The Predator

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Al di là del giudizio che si vuole affibbiare a questo The Predator, è accertato e insindacabile che Shane Black ha saputo metterci del suo. Regia e scrittura (a quattro mani con Fred Dekker) pendono clamorosamente verso lo stile e gli archetipi del regista di Pittsburgh, trasformando il predatore alieno in un qualcosa di totalmente differente rispetto a quello che abbiamo imparato a conoscere fino ad oggi…e no, non stiamo parlando solamente dei cani.

A spasso su Marte

PAZZI E PREDATORI

Sin dall’inizio la storia ricalca quella piuttosto semplicistica di altri prodotti di genere: un soldato che sopravvive ad una grande minaccia, un governo che vuole insabbiare tutte le prove di una minaccia aliena, la classifica scienziata (in questo panni la bellissima Olivia Munn) che si scopre anche abile soldatessa e quei tre o quattro colpi di scena che - telefonati o meno - cercano di smuovere un plot che procede con l’autopilota.

Niente di più canonico insomma, eppure, nella prima ora, alcuni elementi innovativi si percepiscono. Il soldato Quin McKenna (Boyd Holbrook) ricorda un po’ il John McClaine di Die Hard, ma anche il Martin Riggs di Arma Letale. Un personaggio che, per affinità caratteriali, è molto vicino allo stile che Black ha sempre stereotipato nei suoi film.

Anche perché, è bene sottolinearlo, uno degli elementi che abbiamo apprezzato del film è proprio l’eclettica e disinibita danza su più generi. La squadra che McKenna tira in piedi è di fatto composta da ex marine con problemi mentali e psicologici ( c'è chi soffre della sindrome di Tourette e chi che ha tentato il suicidio), che mischiano in più di un passaggio il "buddy movie" alla commedia tipica di Black. Il tutto è ovviamente condito da scene d’azione che vedono l’estremo predatore protagonista assoluto come minaccia per la terra.

Una storia che si amalgama attorno alla figura di Predator, ma che purtroppo non evita diversi e fastidiosi grumi. In primis la presenza di un ragazzino, figlio di McKenna, che soffre di autismo ma in grado di decifrare messaggi alieni, figura sviluppata in maniera davvero troppo superficiale; e poi lui, Predator stesso - anzi i Predator (ci fermiamo qui per non fare troppi spoiler); la macchina di morte suprema, colui che permette al film di spingere sull’acceleratore del gore in maniera anche divertente e che cerca di accentrare su di se tutta la parte horror e di pura tensione.

Purtroppo però la figura che ne esce è stereotipata, mal gestita e non percepibile come una vera minaccia praticamente mai per tutta la durata della pellicola. Inoltre, nonostante dei piacevoli e costanti rimandi all’originale film del 1987, che faranno super piacere agli appassionati della saga, The Predator segna la sua definitiva insufficienza con una mezz’ora finale sbrigativa, gestita malissimo non solo in termini di fotografia ed effetti speciali, ma soprattutto nella credibilità di una figura che perde completamente di concretezza (senza contare le classiche scelte, un po’ stupide, a cui gli umani ci abituano in questi film).

Insomma, The Predator in linea di massima non ce la fa. Se tuttavia volete approcciarvi ad un film senza pretese (nonostante si provi comunque a veicolare qualche messaggio a sfondo politico e ambientale), in cui l’azione a sfondo commedy, più dell’horror, la fa da padrona, qualche spunto divertente riuscirete a trovarlo: d’altronde, in questo caso specifico, l’estro di Black è un porto sicuro. Se però lo guardiamo con gli occhi di un prodotto della saga, allora, al di là dei cambiamenti che possono e non possono starci, proprio non ce la fa a raggiungere lo scopo di appagare lo spettatore, a patto di scordarvi l'ultima mezz'ora, e un finale davvero raffazzonato. Peccato.

The Predator

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