The Wolf of Wall Street

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Jordan Belfort é un giovane, rampante e ambizioso ragazzo di Long Island con un unico obiettivo nella vita: diventare ricco, il più ricco di tutti. Come? Non é importante, basta diventarlo. Proprio per questo motivo dopo essere stato rigettato da Wall Street decide di rientrarci dalla porta di servizio, fondando una sua società di brokeraggio, chiamata Stratton Oakmont, e trattando principalmente Penny Stock, aziende non quotate sulla borsa di Wall Street ma sulla quale c'é più percentuale di guadagno.

Scorsese ci racconta l'eccessiva, perversa, immorale ma a tratti affascinante stroria di questo sconsiderato yuppie degli anno '90.

Avidità e cupidigia, senza alcuna morale.


Il cinema di Scorsese é sempre stato pieno di personaggi per l'appunto “Scorsesiani”. Dal Toro Scatenato di De Niro, passando per i protagonisti di Casinò, sino allo stesso Di Caprio nei recenti The Aviator e Shuttered Island. Personaggi che nonostante tutto erano alla ricerca di una morale, di uno scopo, che emergeva nel corso della pellicola. Un percorso, non sempre positivo, che portava ad una analisi da parte dello spettatore e riflessioni più o meno profonde.

The Wolf of Wall Street


Tutto questo in The Wolf of Wall Street, non é presente. Il film ci accompagna in tre ore di immagini psichedeliche che si susseguono una dietro l'altra, accelerazioni e bruschi rallentamenti di ritmo, battute di cattivo gusto, linguaggio scurrile, ricerca dell'eccesso e molto altro ancora.

Scorsese invita il suo pubblico in un circo dove la finanza e il mondo di Wall Street fanno solo da sfondo all'avidità sconfinata, incurante e arrogante di un giovane yuppie che cerca nei soldi l'unica ragione di vita. E così per tre ore di film il nostro cervello sarà inondato da immagini edonistiche, spregiudicate, senza alcune morale.

In quella che sembra solamente una pellicola senza scopi profondi, che punta solamente a raccontare gli immorali eccessi di una generazione che ha gettato le basi per il tracollo economico che stiamo attualmente vivendo, vi sono però dei tocchi di pura classe che solamente un navigato cineasta come Martin Scorsese é in grado di realizzare. La sua regia é impeccabile, figlia di esperienze che l'hanno toccato personalmente, e raccogliendo a piene mani tutta l'esperienza ha assimilato nel corso di questi anni. Era da tempo che non si vedeva un Martin Scorse cosi arrogantemente affascinante dietro la macchina da presa. Il regista abbandona ogni velleità cercando di spingere costantemente l'acceleratore su quella che é stata la vita di questo persoanggio.



Il Jordan Belfort interpretato da un volgarmente straripante Di Caprio (in odore di Oscar) ci porta quindi in un mondo in cui droghe di ogni tipo (erba, cocaina e persino medicinali), escort, tradimenti e ricerca dell'eccesso sono situazioni all'ordine del giorno. Luoghi in cui si é talmente assuefatti dalla ricchezza che si possono lanciare dollari da una barca o gettarli nel cestino della spazzatura. Insieme a lui si muove un cast assolutamente convincente, a partire dal sempre più affermato Jonah Hill, che interpreta il braccio destro di Belfort, Donnie Azoff.

La particolarità della pellicola risiede nel non voler dare nessuna morale, cercando semplicemente di raccontare la megalomania di un uomo che anche nei momenti in cui il tracollo psicologico - quando si trova sotto indagine dall'FBI, con un ottimo Kyle Chandler nei panni dell'agente Denham - pare inevitabile, riesce ad essere fagocitato dalla sua totale avidità. Una costante autodistruzione che lo porterà a perdere tutto: due mogli, amici e molto altro. Tutto senza perdere l'obiettivo principale, i soldi.

Ma forse é proprio per questo che il film non convince del tutto, lasciando dell'amaro in bocca nel momento in cui compaiono i titoli di coda. Si é saliti sul carro dell'avidità, ci si é anche divertiti, ma una volta scesi rimane quel senso di vuoto che non riesce a saziare l'appetito dello spettatore.

Un peccato, perché grazie all'ottima sceneggiatura di Terence Winter - estrapolata dall'autobiografico romanzo del protagonista di questa storia, ci troviamo di fronte ad una sorta di American Psyco senza sangue e omicidi, con elementi che quasi richiamo anche Quei Bravi Ragazzi. Insomma, una girandola di momenti, situazioni e fotogrammi che difficilmente vengono dimenticati - non sempre in senso positivo - dallo spettatore. Il tutto con in sottofondo una colonna sonora che esattamente come tutto il resto del film, é assolutamente fuori controllo spaziando dalla musica classica ai Ramones.

Insomma ci si poteva aspettare di più da questo The Wolf of Wall Street. Non stiamo parlando di un film brutto, ma quello che rimane - tolta la patina scandalistica che sicuramente farà da traino alla pellicola - é un'ottima recitazione da parte degli attori, alcune scene che sono già entrate nella storia del cinema e una regia brillante. Ci si diverte per quelle tre ore, ma nonostante tutto alla fine della pellicola si rimane insoddisfatti, come se mancasse qualcosa. Insoddisfazione che probabilmente é proprio quella che tenta, involontariamente, di trasmetterci il nostro Belfort.

The Wolf of Wall Street