Un Disastro di Ragazza
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Forse non ci avrete fatto caso, ma negli ultimi anni vi sarà toccato molto più di rado di accompagnare fidanzate ed amiche a vedere "film da donne" al cinema: la commedia sentimentale in senso stretto infatti é quasi scomparsa negli ultimi anni, rimpiazzata da un'attenta costruzione dei blockbuster.
Una strategia via via più esplicita, volta a portare anche le signore al cinema, dedicandogli qualche minuto d'attenzione e bilanciando meglio le botte da orbi con i dialoghi e il fanservice (insomma, un petto nudo in ogni film della Marvel in cambio del nostro silenzio su personaggi femminili inesistenti o sciocchini).
La considerazione più interessante emerge però analizzando quanto avvenuto nelle commedie sentimentali, che stanno attivamente lavorando in senso opposto, tentando di attrarre il pubblico maschile consenziente in sala. In questo senso (e solo in questo) Judd Apatow é un luminare e l'enorme successo statunitense di Trainwreck dimostra che forse di commedie romantiche in senso lato non ne vedremo più.
Se il regista si é via via specializzato nell'inversione dei ruoli, con donne forti e dai tratti considerati "maschili" e controparti inaspettatamente romantiche, stavolta meriti e colpe vanno attribuiti a Amy Schumer, l'assoluta protagonista della pellicola e sceneggiatrice del film, ritrovatasi sulla cresta dell'onda nonostante di carattere e fisicità non corrisponda al canone della star hollywoodiana.
Trainwreck sta tutto lì, nel piazzare un personaggio "sbagliato" in un canone che tende alla perfezione: Amy é una carrierista e amante impenitente, forgiata dal padre fedifrago sin da piccola a diffidare della monogamia e a godersi le gioie del sesso. Beve e fuma in quantità, si strizza in abiti seducenti senza imbarazzo, scrive per una rivista maschile sull'orlo della misoginia ed é felice così. Non falsamente felice o incapace di colmare un vuoto ancestrale: Amy é soddisfatta della sua vita, anche e soprattutto quando incontra la sorella Kim (Brie Larson), che al contrario ha reagito agli insegnamenti del padre costruendosi una perfetta vita familiare.
La macchina rodata va in crisi solo perché Amy si innamora di Aaron (Bill Hader), che come la totalità dei personaggi maschili nel film é alla ricerca di una relazione stabile e incline a un romanticismo che spiazza Amy e lo spettatore. Aaron, l'esilarante culturista involontariamente gay di John Cena, la stella del basket, il marito di Kim: tutti sono affidabili, fedeli, ti richiamano dopo la prima notte di sesso e proiettano su di te fantasie romantiche mentre bevono una birra al bar.
Si assiste insomma al ribaltamento dei ruoli che, insieme a un paio di comprimari davvero esilaranti (su tutti un'irriconoscibile Tilda Swinton, ma anche John Cena e Ezra Miller fanno scoppiare in sala risate ad alto volume) spiegano il successo del film.
Oltre alla rutilante Amy Schumer, impegnata corpo e anima nella causa, c'é davvero poco o nulla: una regia e un montaggio così maldestri da riuscire a interrompere la finzione scenica e una confezione non esaltante, senza contare molti personaggi potenzialmente interessanti mal gestiti e abbandonati per strada.
Il film regge alla grande fino a che finisce vittima del suo stesso imbarazzo e alla fine, pur risultando davvero divertente, rimane appena sopra la sufficienza. Amy vuole stare al fianco di Aaron ma si sente a disagio nell'inquadratura romantica che lui sogna per lei. L'equilibrio si rompe sul finale quando, senza nemmeno aver spiegato con efficacia perché Amy sia innamorata di lui, il film tradisce le sue premesse e cerca di riportare la sua protagonista sulla retta via, finendo per rendere politicamente corretti anche i passaggi più dirompenti della prima parte.
Una strategia via via più esplicita, volta a portare anche le signore al cinema, dedicandogli qualche minuto d'attenzione e bilanciando meglio le botte da orbi con i dialoghi e il fanservice (insomma, un petto nudo in ogni film della Marvel in cambio del nostro silenzio su personaggi femminili inesistenti o sciocchini).
La considerazione più interessante emerge però analizzando quanto avvenuto nelle commedie sentimentali, che stanno attivamente lavorando in senso opposto, tentando di attrarre il pubblico maschile consenziente in sala. In questo senso (e solo in questo) Judd Apatow é un luminare e l'enorme successo statunitense di Trainwreck dimostra che forse di commedie romantiche in senso lato non ne vedremo più.
Se il regista si é via via specializzato nell'inversione dei ruoli, con donne forti e dai tratti considerati "maschili" e controparti inaspettatamente romantiche, stavolta meriti e colpe vanno attribuiti a Amy Schumer, l'assoluta protagonista della pellicola e sceneggiatrice del film, ritrovatasi sulla cresta dell'onda nonostante di carattere e fisicità non corrisponda al canone della star hollywoodiana.
Trainwreck sta tutto lì, nel piazzare un personaggio "sbagliato" in un canone che tende alla perfezione: Amy é una carrierista e amante impenitente, forgiata dal padre fedifrago sin da piccola a diffidare della monogamia e a godersi le gioie del sesso. Beve e fuma in quantità, si strizza in abiti seducenti senza imbarazzo, scrive per una rivista maschile sull'orlo della misoginia ed é felice così. Non falsamente felice o incapace di colmare un vuoto ancestrale: Amy é soddisfatta della sua vita, anche e soprattutto quando incontra la sorella Kim (Brie Larson), che al contrario ha reagito agli insegnamenti del padre costruendosi una perfetta vita familiare.
La macchina rodata va in crisi solo perché Amy si innamora di Aaron (Bill Hader), che come la totalità dei personaggi maschili nel film é alla ricerca di una relazione stabile e incline a un romanticismo che spiazza Amy e lo spettatore. Aaron, l'esilarante culturista involontariamente gay di John Cena, la stella del basket, il marito di Kim: tutti sono affidabili, fedeli, ti richiamano dopo la prima notte di sesso e proiettano su di te fantasie romantiche mentre bevono una birra al bar.
Si assiste insomma al ribaltamento dei ruoli che, insieme a un paio di comprimari davvero esilaranti (su tutti un'irriconoscibile Tilda Swinton, ma anche John Cena e Ezra Miller fanno scoppiare in sala risate ad alto volume) spiegano il successo del film.
Oltre alla rutilante Amy Schumer, impegnata corpo e anima nella causa, c'é davvero poco o nulla: una regia e un montaggio così maldestri da riuscire a interrompere la finzione scenica e una confezione non esaltante, senza contare molti personaggi potenzialmente interessanti mal gestiti e abbandonati per strada.
Il film regge alla grande fino a che finisce vittima del suo stesso imbarazzo e alla fine, pur risultando davvero divertente, rimane appena sopra la sufficienza. Amy vuole stare al fianco di Aaron ma si sente a disagio nell'inquadratura romantica che lui sogna per lei. L'equilibrio si rompe sul finale quando, senza nemmeno aver spiegato con efficacia perché Amy sia innamorata di lui, il film tradisce le sue premesse e cerca di riportare la sua protagonista sulla retta via, finendo per rendere politicamente corretti anche i passaggi più dirompenti della prima parte.