Tomb Raider
Lara Croft è stata (e forse lo è tutt’ora, anche se molto meno) una delle prime grandi icone pop femminili uscite dal mondo dei videogiochi. Una vera e propria invasione, a cavallo tra i ’90 e i 2000, all’interno dell’immaginario comune in un ruolo da sempre iconizzato nelle mascoline sembianze di Indiana Jones.
Dopo un primo esperimento cinematografico avvenuto nel 2001 (e relativo seguito nel 2003) con Angelina Jolie nel panni della signorina Croft. A riprovarci in questo 2018 è la bella e brava Alicia Vikander.
Una Lara più giovane, per un film che parla di origini e che si ispira al reboot della serie videoludica avvenuto nel 2013. Come è andata? Scopriamolo insieme!
Bello da vedere, ma…
La storia che racconta delle origini di Lara, mostrando anche piccolissimi spezzoni della sua infanzia ed adolescenza, si ispira piuttosto chiaramente ad alcuni degli elementi trainanti di quel Tomb Raider uscito nel 2013 su console di precedente generazione, riadattandola ovviamente per necessità di sceneggiatura.
Ci troviamo quindi davanti ad una ragazza che non riesce ad accettare la dipartita del padre. Sette lunghi anni passati a metà tra una matrigna interessata solamente al futuro dell’azienda Croft e piccoli lavoretti per mantenersi a galla. Tutto questo pur di non accettare un testamento che confermerebbe la morte del genitore, distruggendo ogni più flebile speranza di ritorno.
Una serie di indizi la porteranno a scoprire la vera vocazione del padre, intento a studiare la leggenda della Regina del Sole Himiko esiliata sull’isola di Yamatai, nell'arcipelago Giapponese, e protetta dal pericoloso mare del Diavolo. Intenta a scoprire la verità, Lara si avventura in quella che a tutti gli effetti è la missione che plasmerà l'eroina avventuriera che tutti oggi conosciamo.
Tomb Raider è un film che vive di contrasti, soprattutto se chi si siede sulla poltrona del cinema è (plausibilmente) anche videogiocatore di uno o di entrambi i capitoli che hanno fatto da reboot per la serie. Da una parte infatti troviamo un film chiaramente votato all’action, che funziona, non solo per le scene ben coreografate e citazioniste, in grado di trasmettere la vera essenza del videogioco (la sensazione di schiacciare tasti virtuali anche al cinema è fortissima), ma anche - anzi, soprattutto - per una Alicia Vikander perfettamente calata nel ruolo di una giovane Lara Croft. Atletica, credibile e con la giusta dose di carisma. Sotto questo aspetto indubbiamente un passo avanti notevole rispetto alla Croft della Jolie. L’attrice svedese riesce a trasmettere un maggior senso di fisicità grazie alla sua performance; dolore, fatica, sforzo e paura sono tutte sensazioni che la "nuova" Lara videoludica trasmetteva al giocatore, e che qui sono state riprese in maniera ottima per il grande schermo.
Se quindi da una parte la voglia di citare e omaggiare i recenti capitoli videoludici c’è ed piacevolmente percepibile dagli occhi dello spettatore, a mancare è una vera e propria infrastruttura narrativa in grado di sorreggere questo sforzo visivo. Personaggi che entrano e sparisco dalla storia, altri che vengono caratterizzati piuttosto male e scene che dovrebbero rappresentare momenti di pathos e crescita di Lara, che risultano invece piuttosto deboli. E questi sono solamente alcuni dei difetti macroscopici che emergono da una sceneggiatura che, anche nei piccoli dettagli, dimostra di essere un po’ superficiale e sbrigativa, nonostante una prima parte in cui si cerca di gettare le basi per quella che sarà la crescita emotiva e caratteriale del personaggio. Tolta la Vikander, il resto del cast non è all’altezza del ruolo che gli è stato chiesto di interpretare, eccezione fatta per un cammeo piuttosto simpatico di Nick Frost.
Chiudo parlandovi anche di una CGI piuttosto presente all’interno della pellicola, a volte ben realizzata, altre forse un po’ troppo artificiale, cosa tutto sommato neanche troppo sbagliata per quello che a tutti gli effetti cerca di mostrarsi più come un videogioco, dimenticandosi a volte di essere un film.