The Watchers è la mela caduta troppo vicino all’albero: la recensione del film horror con Dakota Fanning

Appesantita da un cognome e un’eredità cinematografica molto scomoda, Ishana Night Shyamalan segue sin troppo le orme paterne nel suo debutto The Watchers.

di Elisa Giudici

ìDato il cognome che porta e considerato il film che presenta come esordio da regista, Ishana Night Shyamalan è pronta a fronteggiare paragoni con il padre, il cineasta M. Night Shyamalans. Difficile non pensare a un epigono del cinema del regista di The Village, Old e The Lady in the Water guardando le prime sequenze di The Watchers, anche ignorando il cognome della donna dietro la cinepresa.

Il problema di Ishana Night Shyamalan è proprio quello di essere una mela caduta davvero troppo vicina all’albero. La suspense e le tinte sovrannaturali saranno anche nel DNA di famiglia, ma in più circostanze Shyamalan Junior sembra ricercare volutamente il paragone con il cinema paterno, o forse la sua ala protettrice, avendo però molte delle debolezze di una regista esordiente e una storia di partenza che si sarebbe potuta e dovuta rafforzare.

Un film alla Shyamalan per la figlia di M. Night

La trama di The Watchers è adattata fedelmente da un romanzo del 2020 con lo stesso titolo e porta lo spettatore nel nord dell’Irlanda, nel folto di una fittissima foresta dove la luce solare sembra annegare e misteriosi punti di segnalazione numerati delimitano i confini di un zona oltre il quale c’è il non ritorno, la morte. Una foresta, ci avverte la voce fuori campo a inizio film, da cui nessuno è mai uscito, ai confini della quale i pali sono tappezzati di foto di persone scomparse.

Mina, interpretata dalla sempre solida e ricca di sfumature Dakota Fanning, finisce nel folto della foresta per caso, distratta da pensieri suicidi, dal gravare sulla coscienza del suo passato familiare, dall’inquietudine di un presente in cui non è centrata. La macchina che smette di funzionare pare inghiottita dalla nebbia e lei rimane sola, a piedi, nel folto del bosco. Porta con sé un uccellino dorato chiuso in gabbia, che ripete frasi sibilline. Anche lei finirà in gabbia, o per meglio dire in una bizzarra costruzione nel bel mezzo della foresta, l’unico punto sicuro dagli Osservatori del titolo.

A portarcela sarà Madeline (Olwen Fouéré) che le spiegherà insieme a Ciara (Georgina Campbell) e Daniel (Oliver Finnegan) come sopravvivere alla foresta e ai suoi bizzarri abitanti. Di notte gli umani rimangono chiusi nella costruzione con un lato in vetro specchiato e consentono alle creature di osservarli, vedendo dall’interno il proprio riflesso, ma sentendole muoversi. Mina è abbastanza depressa e abbastanza ribelle da infrangere alcune regole, finendo per intravedere un Osservatore, esplorarne una tana, scoprendo nella creature una fascinazione per tutto ciò che è umano. Mina diventa al contempo l’uccellino nella gabbia e l’umano che pronuncia le frasi che poi verranno imparate e ripetute da voci nel folto di una foresta che disorienta e fa impazzire.

The Watchers sopravvive a fatica alla sua risoluzione finale

Affonda nel folklore irlandese la risoluzione di un mistero che, in fondo, non è mai tale. Ishana Night Shyamalan sembra più interessata alla foresta sinistra attraversata dai suoi personaggi che a scavare a fondo nelle loro storie: sono volutamente un quartetto di volti da leggenda nord Europea dietro cui c’è pochissima storia. Ognuno di loro porta con sé una cicatrice, il simbolo di un rapporto familiare fallito, ma attorno c’è poco o niente. Anche così non serve un acume fuori scala per capire dove vada a parare il film, che funziona molto meglio quando vaga per la foresta accompagnato dalle bella colonna sonora tutta violini struggenti firmata da Abel Korzeniowski che quando poi si siede al tavolo e chiarisce l’intera vicenda.

Nonostante la durata tutto sommato contenuta (102 minuti), The Watchers fatica tantissimo a tenere in piedi un minimo d’interesse quando, a una ventina di minuti dalla fine, incontra una sorta di finale e cerca di sopravvivergli, d’infilare un altro ribaltone. A Fanning tocca il supplizio di spiegare allo spettatore l’ovvio, portando in scena la risoluzione del conflitto interiore del suo tormentato personaggio che però avviene senza che il film riesca davvero a spiegare perché succeda.

A Shyamalan riescono decisamente meglio le atmosfere misteriose che le risoluzioni narrative tese. Il suo approccio alla materia fantastica del film ricorda certe fiabe senza tempo: The Watchers ha un dentro sempre illuminato da un’avvolgente luce dorata e un fuori fatto di ombre di un gelido azzurro. Il film opta per un ritmo lento, che porta lo spettatore a esplorare pian piano la foresta dopo un’apertura tesa, volta a sottolineare la pericolosità degli abitanti della foresta. L’impressione è proprio che una pellicola più votata al lato fantastico sarebbe stata più riuscita di una che si ritrova spalle al muro nel finale e deve far quadrare una serie di spiegazioni cavillose e coincidenze sospette per portare a casa il risultato.

Che strana creatura è il film di Ishana Night Shyamalan, che sembra volutamente ricalcare stile e toni del cinema paterno, senza avere per le mani una storia altrettanto solida. Se capitalizzasse di più sul folklore irlandese, se tentasse di essere un film fantastico, più che un horror, The Watchers the uscirebbe più solido. Invece mantiene il ritmo e la suspense a fatica per buona parte del film, ma si schianta completamente quando prova a sedersi e ha spiegare il tutto. L’impressione è che nelle mani di un regista con la giusta sensibilità e la capacità di riscrivere completamente la debolissima risoluzione finale, avrebbe anche potuto essere un gran film.