Trap, la recensione del film di Shyamalan
Il twist, questa volta, è proprio la sua assenza, ma Shyamalan dimostra di essere un regista con tanti assi nella manica. La recensione di Trap
A prescindere da quello che potrà essere il successo al botteghino di Trap, l’ultima fatica di M. Night Shyamalan rappresenta sicuramente un possibile punto di svolta per la sua carriera di regista. Se infatti la cifra stilistica di tutti i suoi lungometraggi risiedeva nel famigerato twist (tanto da venir ribattezzato come Shyamalan Twist), in Trap il regista di origine indiana decide di cambiare registro, scoprendo le carte fin dallo stesso trailer, che non solo mostra l’assassino, ma anche l’intera trappola messa in piedi per catturarlo.
Sullo sfondo, infatti, c’è il concerto di Lady Raven, popstar idolatrata dai giovanissimi, che allunga il suo tour per un ultimo appuntamento con i fans. In realtà il concerto è una mera copertura per scovare “Il Macellaio”, l’inafferrabile serial killer che fa letteralmente a pezzi le sue vittime e che sembra essere davvero irraggiungibile. Ma evidentemente anche lui ha fatto un errore, e la polizia tesse la tela per catturarlo.
Ma se quindi il grande twist è rivelato addirittura nel trailer, cosa rimane nella restante ora e quaranta minuti di film? Quella messa in scena da Shyamalan è un po' un gioco del gatto con il topo, che vede un brillante Josh Hartnett (perfettamente calato nel ruolo del serial killer psicopatico), cercare di sfuggire alla profiler dell’FBI che l’ha messo in trappola.
All’interno del palazzetto che ospita il concerto di Lady Raven (interpretata dalla stessa figlia di Shyamalan), Hartnett cercherà di escogitare qualsiasi stratagemma per sfuggire alla cattura salvaguardando comunque sua figlia, che ha accompagnato al concerto.
L’interpretazione di Hartnett è centrale per tutta la riuscita del film, e si è dimostrato perfetto nel gestire il doppio ruolo di padre amorevole, e totalmente scollato dal mondo dei giovanissimi a cui appartiene la sua adolescente figlia, e il sadico serial killer incapace di provare il minimo rimorso nello sbarazzarsi delle sue vittime, e sicuramente il suo aspetto da eterno, bravo, ragazzo l’ha aiutato non poco nell’interpretare un ruolo che rimane perfettamente a fuoco durante tutta la durata della pellicola.
L’esperimento di Shyamalan, funziona, perché partendo proprio dal plot twist anticipato, il resto del film è una continua partita a scacchi che riesce a coinvolgere lo spettatore a cui, tuttavia, si chiede di chiudere un occhio in alcune situazioni al limite del paradossale. Il ritmo è piuttosto serrato, anche se tutta la parte relativa al concerto riesce a prendere uno spazio piuttosto importante in termini di minutaggio, trovando comunque un suo equilibrio all’interno del film.
E, comunque, Shyamalan è pur sempre Shyamalan, per cui aspettatevi un piccolo colpo di scena sul finale, giusto per non perdere il suo tocco magico. Non è forse all’altezza delle sue migliori produzioni, ma questo nuovo corso della sua filmografia dimostra un coraggio fuori dal comune, riuscendo nel suo intento di regalare al pubblico un film con un’ottima progressione e ritmo.