Un’avventura spaziale segna il grande ritorno per i Looney Tunes al cinema

Porky Pig e Daffy Duck guidano il sorprendente ritorno in sala dei Looney Tunes, che guardano allo stile d’animazione contemporaneo ma non si piegano i diktat dei trend attuali, conservando la loro innata irriverenza e regalando un ottimo film.

di Elisa Giudici

In una settimana affollatissima di uscite imperdibili come quella che stiamo vivendo un film come Un’avventura spaziale. Un film dei Looney Tunes rischia di passare inosservato e sarebbe davvero un peccato, perché Warner Bros. ha fatto solo un errore: presentare questo gioiello d’animazione in un week-end in cui faticherà a farsi notare dal pubblico (subendo per giunta la concorrenza del notevole Flow).

Il resto è una sorpresa riuscitissima e a tratti spiazzante, perché per il ritorno al cinema dei Looney Tunes Warner Bros ha scelto la strada più audace. Quella di attualizzare il character design e lo stile d’animazione degli storici personaggi del gran circo Looney Tunes mantenendo inalterata l’ironia caustica, a tratti nonsense, sensuale e decisamente adulta che ne caratterizza da sempre la natura.

Si capisce che il regista Peter Browngardt e il nutrito gruppo di sceneggiatori dietro alla pellicola non prenderanno scorciatoie sin dalla scelta del duo di protagonisti. Non c’è traccia di Bugs Bunny (neppure un cameo), il personaggio simbolo dei Looney Tunes, forse il più semplice dietro cui (ri)presentarsi al grande pubblico in sala dopo un lungo periodo di assenza. Al centro della scena c’è invece il duo composto dal timido, morigerato, balbettante Porky Pig e dal nevrotico ed esuberante Duffy Duck. La coppia funziona, specie quando affiancato dalla stramba ma acuta Petunia Pig e da una pletora di personaggi secondari in puro stile Looney Tunes.

Il ritorno dei Looney Tunes è davvero irriverente

Gli umani sono caricaturali, esagerati e deliziosamente sgradevoli, a partire dalla responsabile del decoro del quartiere così pettoruta da doversi riposizionare il décolleté per salire in macchina. Poco dopo ecco una tagliente doppio senso giocato sul dualismo tra cracks nel senso di crepe nel marciapiede e “crepa” tra le natiche di Duffy Duck che fanno capolino furbette tra il piumaggio che lascia scoperto il suo lato B. È qualcosa che siamo davvero disabituati a vedere nei prodotti d’animazione, impensabile in casa Disney e poco praticato nell’animazione adulta, europea, emozionale come quella, appunto, di Flow. Looney Tunes invece rimane fedele alla sua storia secolare di alternativa irriverente e adulta all’approccio familistico disneyano, crogiolandosi nel nonsense, nell’oltraggioso, irridendo l’approccio buonista degli altri.

All’inizio del film per esempio Porky Pig e Daffy Duck vengono salvati e allevati da Fattore Jim. È lo stereotipico personaggio dell’agricoltore statunitense massiccio, pragmatico e dal cuore d’oro, con la barba rossa e la camicia scozzese blu abbinata alla salopette. Jim è il genere di personaggio che salverebbe il piccolo Kal-El e lo crescerebbe come figlio. La genesi di Porky Pig e Daffy Duck in questo film è praticamente la stessa di Clark Kent, ma la pellicola è così consapevole della monodimensionalità di questa figura genitoriale surrogata da non animarla mai in maniera fluida, lasciando che sia una sorta di disegno pittorico in 2D che si muove a scatti, come una figurina di carta.

Poco dopo il fattore “se ne va”: il film fa sua l’espressione indiretta e dolce per alludere alla morte del personaggio, ma la rende letterale con Jim che si muove a balzelli verso un cielo al tramonto e i suoi figliocci che piangono disperati dicendo, appunto “se ne è andato”. Uno spunto fulminante dei tanti di cui è ricolmo un film che più avanti tirerà una bella gomitata alla concorrenza con un momento alla Mufasa de il Re Leone.

Il titolo scelto per l’uscita italiana rende un po’ più difficile mettere a fuoco la pellicola. L’originale The Day the Earth Blew Up: A Looney Tunes Movie (Il giorno in cui la Terra scoppiò) rimanda immediatamente col suo fraseggio al genere a cui guarda la pellicola, quello della fantascienza d’antan anni ‘50 e ‘60. La trama principale si apre con lo scontro degli spensierati Porky e Daffy con la razionalità della vita “normale” a cui loro non riescono proprio ad aderire, ma scivola ben presto “Ai confini della realtà” ****con la più classica delle striscianti invasioni aliene, con corollario di controllo mentale della popolazione mondiale.

La forza di Un’avventura spaziale è di parlare al pubblico adulto, senza filtri

Porky Pig e Daffy Duck, incapaci di aderire alla normalità umana, di tenersi un impiego e guadagnare i soldi necessari a riparare il tetto della propria abitazione che rischiano di perdere per sempre sono prevedibilmente gli unici in grado, a modo loro, di mettere a fuoco questa minaccia. Il pubblico a cui parla il film, tra riferimento al logorio di un lavoro ripetitivo ed invidie da ufficio, difficoltà a parlare con la propria cotta e nevrosi è decisamente adulto. Una scelta che rende Un’avventura spaziale. Un film dei Looney Tunes davvero un unicum o quasi nello scenario della commedia animata occidentale.

Il lungometraggio è pieno di sorprese, continue fughe in avanti che omaggiano l’animazione classica, con splendidi inserti musicali, numeri d’animazione “pura” di pregio, colpi di mano che strappano risate e ammirazione. Il tutto in 86 minuti di animazione inappuntabile, che attualizza il design dei personaggi senza sprecare un minuto o perdere il proprio ritmo incalzante. Porky e Daffy sono inquadrati e seguiti da una regia che sa aderire allo stile dei corti dei Looney Tunes ma, quando necessario, discostarsene per guardare alla storia del cinema di fantascienza dell’epoca d’oro, a ciò che in generale è cinematografico e dinamico.