Venom

Venom, ideato da David Michelinie e disegnato dal grande Todd Mcfarlane, nel mondo degli antieroi Marvel ha un ruolo tutt’altro che banale. Nonostante una vita piuttosto giovane a livello fumettistico (prima apparizione datata 1986!) è diventato uno dei villain più famosi dell’Uomo Ragno, ma soprattutto un personaggio che è apparso in tantissime saghe alternative e uniche, in forme differenti e con storie completamente diverse dalla prima, e originale, con Eddie Brock.

Facile quindi intuire come Sony abbia deciso di puntare forte su quella che, sempre guardano in ottica fumettistica, è diventata una vera e propria icona pop, riconosciuta e riconoscibile da un pubblico vasto e variegato.

RITORNO AL FUTURO

Citiamo non a caso la grandissima pellicola di Robert Zemeckis, per un motivo molto semplice. Guardano Venom si ha la reale sensazione di essere tornati indietro nel tempo. Una macchina per viaggi spazio-temporali che ci riporta, per quasi due ore, indietro di quasi 20 anni quando, nei primi 2000, il cine comics si manifestava ancora timidamente agli occhi del grande pubblico, con uno scheletro narrativo e recitativo piuttosto scarno e semplicistico.

Guardando il film e ascoltando i dialoghi della sceneggiatura scritta dal poker di penne Pinkner, Rosenberg, Marcel, Beall e diretto da Ruben Fleischer, ci si trova davanti ad origin story concettualmente e tecnicamente antica, superata, di quelle che non riesco davvero mai a farti appassionare al contesto narrativo.

A Hardy/Venom ci arriviamo tra poco, soffermiamoci ancora un attimo sulla sceneggiatura. I personaggi scritti per il film non sono solamente figure poco profonde, ma non riescono nemmeno a trasmettere quel pizzico di carisma in grado di stimolare qualcosa nello spettatore. Un villain (che si contraddice spesso da solo) mosso da ideali confusi e inferiore a molto altri visti nei film Marvel dell’MCU (e abbiamo davvero detto tutto); una serie di rapporti personali della vita di Eddie che non solo vengono gettati in pasto all’evolversi delle vicende, ma restano lì sullo sfondo spuntando qua e là giusto per dare quel “qualcosa in più” di cui onestamente non ne sentivamo il bisogno.

Tutto questo ci porta a percepire un prodotto che trasmette la sensazione di essere già superato in partenza. Un peccato che diventa ancora più grande e carico di rammarico se guardiamo alla figura di Venom, l’unica in grado di farci sorride timidamente, in segno di compiacimento, in sporadicissimi momenti della storia. Si poteva sfruttare meglio. Si doveva sfruttare meglio. Partendo magari da un Tom Hardy che non ci ha convinto proprio per nulla in linea generale, ma che, esattamente come il simbionte, in alcuni momenti tira fuori le sue qualità attoriali migliori (di cui sappiamo perfettamente essere dotato), regalandoci qualche scena simpatica e apprezzata. Parlando sempre di qualche elemento positivo, salviamo anche alcuni frame della battaglia finale (di cui ovviamente non vi diciamo nulla) piuttosto piacevoli a livello estetico.

Tutto il resto della pellicola trasuda nero come la pelle liquidosa di un discreto Venom in CGI; un prodotto che scivola via per oltre due ore in un misto di noia e rammarico. Il personaggio poteva essere sfruttato sicuramente meglio, sia per quanto riguarda la parte di convivenza tra simbionte/umano (che da complessissima, diventa da un momento all’altra immediata e quasi universale), ma soprattutto per un cast che sembra non avere una vera direzione, un faro chiamato sceneggiatura che non li faccia brancolare all’interno di un film in cui si ha la sensazione che tutto sia un po’ fuori posto, o peggio, fuori tempo massimo. Peccato, davvero.