Veloce come il Vento
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Si respira nell'aria un cambiamento. Quella sensazione che ti esalta, che ti fa percepire che qualcosa si sta muovendo e che c'é davvero speranza per il nostro movimento cinematografico. Il cinema italiano, dopo troppi anni di statica convinzione verso generi fin troppo abusati, grazie a registi coraggiosi come Rovere e Mainetti, sembra davvero in grado non solo di ripartire, ma di ritagliarsi il suo dignitosissimo spazio anche all'interno di film di genere che solamente qualche anno fa erano impensabili.
In questo “rinascimento cinematografico italiano” ci infiliamo con estremo piacere il nuovo film di Matteo Rovere: Veloce come il Vento. Un film di genere che riprende tutti i canoni classici di film sportivi che raccontano storie drammatiche, ma a cui Rovere da una credibile dimensione nostrana.
Provando ad essere un po elastici di mente e concedendoci qualche libertà artistica, Veloce come il Vento potrebbe tranquillamente essere visto come una sorta di Rocky nostrano. Non tanto per la forma ma più che altro per il contenuto. Il vecchio film di Stallone era una storia di rivalsa e coraggio e Rovere con questa storia riprende gli stessi canoni del genere sportivo drammatico, immergendoli però all'interno della campagna emiliana, terra di motori, con uomini e donne che si sono forgiate nell'olio motore e nell'odore dei pneumatici che scivolano sull'asfalto.
E' così anche per Giulia (Matilda De Angelis) una giovane (ancora minorenne) e promettente pilota del campionato di Gran Turismo Italiano, che si trova a competere con uomini a suon di sportellate tra i vari circuiti d'Italia. A credere in lei é principalmente il padre che, in un momento di lucida follia, decide di impegnare la casa di famiglia per potersi permettere l'iscrizione al campionato e la manutenzione della macchina. La morte del padre a seguito di un infarto a campionato in corso getterà però nella disperazione la povera Giulia che si troverà a dover gestire una casa, un fratello molto più piccolo di lei, e provare a vincere il campionato per non perdere la casa e tutto quello che le rimane. A ribaltare la situazione ci penserà Loris (Stefano Accorsi) fratello maggiore, tossico e scomparso da anni. Da ex campione di rally, proverà a dare una mano Giulia, trovandosi così a sua volta a dover affrontare alcuni demoni del passato…
Come avrete facilmente intuito sono molti i punti di contatti con i grandi drama sportivi statunitensi. A trasformare il prodotto di Rovere in qualcosa di decisamente convincete non é però lo spirito di emulazione, ma quello di adattamento. La De Angelis insieme ad Accorsi creano un alchimia su schermo che non può non far appassionare lo spettatore ad una vicenda di cuore e sudore. Nei loro dialoghi traspare un fortissimo accento regionale che, così come in Lo Chiamavano Jeeg Robot, o nella serie televisiva di Gomorra, serve a dare ancora più credibilità al contesto in cui la storia prende luogo. Se fatto bene e utile alla storia, come dimostrato in questo film, la cadenza e il dialetto regionale sono un fortissimo valore aggiunto a qualsiasi pellicola.
In tutto questo poi troviamo una storia che si dipana tra scene di vita privata e i circuiti automobilistici. Proprio all'interno di quest'ultima location, si vedono alcuni dei momenti migliori e di maggior pathos dell'intera pellicola. Le corse sono rappresentate in maniera perfetta, con una regia impeccabile e un montaggio serrato e credibile. Non ci sono esagerazioni in stile Hollywodiano (se non un pochino sul finale), non c'é quella sensazione di aver già visto tutto in Rush, giusto per citare un film recente di genere, ma anzi, questo Veloce Come il Vento trasmette un carisma e una personalità incedibili, che vi faranno appassionare ad una vicenda pazzesca ed in parte anche accaduta realmente.
Matteo Rovere, già conosciuto per Gli Sfiorati, imbastisce una storia appassionante che strizza l'occhio alle produzioni americane ma che non le copia, portando su schermo un bellissimo affresco sul mondo dei motori nostrani, condito da quel contorno drammatico in cui le storie di rivalsa e riaffermazione ci stanno benissimo.
Il cinema italiano ha proprio bisogno di questi prodotti per dimostrare che abbiamo registi che sanno fare molto di più di quei due generi a cui siamo stati abituati negli ultimi anni. Gente che ha il coraggio di osare c'é, quindi anche voi, come pubblico, dategli una chance e supportate un cinema italiano diverso! non ve ne pentirete!
In questo “rinascimento cinematografico italiano” ci infiliamo con estremo piacere il nuovo film di Matteo Rovere: Veloce come il Vento. Un film di genere che riprende tutti i canoni classici di film sportivi che raccontano storie drammatiche, ma a cui Rovere da una credibile dimensione nostrana.
Asfalto e redenzione
Provando ad essere un po elastici di mente e concedendoci qualche libertà artistica, Veloce come il Vento potrebbe tranquillamente essere visto come una sorta di Rocky nostrano. Non tanto per la forma ma più che altro per il contenuto. Il vecchio film di Stallone era una storia di rivalsa e coraggio e Rovere con questa storia riprende gli stessi canoni del genere sportivo drammatico, immergendoli però all'interno della campagna emiliana, terra di motori, con uomini e donne che si sono forgiate nell'olio motore e nell'odore dei pneumatici che scivolano sull'asfalto.
E' così anche per Giulia (Matilda De Angelis) una giovane (ancora minorenne) e promettente pilota del campionato di Gran Turismo Italiano, che si trova a competere con uomini a suon di sportellate tra i vari circuiti d'Italia. A credere in lei é principalmente il padre che, in un momento di lucida follia, decide di impegnare la casa di famiglia per potersi permettere l'iscrizione al campionato e la manutenzione della macchina. La morte del padre a seguito di un infarto a campionato in corso getterà però nella disperazione la povera Giulia che si troverà a dover gestire una casa, un fratello molto più piccolo di lei, e provare a vincere il campionato per non perdere la casa e tutto quello che le rimane. A ribaltare la situazione ci penserà Loris (Stefano Accorsi) fratello maggiore, tossico e scomparso da anni. Da ex campione di rally, proverà a dare una mano Giulia, trovandosi così a sua volta a dover affrontare alcuni demoni del passato…
Come avrete facilmente intuito sono molti i punti di contatti con i grandi drama sportivi statunitensi. A trasformare il prodotto di Rovere in qualcosa di decisamente convincete non é però lo spirito di emulazione, ma quello di adattamento. La De Angelis insieme ad Accorsi creano un alchimia su schermo che non può non far appassionare lo spettatore ad una vicenda di cuore e sudore. Nei loro dialoghi traspare un fortissimo accento regionale che, così come in Lo Chiamavano Jeeg Robot, o nella serie televisiva di Gomorra, serve a dare ancora più credibilità al contesto in cui la storia prende luogo. Se fatto bene e utile alla storia, come dimostrato in questo film, la cadenza e il dialetto regionale sono un fortissimo valore aggiunto a qualsiasi pellicola.
In tutto questo poi troviamo una storia che si dipana tra scene di vita privata e i circuiti automobilistici. Proprio all'interno di quest'ultima location, si vedono alcuni dei momenti migliori e di maggior pathos dell'intera pellicola. Le corse sono rappresentate in maniera perfetta, con una regia impeccabile e un montaggio serrato e credibile. Non ci sono esagerazioni in stile Hollywodiano (se non un pochino sul finale), non c'é quella sensazione di aver già visto tutto in Rush, giusto per citare un film recente di genere, ma anzi, questo Veloce Come il Vento trasmette un carisma e una personalità incedibili, che vi faranno appassionare ad una vicenda pazzesca ed in parte anche accaduta realmente.
Matteo Rovere, già conosciuto per Gli Sfiorati, imbastisce una storia appassionante che strizza l'occhio alle produzioni americane ma che non le copia, portando su schermo un bellissimo affresco sul mondo dei motori nostrani, condito da quel contorno drammatico in cui le storie di rivalsa e riaffermazione ci stanno benissimo.
Il cinema italiano ha proprio bisogno di questi prodotti per dimostrare che abbiamo registi che sanno fare molto di più di quei due generi a cui siamo stati abituati negli ultimi anni. Gente che ha il coraggio di osare c'é, quindi anche voi, come pubblico, dategli una chance e supportate un cinema italiano diverso! non ve ne pentirete!