Unbroken

di Simone Rampazzi
Louis Silvie Zamperini era un italo-americano classe 1917 nato ad Olean, nello stato di New York. Un uomo tutto d'un pezzo, come si suol dire, soprattutto se consideriamo i suoi record personali segnati durante tutto il corso della sua vita, sia in ambito atletico, che in quello militare.

Nel primo, infatti, dimostrò grandi doti fisiche che gli permisero di ricoprire il ruolo di protagonista alle Olimpiadi del 1936 di Berlino, dove superò i suoi connazionali battendo il record di giro più veloce nella categoria dei 5000 metri piani. Per quanto riguarda invece la carriera militare, il buon Zamperini partecipò alla Seconda Guerra Mondiale, passando dai pericolosi bombardieri ai campi di detenzione giapponesi, dove trascorse molto tempo fino al concludersi del conflitto.

Una vita di successi, e di enormi sacrifici, che lo hanno poi visto spegnersi alla veneranda età di 97 anni. Un'esistenza surreale ed incredibile che, dopo aver entusiasmato milioni di lettori con la biografia redatta da Laura Hillenbrand, tenta quest'oggi di raggiungere i sentimenti degli spettatori di tutto il mondo, grazie al nuovo lavoro diretto da Angelina Jolie, titolato Unbroken.



Il modello americano e una storia piena di cliché



Le vicende narrate nella pellicola si presentano come un ottimo “specchio per le allodole”, ossia, cercano di attirare lo spettatore verso un dramma di gran peso, a tratti surreale, per poi rivelarsi in realtà un semplice espediente per convogliare, quasi senza filtro, una serie di paradossi basati sul modello del “perfetto americano”, pronto a rialzarsi dopo ogni ostacolo per poi ripartire più forte di prima.

Una sensazione che appare chiara fin dall'inizio del film, quando Pete, fratello del protagonista, chiede di ricordare ad un giovane Zamperini in partenza per le Olimpiadi, che “un momento di gloria può valere una vita di dolore”. Da lì in poi la pellicola sarà un susseguirsi di momenti che sembrano essere posti al pubblico non tanto per raccontare la straordinaria storia del protagonista, quanto piuttosto a voler "disegnare" una sagoma di misticismo intorno al medesimo, che si nutre della linfa vitale di quest'ultimo per servire, su un piatto d'argento, la solita minestra riscaldata.
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La stessa struttura della pellicola fa completamente affidamento su questi artifici, costruendo una trama fin troppo lineare che comincia oltremodo ad appesantirsi una volta raggiunta la metà del film, colpa di una serie di nozioni forse un po' troppo ridondanti e completamente asservite all'idea di presentare un mito piuttosto che una realt.

Tale riproduzione potrebbe combaciare a pennello con l'esposizione di un poema epico simile all'Odissea, dove il nostro Ulisse/Zamperini vive numerosi momenti di “resa” che sembrano portarlo fuori strada, ed addirittura incontro alla morte, per poi invece rivelarsi delle “chimere” pronte a saggiare la sua tempra, per vederlo infine comunque uscire vittorioso, ammaccato nel corpo ma fortificato nella spirito.

Di per sé, il messaggio é stupendo, e difficilmente un dramma umano di questa portata può far rimanere indifferente chiunque, ma il canale utilizzato per cogliere l'empatia dello spettatore in sala, di fronte ad una storia densa di aneddoti e particolari incredibili, pende pericolosamente verso una direzione fin troppo artificiale.

Un ulteriore conferma, dunque, che l'intera narrazione sia proprio costruita non per raccontare cronologicamente una serie di fatti, ma bensì per creare un “favola” in pompa magna pronta per essere messa in campo quasi come una réclame televisiva, piuttosto che come un esempio concreto da seguire.



Resta comunque da considerare la buona interpretazione degli attori coinvolti nel cast, dove troviamo un giovane Jack O'Connell come protagonista perfettamente in linea con il ruolo, nonché pronto a mettersi alla prova anche fisicamente per poter riuscire a regalare una trasposizione più che veritiera dei drammi narrati.

Purtroppo la storia di quest'eroe non basta a tenere in piedi da sola tutto il pathos della pellicola, a dimostrazione che probabilmente la Jolie abbia ancora molta strada da percorrere prima di poter confezionare prodotti originali. Ecco, seguendo proprio questa linea di pensiero, possiamo dire che il film della regista manchi proprio di originalit.

Un vero peccato, anche perché la narrazione non ha veramente nulla da invidiare a controparti dello stesso periodo, soprattutto se teniamo in considerazione l'ultimo lavoro di Eastwood con American Sniper, che ha cercato di sondare lo stesso terreno con tematiche molto simili, sprecando alcune occasioni (come scritto anche nel nostro articolo dedicato) ma presentando comunque molti più pregi, figli comunque di una professionalità sicuramente differente.