Per Uno Rosso ci aspetta un Natale muscolare, militarizzato e molto macho: la recensione

Uno Rosso è un film a malapena passabile, che però fornisce un sacco di spunti di riflessione affascinanti su come racconta il Natale e usando quali intepreti.

di Elisa Giudici

Non devono essere ore facili a casa Dwayne Johnson. La vecchia roccia di Hollywood, sempre ipersteroidea nell’aspetto, si prepara a scontrarsi col botteghino dopo mesi in cui la stampa le ha sostanzialmente remato contro. Dal set di Uno Rosso infatti sono giunte voci poco rassicuranti rispetto a un comportamento poco professionale del suo protagonista, che avrebbe causato un aumento vertiginoso dei costi di produzione fino a 250 milioni di dollari.


Uno Rosso arriva al botteghino circondato da parecchie voci e gossip negativi

Di certo in Uno Rosso non c’è nulla che suggerisca un budget extra large. Il mistero è semmai perché Amazon vada incontro a un super flop al botteghino facilmente prevedibile (specie in una settimana di uscite tra le più competitive dell’anno) al posto di presentare questo film nella cornice che gli è più affine: il lancio in piattaforma streaming in periodo pre-Natalizio. Uno Rosso è infatti un discreto film “usa e getta”, di quelli che sanno creare un momento di aspettativa tra gli spettatori quando trovano il bandone grafico dedicato nell’home page del proprio smart TV. Anzi, in questo senso guarda palesemente ai film “evento” di Netflix, ne copia la formula e tira fuori un risultato tutto sommato anche migliore della sconfortante, abissale media qualitativa dei titoli con cui la grande N rossa rimpolpa il suo catalogo settimanalmente. Lo dico da persona che, ahimé, ha estrema familiarità con questo format e le sue innumerevoli incarnazioni stagionali.

In inverno il film evento non può che riguardare il Natale. Anche il budget di Uno Rosso ricorda quello di cerchi pompatissimi film Netflix che guardi il prezzo sul cartellino e poi li vedi e pensi: “ma dove sono le comparse, le esplosioni vere, le sequenze action, gli effetti speciali belli che giustifichino una simile spesa?” Essendo voci e report anonimi, non è dato sapere se The Rock - uno che si era fatto la nome di fare pipì nelle bottigliette per evitare di far perdere tempo sul set - sia davvero un ritardatario cronico tale da essere costato 50 milioni di dollari alla produzione,
costringendola a cambiare piani all’ultimo girando senza di lui che si allenava altrove. Questo il gossip nudo e crudo, l’aura negativa che ha circondato il film sui media negli ultimi mesi.

L'esoso modello Netflix è alla base di Uno Rosso

La realtà dei fatti è che però oggi produrre un film di questo tipo costa queste cifre, investite in gran parte a staccare assegni sostanziosi a star di prima fascia per convincerle ad annoiarsi sul set di film con personaggi che hanno già interpretato in pellicole migliori, che li hanno resi così famosi. A sdoganare Chris Evans adorabile carogna per esempio è stato Ryan Johnson in Knives Out. Da lì l’ex Captain America ci ha preso gusto e non ha più smesso. Qui interpreta un ex ragazzino grassoccio e disilluso, la cui abilità sembra essere trovare chiunque e qualsiasi cosa, truffare come riflesso istintivo e essere sgradevole ma mai in maniera davvero irritante.

Va peggio a J.K. Simmons, costretto a pomparsi per interpretare il Babbo Natale di turno: palestrato, rassicurante, monolitico, che fa sollevampento pesi con The Rock, odia i macaron e ha sempre una pacca sulla spalla rassicurante per tutti. Quando viene rapito a poche ore dal Natale il suo capo della sicurezza in pre-pensionamento, interpretato da The Rock, si allea col piccolo truffatore di Chris Evans per ritrovarlo e salvare la consegna dei regali.

Seppur a tratti confuse e spesso irrisolte, le idee Uno Rosso le ha: spesso le prende in prestito da altri film e franchise, a partire dai combattimenti che strizzano più di un occhio a quelli di Ant-Man e a un tono che vorrebbe avere la levità e la brillantezza di un Guardiani della Galassia. Nello stesso contesto si sono visti film ben più pigri e noiosi. Sfortunatamente per il film - diretto dal fedelissimo di The Rock Jake Kasdan e scritto dal habitué del franchise di Fast & Furious Chris Morgan - gli aspetti più interessanti sono le suggestioni che costruisce, le associazioni a cui allude.

Il Natale secondo Uno Rosso non potrebbe essere più statunitense

Com’è il Natale 2024 secondo Uno Rosso? Una sorta d’involontario incubo statunitense, in cui il Polo Nord è diventato un grigio, indistinto skyline di grattacieli in cui si lavora 364 giorni l’anno per garantire una performance impeccabile, in cui il Rosso ha bisogno di un intero reparto militarizzato che ne presidi la sicurezza e gli spostamenti. Un’azienda globalizzata che difende il suo presidente con un apparato paramilitare, che grazie alla tecnologia tiene traccia dei suo clienti, pardon, destinatari, grazie a una Lista (dei cattivi) capace di aggiornarsi in tempo reale e con ogni singola azione del malcapitato bambino che non vuole essere buono.

Uno Rosso è così involontariamente statunitense da fare quasi tenerezza, vedi l’inconfondibile amore per gli acronimi parlanti di gusto militare: la forza di sicurezza di chiama ovviamente ELF (Enforcement, Logistics, and Fortification), il reparto con cui collabora è il MORA (Mythological Oversight and Restoration Authority). A capo del quale c’è la povera Lucy Liu, parcheggiata nella storia nell’eventualità che nasca un franchise multicapitolo. Sembra divertirsi di più Kiernan Shipka nei panni della bizzarra villain del film.

Altro capitolo che merita un approfondimento è quello dedicato alla montagna di product placement che il film riesce a infilare nelle sue due ore di durata. Oltre ai marchi di abbigliamento e prodotti cosmetici, alle macchinone e agli orologi, nella trama vengono nominati e integrati tutta una serie di brand di giocattoli, a partire dalle macchinine Hot Wheels, per fare un esempio. È come se qualcuno avesse voluto testare l’appetibilità dei brand di giocattoli di cui detiene in diritti. L’aspetto sconfortante è che sembra essere questo il vero lascito di Barbie, che nonostante gli incassi stellari non sembra essere stato in grado di postare un singolo progetto commerciale ideato e diretto da una donna nell’agenda degli studios. Dall’intera vicenda i produttori di Hollywood e ditorni paiono essere giunti alla conclusione che “possiamo provarci con le macchinine al prossimo giro”.

Tra esplosioni e pupazzi di neve ricreati con una brutta CGI, Uno Rosso ci prova a salvare il suo Natale e in parte ci riesce. È uno dei rari film a cui il passaggio su grande schermo, con l’attenzione dello spettatore concentrata sul film al 100% non fa forse bene, così come la libertà con cui la sua star protagonista plasma il suo personaggio.