalato un risultato più omogeneo in mezzo a urla, strepitii e defecazioni canine e, soprattutto, gli avrebbe più senso.