Twisters, è sequel-sorpresa dell’estate: funziona alla grande. La recensione
Twisters è una delle sorprese dell’estate al cinema: un sequel che nessuno forse desiderava, ma che tra la sorpresa generale, funziona alla grande.
Twisters fa davvero bene due cose. Non è poco per una pellicola che qualcuno ha pensato di finanziare e produrre nella speranza che gli spettatori ricordassero e apprezzassero abbastanza un grande successo di botteghino del 1996 per tornare in sala 28 anni dopo vederne il sequel. Per i più impazienti quindi la risposta è: sì, vale la pena di andare in sala e godersi un popcorn movie riuscito, divertente, con un paio di passaggi davvero elettrizzanti. Anche se, a ben vedere, è un sequel della creatura di Jan de Bont fino a un certo punto.
Più che un sequel di Twister infatti, Twisters è un film figlio del suo tempo, che riesce a sintetizzare una marea di sensazioni, influenze, inversioni di marcia e tendenze attuali in maniera organica, coesa, che funziona su grande schermo. Le due cose che fa particolarmente bene sono realizzar un film oggettivamente riuscito e originale spacciandolo per un sequel di Twister e al contempo andare più incontro possibile ai desiderata del pubblico giovane e giovanile di oggi.
In questo senso Twisters potrebbe essere l’erede di Twister. Non tanto perché recupera qualche vago riferimento al passato (il cameo più rilevante è forse quello della data machine soprannominata Dorothy), ma perché cavalca bene le tendenze del presente. Come Twister, che si buttò a capofitto in un genere che a fine anni ‘90 ancora si stava codificando: quello di film plasmati per esplorare le possibilità dell’allora nascente effettistica visiva generata dai computer, ovvero la CGI. Gli spettatori oggi danno per scontato che, tra AI ed effetti visivi, il cinema possa mostrare loro di tutto. Twisters comunque ci prova a sorprenderli, con un paio di belle trovate per accendere i suoi tornadi di scintille, fiamme e quant’altro. Niente animali, però (a eccezione fatta di un pollo), perché anche in quel senso la sensibilità è molto cambiata. Dite addio alle vacche volanti e date il benvenuto a un cast ricolmo di star in formazione.
Twisters è l'ennesima conferma del carisma di Glen Powell
A capitanarlo è Glen Powell, che potremmo dire è ormai lanciato, per quanto si possa affermare qualcosa di simile in una Hollywood impazzita che non ha più nessuna vera star (nel senso che si dava al termine negli anni ‘90) sotto i 50 anni. Dopo lo strepitoso Hit Man - Killer per caso e la grande sorpresa Tutti tranne te, Powell si conferma il principe delle commedie romantiche di questi anni. Basta vederlo sotto la pioggia con jeans e maglietta bianca, mentre china il cappello da cowboy texano, voltando lo sguardo in direzione della finestra da cui non si affaccia la donna che ama per capire quanto questo ruolo gli calzi a pennello.
In Twister interpreta un “adorabile cazzone”, mi scuserete il francesismo. Tyler è uno YouTuber “domatore di tornadi” che se ne va in giro a fare dirette streaming inseguendo tempeste per scoprire se si possano lanciare fuochi d’artificio nell’occhio del ciclone, seguito da un giornalista terrorizzato e da una truppa di svitati che gli fa da team. Dovrebbe essere odioso, almeno fin quando, prevedibilmente, scopriamo che è ovviamente competente e ovviamente un uomo del cuore d’oro. Invece Powell trasuda un carisma e un’affabilità tale che è irresistibile fin dal suo primo, smagliante sorriso texano. Inoltre si porta sulle spalle il film con grande scioltezza.
Più sottile ma altrettanto incisivo è l’apporto della protagonista femminile, Daisy Edgar-Jones. La sua Kate è seria, posata, strozzata dal trauma e dal senso di colpa, competente all’eccesso, intuitiva e brillante. Il polo opposto di Tyler, la partenza perfetta per una commedia romantica "da rivali ad amanti" sotto mentite spoglie, punteggiata di tornadi e disastri, ma sempre commedia brillante.
Come il primo Twister (che occhieggiava alla screwball comedy tra un effetto speciale e l’altro), questo ritorno non è un disaster movie o un action puro, quanto più un classico blockbuster che tenta di cavalcare le tendenze. Ci riesce, eccome, a partire da scelte non convenzionali che si rivelano vincenti. È spiazzante vedere il nome del regista del toccante film Minari nei titoli di testa di Twisters, eppure è il suo approccio a far funzionare tutta la storia di Kate. Lee Isaac Chung riesce a inserire senza pesantezze e forzature una storia emblematica di questa era cinematografica: quella del superamento di un trauma, di un blocco emotivo. In quanto protagonista della serie Normal People, tratta da un libro bandiera per una generazione per cui questo elemento narrativo è pressoché fondamentale per raccontarsi e identificarsi, Daisy Edgar-Jones è il volto perfetto per questa missione.
Dopo Challengers e The Bikeriders, Twisters è il terzo film di quest’estate che propone al pubblico una sorta di triangolo amoroso, andando ben oltre a un vago suggerimento di fondo. Un triangolo interrotto, ancora una volta. non consumato. C’è lei, Kate, l’adorabile rivale texano, Tyler e Javi, l’ex compagno di avventure universitarie che non ha mai superato la sua cotta per lei. L'altro è interpretato da un Anthony Ramos che fa gli occhi dolci per tutto il film, al fianco di un David Corenswet cinico e scocciato (non male, in attesa di vederlo nei panni di Superman).
In questo frangente però c’è forse l’unico, vero passo falso della pellicola, che schiaccia sul pedale dell’acceleratore romantico per tutto il film. C’è tutto: gli sguardi, l’intesa, il flirt, la gelosia, persino il finale all’aeroporto da vera commedia romantica. Solo che poi non c’è niente. O meglio: nel momento in cui ci dovrebbe essere il bacio, il film si stoppa bruscamente e rimane lì, senza scelta, interrotto. Come non pensare a Pacific Rim, come non pensare ancora una volta a una generazione che vuol sospirare per la tensione, ma mai vederla realizzata nell’azione?
Infine Twisters riesce anche a incanalare, in maniera così ironica da risultare tagliente, quella tendenza alla meta-narrazione che è ormai una seconda natura del cinema di oggi. Cinema che commenta sé stesso e il mondo che lo genera, parlando direttamente allo spettatore. In attesa di Deadpool & Wolverine, che punterà alla grandissima sulla distruzione della quarta parete, Twisters distrugge direttamente lo schermo di un cinema, giusto dopo aver spinto i buoni del film a darsi dare perché “dobbiamo fare in modo che tutti vadano al cinema!”. In senso letterale, per ripararsi dal tornado, ovviamente. Ma il sottotesto è lì.