The Plane, recensione: Gerard Butler fa decollare un action per puristi
C’è qualcosa di profondamente irritante nel titolo di questo film: Plane. Per tacere dell’incomprensibile necessità della versione italiana di aggiungere l’articolo the: The Plane. L’aereo. Velivolo che a un certo punto della pellicola viene parcheggiato a lato di una pista di fortuna e della trama, perché Butler e soci sono pronti a menare le mani nella giungla. Il punto del film infatti non l’odissea aerea dei protagonisti, bensì la volontà di girare un action vecchio stampo e non eccessivamente iperbolico, a differenza delle prove più recenti del buon Butler.
Il titolo è forse l’unica, vera pecca di un’operazione che non ha ambizioni esagerate, ma si preoccupa di raggiungere i suoi obiettivi nel migliore dei modi. Un titolo così vago e carente di specificità da non fare giustizia a un film che, senza strafare, si dimostra molto preciso. Inoltre The Plane ha l’indubbio merito di consegnarci il suo protagonista - l’attore Gerard Butler - in splendida forma.
Per saperne di più continua a leggere la recensione di The Plane di Jean-François Richet:
- La trama di The Plane
- Cosa funziona e cosa no in The Plane
La trama di The Plane
Il comandante Brodie Torrance è un pilota dell’aviazione civile che, per intemperanze passate, è finito a servire su rotte aeree commerciali poco prestigiose come quelle del sud est asiatico. Scozzese di ferro e orgoglioso padre di una splendida adolescente, Torrance ha un passato militare nell’aviazione che risulterà cruciale per tirarlo fuori dai guai in The Plane.
Come da copione, non appena promette alla figlia che sarà di certo a casa in tempo per festeggiare insieme il Capodanno, Torrance attira su di sé sventure di stampo apocalittico. Un normale volo Tokyo-Singapore si trasforma in un incubo quando, a causa di una tempesta, un fulmine si abbatte sui velivolo e mette fuori uso la strumentazione di bordo e costringendo il prode capitano a un atterraggio di fortuna.
È solo l’inizio di un atterraggio all’inferno: Brodie e il suo scarno manipolo di passeggeri sono infatti finiti su un’isola filippina nelle mani della criminalità organizzata locale, che dei rapimenti e delle uccisioni di ostaggi dal passaporto internazionale fa il suo principale business.
Cosa funziona e cosa no in The Plane
Al pari di Liam Neeson, Gerard Butler si è costruito una seconda giovinezza cinematografica basata su film da cassetta e da battaglia. Il genere di release di tipo virile quando non machista, d’impronta action, bellica o catastrofica, dove un coriaceo protagonista di poche parole esprime tutto il suo essere un uomo vero riuscendo a portare a casa la pellaccia in situazioni disperate, salvando un qualche elemento cruciale: una figlia, un sottomarino, il presidente degli Stati Uniti.
Si tratta di un’evoluzione (o d’involuzione?) estrema del genere action, che spesso si diverte più a pensare sparate del tutto inverosimili ma roboanti da presentare al suo pubblico piuttosto che divertirlo con un’ottima esecuzione delle suddette.
The Plane in questo senso è un film così conservatore che ricorda un po’ certi action d’epoca reganiana, quelli con un solido approccio conservatore ma umano, un po’ da vecchio partito repubblicano statunitense. La trama del film prende presto una piega un po’ troppo sopra le righe per essere davvero credibile, ma ampiamente entro i limiti della sospensione dell’incredulità. Non mi riferisco tanto alle eccezionali doti di pilota di Torrance. Tom Hanks in Captain Phillips e Sully, entrambi basati su storie vere, ci ha già raccontato quanto il giusto capitano possa fare la differenza in situazioni disperate.
Il bello di The Planet è che sembra guardare a queste pellicole “tratte da storie vere” per tono e approccio nella messa in scena della sua trama inventata e altamente spettacolare. Questa concretezza, abbinata a scontri a fuoco e combattimenti corpo a corpo molto fisici, muscolari, mai pirotecnici se non proprio nel gran finale, conferisce a The Plane una patina di pragmaticità che permette alla spettacolarità di esplodere quando necessario, divertendo gli amanti del genere.
Poi quando ci si ferma a pensare si realizza che le probabilità che un certo tipo di missilistica leggera si trovi trovi su un’isola comandata da un gruppo di ribelli, per quanto possano essere il terrore delle autorità locali, è prossima allo zero. Ribelli sapientemente raccontati con una vaghezza tale da eliminare quanto possibile un non così ingiustificato sospetto di razzismo di fondo, centrale in certi action degli anni ‘80. Così come è improbabile che, pur avendo un background militare, Torrance riesca ad avere la meglio su svariati mercenari.
È il bello del cinema: quando i professionisti giusti si mettono al lavoro riescono a centrare il loro obiettivo per quell’istante in cui serve che noi spettatori si creda a queste esagerazioni.